costume di Orgosolo, immagine di Fabio Rosas
di GIUSEPPE CORONGIU
Premiare la comunità, non il singolo, per quanto meritevole. Non si era mai fatto prima. È la grande novità dell’edizione 2024 di Ondras, premio internazionale per le minoranze linguistiche promosso da Crei Acli sotto gli auspici della Fondazione di Sardegna. Non un riconoscimento a un poeta, a uno scrittore o una personalità del mondo della cultura, ma all’intero villaggio che, a detta di tutti e secondo tutti i censimenti, ha conservato meglio fino ai nostri giorni l’uso della lingua sarda e la sua trasmissione intergenerazionale. Stiamo parlando di Orgosolo, provincia di Nuoro, un paese che non ha bisogno di nessuna presentazione, di cui tutti conoscono l’epopea, la storia, i pregi e i limiti. Ma nella Sardegna di oggi, che ha nei fatti ridimensionato la dimensione politica e sociale della questione linguistica, rappresenta un faro indiscusso per la conservazione del sardo, lingua propria dell’isola che rischia di scomparire in altri territori come idioma vivo, unitario e autonomo, trasformandosi invece in uno slang dialettale usato in connubio con l’italiano regionale.
La decisione della giuria di questa terza annualità di Ondras, composta dallo scrittore Giuseppe Corongiu, dalla giornalista Maria Antonietta Piga e dal sociologo Nicolò Migheli, è stata presa all’unanimità, con il suggello anche del presidente regionale Acli Mauro Carta.
Ondras, in sardo letterario significa proprio riconoscimento, onore, merito. Il premio era nato tre anni fa come iniziativa di testimonianza sociale e culturale per rafforzare il lavoro oscuro di chi si occupa delle lingue neglette in Sardegna e in Europa e non raggiunge mai la celebrità o il riconoscimento sociale del suo lavoro. Non un omaggio ai santuari del potere culturale, ma piuttosto un riconoscimento per ‘gli ultimi delle lingue ultime’, quelli che passano la vita a lavorare per una causa apparentemente persa, senza che nessuno se ne accorga. Succede in Sardegna, ma anche in tutto il Continente e nel mondo, La realtà delle lingue native e regionali è invece fondamentale per la coesione sociale e culturale di un’Unione Europea fatta di popoli e non solo di moneta.
Pertanto, nonostante la particolarità dell’ondra riconosciuta a Orgosolo, va ugualmente richiamata l’importanza degli altri premi. In primo luogo a Franco Siddi, il sardo manager, giornalista e sindacalista di successo che, qualche anno fa, in veste di consigliere di amministrazione RAI, ha fatto entrare il sardo nella TV pubblica. Non se ne è mai vantato, come è nella sua natura schiva e riservata, eppure ha contribuito a una svolta storica che merita di essere ricordata.
Così anche non sono certo di secondaria importanza, sas ondras riconosciute a Pantaleone Danilo Brancati, della comunità grecanica d’Italia, e a Castillo Suarez Garcia, operatrice della politica linguistica basca nella regione della Navarra, in Spagna. Premiare e far conoscere il lavoro di queste persone ci ricorda che, con la lingua sarda, non siamo soli, non siamo gli unici, e che le soluzioni ai problemi esistono. Così come ovunque esistono ‘eroine’ e ‘eroi’ che combattono per salvare le loro lingue minoritarie spesso nel silenzio e nell’indifferenza generale. Gli ultimi delle lingue ultime, appunto che noi vogliamo magnificare per un giorno. Quasi con uno spirito evangelico, oppure semplicemente di democrazia sociale compiuta.
Ma certo il caso di Orgosolo dovrebbe attirare l’attenzione di tutti e il premio rappresenta proprio il tentativo di una riflessione comune.
L’uso del sardo scompare anche nei paesi dell’interno. Le famiglie spesso abbandonano la lingua propria dell’isola per passare all’italiano con un ritmo e una velocità impressionanti. Larghe zone della Sardegna sono ormai prive di una trasmissione intergenerazionale soddisfacente che fa temere un depauperamento futuro peraltro già in atto. Per fortuna ci sono territori e paesi che non ubbidiscono a questa regola ineluttabile. Secondo la Commissione, il centro nel quale questa resistenza linguistica è più forte di altri luoghi è Orgosolo, che secondo gli osservatori, mantiene questa particolare leadership in Sardegna senza concorrenti apparenti. È giusto allora tributare un riconoscimento alla comunità del centro barbaricino quale luogo simbolico di esistenza in vita della lingua sarda quale lingua normale di trasmissione in famiglia e di vita comunitaria. Un esempio per tutti gli altri, un’eccellenza linguistica.
Stiamo parlando di un’intera comunità che nonostante la crisi e l’abbandono della lingua operato in molti territori dagli Anni Cinquanta del secolo scorso a oggi, non ha invece arretrato di un metro. Le percentuali di uso e conoscenza del sardo a Orgosolo sono bulgare, così come è altissimo, quasi totale, il numero delle bambine e dei bambini che ancora hanno il sardo come prima lingua materna. Un fatto che non può passare inosservato e non può non essere portato all’attenzione di tutti. Certo, ci sono altri paesi e territori in Sardegna, dove il sardo è ancora molto diffuso, ma forse non con la capillarità che è rimasta ad Orgosolo e in questa pervasività naturale e non forzata risiede la ragione del riconoscimento collettivo. Doveroso, quasi. Strano che finora nessuno ci abbia mai pensato. In questa scelta vi è un messaggio implicito agli orgolesi in primis, per la loro consapevolezza, e per tutti i sardi. Per i primi è un plauso senza condizioni, per i secondi un invito alla riflessione sulla sostituzione linguistica del sardo con l’italiano. Fenomeno che purtroppo galoppa senza una convinta e costante azione di contrasto di una società in difficoltà.
Complimenti 👍
Un bel riconoscimento
un onore per i cittadini Orgolesi