di ROSALBA SATTA CERIALE
Ho sempre affermato – e continuo a ribadirlo con sempre maggiore convinzione – che ho avuto la fortuna immensa di trascorrere la maggior parte della mia vita con e per i miei alunni.
Quello dell’insegnante elementare non è un mestiere o un lavoro. È qualcosa di più. Qualcosa che avvicina ad una forte ubriacatura solo che, a differenza del coma etilico, tutti i sensi sono più desti ed il viso è sempre disposto all’accoglienza e al sorriso.
E poiché ho sempre tenuto spalancate le finestre e le porte delle aule per favorire l’ingresso della bellezza e di tutto ciò che potesse fare crescere i miei alunni…è accaduto che, nel corso degli anni, a corrispondere con noi, in maniera spesso epistolare, sono stati i più grandi scrittori per l’infanzia.
Alcuni (che fortuna sfacciata!) sono venuti perfino a trovarci in classe: Albino Bernardini, Mario Lodi e Lucia Tumiati (per citare solo tre nomi).
Ho sempre provato, e provo, un’ammirazione sconfinata per coloro che, nello scrivere, hanno pensato e pensano ai bambini che, non potendo votare, troppo spesso nessuno considera, quasi non esistessero.
Anche (o soprattutto?) Gianni Rodari e Marcello Argilli hanno accompagnato e favorito, con le loro storie, le loro poesie e loro filastrocche, la crescita cognitivo-relazionale di tanti dei miei alunni.
E se oggi il mio pensiero va, in particolare, a Marcello Argilli, non è per caso.
Il 14 ottobre, ricorre l’anniversario del suo addio terreno. Andò via esattamente dieci anni fa. Ed io ne fui molto turbata perché fu come perdere un amico geniale molto speciale.
(Considerato il fatto che viene considerato uno dei più grandi scrittori per ragazzi del Novecento, verrà oggi ricordato da qualche quotidiano, rivista e/o notiziario? Ne dubito, anche se ci spero).
Giornalista e scrittore di libri per ragazzi è stato, con Gianni Rodari, un innovatore, un sostenitore della “fiaba moderna”. In sintesi è stato un toccasana, un integratore alimentare per la mia anima e per quella dei miei alunni.
I suoi “Cento storie fantastiche” e “Fiabe di tanto colori” – per citare solo due libri fra i tanti – erano sempre lì, nelle nostre aule, a portata di mano e di cuore, per poter ricreare lo spirito e, all’occorrenza, far emergere e favorire la creatività.
Ho di lui un ricordo personale molto caro che custodisco nel cuore e che mi piace condividere con voi.
Un giorno, prima ancora di dare alle stampe il mio primo libro, gli mandai alcune poesie sperando in una eventuale sollecitazione alla pubblicazione.
Ero certa che, se non gli fossero piaciute, avrebbe risposto col silenzio.
E invece la sua lettera mi arrivò più veloce della luce!
Tra le altre cose – tutte profondamente care – mi scrisse: “Io non sono un poeta, sono uno scrittore (che talvolta scrive filastrocche) e neanche sono un critico. Ma credo di avere un certo orecchio (e un amore) per la poesia, che mi fa sentire la differenza fra chi ambisce ad essere poeta e chi lo è veramente. Questo soprattutto mi ha colpito nelle sue poesie: la naturalezza poetica, il dono di sentirsi e vivere poeticamente in rapporto al mondo”.
E ancora: “Cara Rosalba, fa piacere incontrare un tuo incontro: è una riposante e profonda riflessione che consola. Con affetto e ammirazione”.
Fu come un’investitura. E gliene sarò eternamente grata…perché scrivere versi è per me pane quotidiano ed acqua. Sosta e ristoro. Oggi più di ieri.