Silvia Tolu
di GIUSEPPE DEIANA
Una settimana le ha cambiato la vita. Sette giorni e il destino l’ha portata nel Nord Europa dove oggi svolge i suoi studi in Danimarca, facendo perdere all’Italia un grande capitale umano. Un cervello in fuga, lo si potrebbe definire, ma anche un cervello che studia il cervello. Silvia Tolu, docente universitaria nell’ateneo della DTU, Technical University of Denmark, radici a Elmas, nostalgica del mare e del cibo e «soprattutto della tranquillità della Sardegna», oggi conduce importanti ricerche nel campo della Neuro-robotica in Danimarca.
Dopo essersi laureata in Ingegneria elettronica all’Università di Cagliari, aver fatto l’Erasmus a Granada in Spagna, dove si doveva trattenere cinque mesi e invece si è fermata per cinque anni con contratti di studio e dottorato, ha frequentato un master in Ingegneria delle reti di calcolo e ha partecipato ad alcuni bandi per continuare i suoi studi. Tra l’Università Sant’Anna di Pisa e quella danese, con sede a pochi chilometri dalla capitale Copenaghen, l’ateneo del Nord Europa è stato il più lesto a dare una risposta alla professoressa originaria della Sardegna e così, oggi, dopo circa dieci anni e alcuni contratti e Borse di ricerca, i suoi studi contribuiscono a migliorare l’appeal dell’Università tecnica della Danimarca e soprattutto a dare risposte che fino ad ora erano più difficili anche nel campo della medicina.
Gli studi di Silvia Tolu sono concentrati sulla robotica applicata in sostanza al cervello e al cervelletto. Non ci sono interventi invasivi su pazienti, «ma in sostanza creiamo modelli computazionali che si ispirano a quelli reali. Partiamo dalle teorie dei neuroscienziati, le trasformiamo in equazioni e in reti neurali che riproducono appunto i neuroni», spiega Silvia Tolu. In sostanza questi modelli ricreano le funzioni su come il cervello umano fornisce gli input per i movimenti e come le varie aree, da quelle frontali fino alla colonna spinale («ognuna ha una sua funzione», spiega la docente sarda), comunicano tra loro. Attraverso i modelli creati dalla Neuro-robotica, «è possibile comprendere dove intervenire e capire anche i meccanismi quando non funzionano». L’interazione tra le varie parti di un corpo umano «è molto complessa», ma attraverso i robot ricreati in laboratorio, in sostanza, si riesce «ad avere dei supermodelli, supercomplicati, che permettono di studiare più facilmente le interazioni. Altrimenti, con i metodi tradizionali, non si finirebbe mai», aggiunge la professoressa originaria di Elmas. In sostanza, queste reti neurali si avvicinano sempre più a quelle biologiche e «assicurano la possibilità di imparare ma sfruttando al meglio le risorse».
Per esempio, applicando queste ricerche al Parkinson, «una volta che abbiamo il modello, prendiamo i dati dei muscoli o dello scheletro, analizziamo posizione, velocità dei movimenti e altri parametri, li mettiamo in un modello e otteniamo come risultato dei sistemi che ci permetteranno di quantificare per esempio il tremore. Come facciamo? Perturbiamo un modello fino a che il sintomo non si verifica». In sostanza, con questo sistema che utilizza l’intelligenza artificiale e i robot sará possibile «anticipare la diagnosi» e ottenere una rilevazione precoce della malattia. Per il Parkinson, aggiunge Tolu, non c’è cura ma è possibile «studiare in questo modo gli effetti che le terapie hanno per rallentare la malattia oppure individuare i migliori metodi di riabilitazione». In questo campo c’è ancora tantissimo da fare ma «si studia anche come la combinazione di stimoli visivi, audio e motori possa essere utilizzata per rallentare i sintomi e tutto questo è possibile grazie ai modelli che abbiamo messo a punto e stiamo studiando». Fino anche a comprendere come «il cervello di un paziente possa rispondere alla riabilitazione».
Oggi, gli studi portati avanti da Silvia Tolu in Danimarca difficilmente potrebbero essere trasferiti altrove. La collaborazione con il settore prettamente medico permette ai ricercatori di avere a disposizione tanti dati e di seguire passo passo gli effetti della sperimentazione. «E poi con due bambini oggi mi viene difficile spostarmi», aggiunge Silvia Tolu, anche perché la Danimarca assicura una piena parità tra padre e madre nella gestione dei figli, le scuole sono aperte fino alle 17 e ospitano i bambini anche quando non ci sono le lezioni, e «ti guardano male se vai via dal lavoro dopo le 16 e non stai in famiglia». Un mondo diverso, dove i rapporti familiari vengono valorizzati, anche se la Sardegna manca. «Ho intenzione di acquistare una casa nell’Isola», annuncia. Dunque, il distacco dalla sua terra è difficile ma certamente gli studi di Silvia Tolu potranno arricchire la nostra regione e fornire soluzioni anche ai pazienti sardi.