LENTE D’INGRANDIMENTO SULL’ATTORE AMEDEO NAZZARI, IL SARDO CHE DIVENNE IL DIVO DEL CINEMA ITALIANO

Amedeo Nazzari

Amedeo Nazzari, il sardo che divenne il divo del cinema italiano.

Incarnazione dell’eroe popolare con film come Luciano Serra pilota (1938) o la cena delle beffe (1942), stella amatissima dal pubblico per oltre 80 film, Amedeo Carlo Leone Buffa in arte Amedeo Nazzari nasce a Cagliari il 10 dicembre del 1907.

Figlio di Salvatore Buffa, proprietario di un pastificio, e di Argenide Nazzari, Amedeo nacque esattamente in via Caprera, in una casa che poi fu abbattuta agli inizi degli anni Cinquanta.

Il futuro attore prenderà il suo nome d’arte dal nonno materno, Amedeo Nazzari, già presidente della Corte d’appello di Vicenza, trasferito poi a Cagliari.

Amedeo Buffa aveva solo sei anni quando suo padre morì e la madre si trasferì con lui e le sorelle a Roma. Qui compì gli studi presso un collegio di padri salesiani dove maturò la sua vocazione artistica fin dalle prime recite scolastiche, per poi passare ai palcoscenici delle filodrammatiche e arrivare infine, dopo aver abbandonato gli studi di ingegneria, al teatro vero e proprio.

L’esordio da professionista avvenne nel 1927 con la compagnia di Dillo Lombardi, per passare negli anni successivi a compagnie più importanti come quelle di Annibale Ninchi, di Memo Benassi e di Marta Abba. Nel 1935 fu notato da Elsa Merlini che gli offrì una parte nel film Ginevra degli Almieri. La pellicola non avrà successo e Nazzari tornerà al teatro.

Ancora una volta fu un’attrice, Anna Magnani, a intuire le sue doti: giovane artista allora emergente e moglie del regista Goffredo Alessandrini, la Magnani insistette con suo marito affinché Nazzari facesse parte del cast di Cavalleria.

La sua prestanza fisica, arricchita dal fascino della divisa, diventò la principale attrazione del film che, presentato a Venezia alla Mostra del Cinema e poi proiettato in tutte le sale d’Italia, fu uno dei maggiori incassi del 1936.

Nel 1938 indossò ancora la divisa per il suo secondo successo di pubblico, Luciano Serra pilota, sempre con la regia di Alessandrini. Ormai Nazzari era un volto conosciuto ed erano molte le offerte di lavoro, ma le sue continue discussioni con i produttori per intervenire sui dialoghi dei film che interpretava e per suggerire cambi di sceneggiatura non previsti nei copioni, gli crearono una fama di personaggio scomodo e indocile.

Nel 1941, alla IX Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia il conte Giuseppe Volpi gli consegnò la Coppa del Ministero della cultura popolare come migliore attore per il film Caravaggio, il pittore maledetto, diretto sempre da Alessandrini, e l’anno dopo, il celebre La cena delle beffe lo consacrò definitivamente come divo del cinema. Il film, diretto da Alessandro Blasetti, è un dramma in costume che si svolge nella Firenze dei Medici.

Tratto dall’omonimo poema di Sem Benelli, ottenne un enorme successo di pubblico e rimane nella memoria storica degli spettatori per una serie di motivi: innanzitutto perché contiene la prima scena di nudo femminile (un’inquadratura di pochi secondi di Clara Calamai a seno nudo che varrà alla pellicola il divieto alla visione ai minori di 16 anni e la condanna delle autorità ecclesiastiche), poi perché riunisce nel cast due giovani amanti, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, che di lì a pochi anni andranno incontro a un tragico destino accusati dai partigiani di collaborazionismo e trucidati, infine per l’interpretazione intensa e anche un po’ gigionesca di Nazzari, che in questo film pronuncia la sua battuta più celebre: « […] e chi non beve con me, péste lo cólga!», che ripetuta da tutti, esasperando l’accento sardo del protagonista, diventerà col tempo un tormentone.

Dopo una serie di film minori interpretati durante il periodo bellico tra mille difficoltà, dopo il 1945 ottenne ruoli importanti con Un giorno nella vita (1946) di Blasetti, in cui interpretò un capo partigiano, Il bandito (1946), diretto da Alberto Lattuada con Anna Magnani come coprotagonista, e La figlia del capitano (1947), tratto dal romanzo omonimo di Puškin e diretto da Mario Camerini, in cui affiancò Irasema Dilian.

Richiestissimo anche all’estero, si recò prima in Spagna per interpretare tre film, poi in Argentina, dove però gli proposero di recitare la parte di un italiano criminale e corrotto. All’idea di dover diffamare il suo paese, Nazzari rifiutò di adempiere al contratto e la notizia giunse addirittura a Evita Perón che, dopo essersi fatta illustrare il copione, prese le difese dell’artista e gli offrì di rimanere comunque in Argentina per visitare il paese e per conoscere personalmente molte famiglie di italiani emigrati.

Tornato in Italia nel 1949, recitò accanto agli emergenti Vittorio Gassman, Silvana Mangano e Jacques Sernas ne Il lupo della Sila. L’anno seguente, sempre con la Mangano, Nazzari interpretò il film Il brigante Musolino.

Nel 1949 recitò accanto all’attrice di origine greca Yvonne Sanson nel dramma popolare Catene, diretto da Raffaello Matarazzo, film che fu premiato al botteghino da un enorme successo di pubblico (fu infatti il maggiore incasso della stagione cinematografica 1949-1950), e aprì per Nazzari un secondo fortunatissimo capitolo della sua carriera: Catene fu infatti il primo di una lunga serie di pellicole strappalacrime che appassionarono il pubblico italiano per tutta la prima metà degli anni cinquanta, rivitalizzando un genere, il melodramma popolare, già molto amato in Italia ai tempi del cinema muto, ma che all’epoca fu bistrattato dalla critica cinematografica, che descriveva questi film come dei banali fotoromanzi cinematografici; solo negli anni settanta tali film verranno rivalutati dalla stessa, che coniò appositamente il termine neorealismo d’appendice.

Di questa serie di film, tutti interpretati accanto ad Yvonne Sanson, diretti da Raffaello Matarazzo e premiati da un enorme successo al botteghino, ricordiamo Tormento (1950), I figli di nessuno (1951), Chi è senza peccato… (1952), Torna! (1953), L’angelo bianco (1955) e Malinconico autunno (1958), l’ultimo film dove Matarazzo diresse la coppia Sanson-Nazzari.

Non mancarono tuttavia i ruoli “impegnati”: in Processo alla città (1952) di Luigi Zampa, Nazzari tratteggiò la figura di un coraggioso magistrato napoletano che si oppone alla camorra del primo Novecento, mentre ne Il brigante di Tacca del Lupo (1952) di Pietro Germi, presentato alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, interpretò il ruolo di un militare nell’Italia post-unitaria, impegnato a combattere il brigantaggio lucano. In Proibito (1954) di Mario Monicelli ebbe per la prima volta l’opportunità di interpretare un personaggio sardo in una storia di faide familiari.

Nel 1957 venne scelto da Federico Fellini per recitare in Le notti di Cabiria, in un ruolo di divo in decadenza con cui fece ironicamente il verso a sé stesso.

Sempre nel 1957 Nazzari sposò Irene Genna, attrice italo-greca, dalla quale un anno più tardi ebbe la figlia Maria Evelina, oggi anch’essa attrice di teatro.

Negli anni sessanta arrivò qualche delusione: il ruolo del principe Salina ne Gattopardo di Visconti, proposto a lui, andò a Burt Lancaster per ottenere finanziamenti da una casa di produzione americana; nel remake de La figlia del capitano, girato da Lattuada col titolo La tempesta (1958), il personaggio di Pugacev, che era stato suo, venne assegnato a Van Heflin.

Da Hollywood giunse la proposta di girare un film con Marilyn Monroe, ma stavolta fu Nazzari a rifiutare, per la difficoltà di recitare in inglese e per il timore di cadere nel ridicolo nelle scene di canto e di ballo (il film, Facciamo l’amore, sarà poi effettivamente realizzato con Yves Montand). Nel 1968 ottenne una parte nel film La colonna di Traiano, una coproduzione italo-romena, con Antonella Lualdi e Franco Interlenghi.

In Italia si aprì la stagione d’oro della commedia all’italiana ma, salvo qualche sporadica eccezione, come Frenesia dell’estate di Luigi Zampa e Il gaucho di Dino Risi, entrambi del 1964, Nazzari si rifiutò di interpretare questo tipo di copioni, dirà poi, per una questione di gusto e di rispetto verso sé stesso e verso il pubblico.

Così, mentre attori più giovani saranno sommersi da proposte di lavoro, Nazzari apparirà sempre più raramente sul grande schermo, limitandosi a ruoli cameo in produzioni internazionali, come Il papavero è anche un fiore (1966), Il clan dei siciliani (1969) e Joe Valachi – I segreti di Cosa Nostra (1972).

Qualche soddisfazione arrivò invece dalla televisione, dove fu protagonista dei rifacimenti televisivi di due dei suoi film più celebri, La cena delle beffe e La figlia del capitano, e comparve come ospite d’onore in popolari trasmissioni quali Il Musichiere, Studio Uno e Settevoci. Nel 1963 si cimentò pure nella conduzione televisiva, prendendo parte al varietà del sabato sera Gran Premio, abbinato alla Lotteria di Capodanno, e girò alcuni famosi caroselli per un noto aperitivo, ripetendo come slogan la sua più celebre battuta: « […] e chi non beve con me…».

Nel 1969 la Rai gli dedicò ben otto prime serate per trasmettere una retrospettiva dei suoi film più celebri. Il ciclo, che ottenne altissimi indici di ascolto e di gradimento, fu curato da Gian Luigi Rondi. Nello stesso anno l’attore fu impegnato nella miniserie televisiva La donna di cuori, diretta da Leonardo Cortese per Rai 1 (allora chiamato Programma Nazionale), affiancato da Ubaldo Lay e Sandra Mondaini.

Grazie a un timbro di voce profondo e virile, in linea con il suo personaggio, Amedeo Nazzari è uno dei pochissimi attori italiani della sua epoca a non essere mai stato doppiato. Fu membro della Massoneria.

A partire dagli anni settanta, diradò sempre più gli impegni televisivi e cinematografici a causa di una grave forma di insufficienza renale che lo costrinse a sottoporsi a numerose dialisi settimanali. Nel 1975 partecipò a un episodio della serie televisiva L’ispettore Derrick, intitolato L’uomo di Portofino e trasmesso dalla Rete 2 (l’attuale Rai 2) nel 1979; la scena principale in soggettiva fu girata, in lingua italiana, a Portofino. Negli ultimi due film, Nina (1976) di Vincente Minnelli e Melodrammore (1978) di Maurizio Costanzo, lo si vede apparire in piccole partecipazioni.

Muore nella clinica Villa Claudia di Roma la sera del 5 novembre 1979, per collasso cardiorespiratorio, pochi mesi prima che la figlia Maria Evelina gli desse il primo nipotino, Leonardo. Col nome di Amedeo Nazzari Buffa, è sepolto al cimitero monumentale del Verano di Roma

A Cagliari gli è stata dedicata la piazza davanti al Teatro Lirico, nel Parco della Musica.

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2 commenti

  1. Ho frequentato per una periodo, a Roma , sua figlia Evelina.

  2. Il migliore attore sardo Amedeo Nazzari

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