l’invaso a Torpè
di NINO AMADORE
Il cambiamento climatico ha aumentato le probabilità di siccità in Sardegna del 50%. E la situazione è destinata a peggiorare. E’ la conclusione cui arriva uno studio di World Weather Attribution, organizzazione fondata nel 2015 dal climatologo Geert Jan van Oldenborgh (scomparso nel 2021) e da Friederike Otto cui collaborano ricercatori di diverse grandi istituzioni europee e non solo, che ha puntato l’attenzione su Sardegna e Sicilia, isole interessate da un livello di siccità estrema. «Nello specifico la Sardegna – dice Mariam Zachariah, ricercatrice presso il Grantham Istitute dell’Imperial College di Londra – sta diventando sempre più arida a causa del cambiamento climatico. Un caldo torrido e prolungato colpisce le isole sempre più frequentemente, facendo evaporare l’acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici».
L’analisi del World Weather Attribution (vi hanno lavorato 15 ricercatori provenienti da università e agenzie metereologiche di Italia, Svezia, Stati Uniti, Regno Unito e Paesi Bassi) sottolinea che simili siccità peggioreranno ma mano che aumenta, anche solo di una frazione, il riscaldamento climatico. Tre i punti sottolineati dai ricercatori: il calore persistente che fa evaporare l’acqua dai terreni, dalle piante e dai bacini idrici sta causando l’aumento della siccità; senza gli effetti del riscaldamento globale provocato dall’uomo la siccità su entrambe le isole non sarebbe classificata come estrema; le isole italiane continueranno a sperimentare siccità più gravi se si continua con lo sfruttamento dei combustibili fossili. «Il cambiamento climatico sta rendendo la Sardegna più calda – spiega Friederike Otto, docente di Scienze del clima presso il Grantham Institute all’Imperial College di Londra – . Le colture utilizzate per produrre piatti simbolo della cucina italiana, come il grano e le olive, stanno morendo a causa del caldo torrido ben oltre i 40 gradi. Per impedire che la situazione peggiori ulteriormente dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili».
Lo scenario disegnato dai ricercatori, in assenza di interventi sostanziali sul fronte del cambiamento climatico, è preoccupante: con l’aumento della temperatura di due gradi, cosa che potrebbe avvenire già nel 2050, la siccità in Sardegna diventerà sempre più frequente e intensa.
Resta, ovviamente, il tema delle reti idriche e dei sistemi idrici delle due regioni. «In Sardegna – si legge – persistono delle sfide, in particolare per quanto riguarda le elevate perdite d’acqua e l’invecchiamento delle infrastrutture. Nel 2022, l’Istat ha identificato una perdita d’acqua del 52,8% attraverso il sistema di distribuzione idrica sull’isola (Istat, 2024). Inoltre, mentre le fonti di acqua di superficie soddisfano circa tre quinti della domanda idrica regionale totale, spesso hanno problemi di qualità. Ciò è in gran parte attribuito all’inquinamento derivante da sistemi fognari scadenti, strutture di trattamento insufficienti e l’eccessiva applicazione di nutrienti nelle pratiche agricole».
In Sardegna, la situazione è desolante, con riserve idriche come il Lago Alto del Flumendosa ridotte a meno del 50% della loro capacità, rendendo necessarie rigide restrizioni all’uso dell’acqua. Un esempio lampante della gravità di questa situazione si riscontra nel distretto di Posada, dove l’irrigazione è stata proibita per dare priorità alla disponibilità di acqua potabile. «Gli impatti di queste siccità sono stati scioccanti, ma sfortunatamente si verificano più frequentemente a causa del cambiamento climatico – dice Maja Vahlberg, consulente per i rischi climatici presso il Centro per il clima della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa -. Limitare la perdita d’acqua dovuta all’invecchiamento, alle perdite delle tubature e aumentare la capacità di stoccaggio in Sardegna contribuirà a ridurre simili carenze idriche negli anni con scarse precipitazioni».
E attaccara a proiri……☔☔☔
si fessidi erusu!