di DAVIDE DEIDDA
Inizia al Museo Civico di Cabras la storia in due parti che apre il numero 3585 di Topolino, Topolino e il Mistero dei Giganti, tra i colossali resti dei Giganti di Mont’e Prama, per tornare all’epoca magica della loro costruzione, nella Sardegna nuragica. I principali ciceroni di questo viaggio sardi anche loro: Bruno Enna scrive Soggetto e sceneggiatura e Luca Usai realizza i Disegni e supervisiona il colore, realizzato da Manuel Giarolli.
Il nostro fidato professor Zapotec da Topolinia, ospite a casa della professoressa Jana, al termine di un luculliano e delizioso pasto a base di specialità culinarie sarde, decide di raccontare una storia, ambientata nel lontano passato dell’Isola dei Nuraghi.
L’equilibrio precario di un piccolo villaggio di pastori, coltivatori e guerrieri rischia di essere rotto dall’arrivo imprevisto di un nuovo misterioso figuro: un topo naufrago, straniero e dimentico del perché sia finito lì. Impauriti dal pregiudizio del capo-villaggio verso gli stranieri, la figlia di quest’ultimo, Minnia, e il suo amico artista Pippeddu decidono di proteggerlo. Pippeddu gli dà un nome, Topoi, e finge che sia un suo cugino venuto dal lontano nord dell’isola.
Il malvagio Sorighe, consigliere del re ma interessato solo a prenderne il posto e ottenere la mano di sua figlia, tenterà di mettere i bastoni tra le ruote ai protagonisti, in attesa del ritorno della memoria di Topoi, e al nascente amore tra questi e Minnia. Lascio a voi il piacere di scoprire la verità sul topo arrivato dal mare e in che modo i Giganti di Mont’e Prama si inseriranno come elemento fondamentale nella risoluzione della vicenda imbastita dallo scrittore di Sassari, mentre proseguo con l’elencare i motivi che rendono questa storia una piccola perla per gli amanti dell’avventura a sfondo storico e del buon fumetto disneyano.
Il primo di questi è il preciso lavoro di ricostruzione geo-storica della coppia Enna-Usai: l’immersione nel mondo e nel periodo nuragico è immediata grazie all’attenzione certosina per i dettagli infusa e nella fase di scrittura e in quella del disegno. La flora e la fauna della Sardegna fanno da sfondo alla pietra dei nuraghi e delle case dei sardi, ricostruite e disneyzzate dal disegnatore come già fatto nell’introduzione alla storia con gli interni della casa sarda contemporanea. Alle chine e dai colori di queste tavole sembrano aggiungersi gli odori del mirto e del lentischio, il profumo e i rumori del mare, il frinire delle cicale, il belare delle pecore e il canto degli uccelli.
Ad aumentare questo senso di immersività contribuisce l’uso di vignette scontornate, spesso a tutta pagina, e di gabbie varie e dinamiche, al servizio di una storia avvincente e non scontata oltre che ricca di riferimenti al mondo della storia nuragica, come la presenza delle Domus de Janas o la citazione all’Onda che nella teoria di Frau avrebbe distrutto parte dell’antica civiltà nuragica.
Usai riesce nell’impresa non semplice di gestire ottimamente scene talvolta complesse e ricche di personaggi, utilizzando composizioni intelligenti e inquadrature adatte a ogni momento del racconto, che si dipana ora lentamente, ora concitatamente. La caratterizzazione grafica dei personaggi è in linea con la tradizione ma non dimentica della modernità e del tocco personale dell’autore. La recitazione di tutti i personaggi, primari e secondari, è di altissimo livello e si aggiunge ai punti messi a segno dall’eccellente artista guspinese.
A voler trovare un neo forse il racconto nel racconto, ovvero quello di Zapotec, avrebbe avuto bisogno di qualche tavola in più nell’atto conclusivo, ma anche così soddisfa e lascia pure un pizzico di amaro in bocca nel dubbio che Topoi esprime a Minnia, ma sembra rivolgersi ai sardi di oggi: -riferendosi ai giganti di pietra-mi chiedevo fino a quando riusciranno a proteggere il tuo… anzi, il nostro popolo!
#diaridicineclub
Neanche io sono riuscita spero nella ristampa!