Alberto Murgia
di ALESSIA VACCA
In occasione del suo ritorno a casa per le vacanze di Pasqua dopo un viaggio in solitaria sulla sua bicicletta iniziato il 2 ottobre 2023, abbiamo intervistato Alberto Murgia, il diciannovenne di Villacidro che ha sfidato l’inverno di Capo Nord, un modello di tenacia, rispetto e amore per l’ambiente, per capire più da vicino come sia nata e si sia sviluppata quest’esperienza in solitaria al fianco della sola bandiera dei quattro mori.
Come le è venuta l’idea di andare in bicicletta fino all’estremo Nord Europa? «Il mondo si può scoprire in maniera sostenibile e low cost. Questo è quello che ho sempre pensato perché amo la natura e imparo da essa. Ho sempre amato fare attività all’aperto come trekking e arrampicate e mi sono avventurato soprattutto in Sardegna ma avevo già fatto in precedenza delle traversate a piedi in Norvegia e in Corsica nell’estate del 2022 e mi erano piaciute tantissimo. Mi è sempre rimasta la curiosità, però, di vedere come fosse effettivamente la stagione invernale da quelle parti e così ho deciso di fare un viaggio in bicicletta fino a Capo Nord. Io amo il freddo, anche a Villacidro sto sempre in maniche corte, ma in Sardegna tutto sommato la stagione è abbastanza mite. Ho iniziato una lunga preparazione psicofisica e lo studio di tutta l’attrezzatura che mi sarebbe servita per sopravvivere. Ho realizzato tutto con le mie forze e piccoli risparmi. Nessuno sponsor o grandi costi. Il 2 ottobre ho preso la nave da Cagliari per Civitavecchia. Da lì ha avuto inizio la mia avventura durata quasi sei mesi e 7.000 km».
Che paesi ha attraversato? «Nella prima fase ho risalito l’Italia fino all’Austria, poi Germania, Repubblica Ceca e Danimarca. Da lì mi sono imbarcato per la Norvegia, ho oltrepassato le catene montuose del Sud della Norvegia, sono entrato in Svezia e, al confine con la Finlandia, ho fatto ritorno in Norvegia per arrivare a Capo Nord nella serata del 28 dicembre. Al rientro, invece, ho cambiato itinerario e sono passato nei paesi più a Est ossia Finlandia, Estonia, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Slovenia e di nuovo Italia. In sostanza ho visitato quindici nazioni. Il paese peggiore per chi viaggia in bicicletta è il nostro, dove non c’è rispetto per chi viaggia in bici anzi i ciclisti vengono visti come un fastidio. Il paese migliore, invece, e non me lo aspettavo, è stato la Slovenia».
Le sono certamente mancate diverse comodità della vita di tutti i giorni che, forse, diamo per scontate: quali sono state le maggiori criticità e come ha gestito l’alimentazione e l’uso del cellulare? «Le difficoltà sono state molte ma le più importanti non riguardavano di certo che mangiassi poco o che non potessi usare costantemente il telefono, anzi… Il fattore più critico è stato sempre il meteo perché d’inverno lì fa davvero freddo e io non dormivo in un letto al caldo bensì dentro un sacco a pelo con delle temperature sottozero già a fine ottobre che, fra l’altro, non sono mai salite sopra lo zero fino a febbraio. In più ci sono stati tanti giorni di bufere di vento e neve. Non ho visto il sole per non so quanti giorni: il buio che avvolge questi paesi è quasi incredibile: la stagione invernale coincide col periodo della notte polare dove il sole non sorge mai e durante le 24 ore giornaliere ci sono solo due/tre ore di luce fioca. Per alimentarmi mi sono destreggiato su più fronti: avevo un fornellino a benzina in cui cuocevo dentro la tenda quello che acquistavo nei supermarket dei paesini in cui arrivavo. Cucinavo solo a colazione e a cena, se non avevo acqua liquida (che si era ghiacciata) scioglievo la neve, mentre il pranzo spesso l’ho saltato oppure mangiavo qualcosa al volo perché tutto il cibo gelava in un attimo con quelle temperature. Il cellulare, invece, l’ho usato davvero pochissimo, ho fatto giusto qualche foto che ho condiviso sui social media, ho consultato il navigatore per scegliere le strade più corrette da percorrere e ho fatto qualche telefonata alla mia famiglia per rassicurarli che andasse tutto bene e aggiornarli sugli spostamenti».
Cosa le ha lasciato quest’esperienza? Progetti futuri similari? «Per adesso nessun progetto nuovo ma sono appena tornato da questo viaggio incredibile quindi ho avuto anche poco modo di riflettere e programmare qualcosa di nuovo. Sicuramente, però, qualcos’altro di simile ci sarà in futuro. Una ricchezza enorme che mi ha lasciato questo viaggio sono stati gli incontri che ho fatto: grazie alle persone locali che mi hanno spesso accolto e ospitato ho potuto conoscere meglio e toccare con mano la cultura e le tradizioni dei paesi del Nord Europa che sono estremamente differenti dalle nostre. Sono molto soddisfatto di quest’impresa: certamente non sono mancati alcuni momenti di sconforto e di umore basso ma non ho mai pensato di abbandonare tutto. Posso confessare che all’inizio del viaggio non credevo che ce l’avrei fatta, poi giorno dopo giorno, affrontando le difficoltà e superandole, l’obiettivo che mi ero prefissato diventava sempre più vicino e tangibile. Mi sento più forte adesso e consiglio a tutti i giovani sardi di approcciarsi a questo modo di viaggiare».