da sinistra: Paolo Pulina, Aldo Accardo, Franco Saddi, Bastianino Mossa, sindaca Linda Colombo (le foto sono di Francesco Sanna)
di PAOLO PULINA
Nel pomeriggio di domenica 28 aprile 2024 l’Associazione culturale “Amedeo Nazzari” di Bareggio-Cornaredo, con il patrocinio della FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia), dell’Assessorato del Lavoro della Regione Autonoma della Sardegna e del Comune di Bareggio, ha organizzato, presso la sala consiliare comunale, la commemorazione de “Sa Die de sa Sardigna”. Come sappiamo, “Sa Die de sa Sardigna-Festa del Popolo Sardo” è stata voluta dalla Regione Sardegna, con Legge regionale n. 44/1993, per perpetuare la memoria del “Sommovimento cagliaritano” e del “Triennio rivoluzionario sardo” (1794-1796) contro il malgoverno delle autorità piemontesi e contro l’anacronistico regime feudale, instaurato dagli Aragonesi nel XIV secolo quando, dopo settanta anni di lotte, conquistarono il “Regnum Sardiniae”. La “Festa del Popolo Sardo” (“Sa Die de sa Sardigna” – Il Giorno della Sardegna) intende ricordare la data del 28 aprile 1794, giorno in cui avvenne la (temporanea) cacciata pacifica dei Piemontesi dalla Sardegna ad opera del popolo cagliaritano.
Dopo i saluti di Franco Saddi (presidente dell’Associazione culturale organizzatrice), di Linda Colombo (sindaca di Bareggio, che ha lodato le iniziative svolte dal Circolo sardo per far conoscere in città le tradizioni della Sardegna compresa quella relativa alla speciale produzione dei gustosi dolci tipici…), è intervenuto Bastianino Mossa, presidente della FASI. Il quale ha sottolineato il fatto che i 70 Circoli affiliati, che operano nella Penisola, sono impegnati, non in un solo e giustamente solenne giorno dell’anno ma quotidianamente, a diffondere la conoscenza della storia e della cultura della Sardegna. In più, a vantaggio dei soci iscritti ai Circoli, la Federazione ha istituito due servizi molto utili evocati dai loghi presenti nel cartoncino-invito per la manifestazione a Bareggio: Eurotarget Viaggi (bigliettazione per e dalla Sardegna a prezzi particolarmente convenienti) e “Sarda Tellus” (possibilità di acquistare, a prezzi favorevoli, i prodotti alimentari sardi di cui è certificata la genuinità).
Dopo i saluti, la musica tradizionale sarda, offerta da tre campioni (Orlando Mascia, Eliseo Mascia, Matteo Muscas) dell’Orchestra popolare sarda Launeddas, che vanta una quarantina di componenti. Il Maestro Orlando ha illustrato le caratteristiche dei vari strumenti musicali adoperati oltre le launeddas: organetto diatonico, sulittu. triangolo. La musica coinvolgente (è stata eseguita anche quella dell’inno ufficiale della Regione sarda, “Su patriota sardu a sos feudatarios”, il cui testo fu scritto da Francesco Ignazio Mannu e che comincia con versi inequivocabili: “Procurad’ ’e moderare, / barones, sa tirannia…”) ha invitato alle danze il Gruppo Folk “Amedeo Nazzari”. Musicanti e danzatrici e danzatori sono stati calorosamente applauditi.
Un’immagine del pubblico (presenti rappresentanti dei Circoli sardi di Milano, Magenta e Cesano Boscone)
Dopo una breve rievocazione storica delle cause della sollevazione del 28 aprile 1794 e dei moti antifeudali, esposta da chi scrive questo resoconto, il microfono è passato al Prof. Aldo Accardo dell’Università di Cagliari (dove è stato ordinario di Storia contemporanea e Direttore del Centro interdipartimentale per lo studio dei documenti storico-filologico-letterari), incaricato di tenere la relazione ufficiale da lui intitolata “Parabola di una rivoluzione. Dal 28 aprile 1794 alla sconfitta di Giovanni Maria Angioy”.
Nella premessa del suo discorso Accardo ha espresso la propria valutazione positiva per i due servizi concreti citati dal presidente della FASI (agevolazioni per i soci dei Circoli per quanto riguarda la bigliettazione per la Sardegna e la possibilità di acquistare prodotti alimentari di qualità garantita da consorzi di tutela).
Entrando nell’argomento riferito all’evento dello “scommiato” dei rappresentanti del re in Sardegna (28 aprile 1794), il relatore ha detto che è certo che i funzionari, piemontesi, compreso il viceré Vincenzo Balbiano, che furono imbarcati su una nave e rispediti nel continente, sicuramente si portarono via tutto quello che avevano rapinato (questo è il termine giusto da usare…) nell’isola.
I cagliaritani scrissero poi direttamente al re Vittorio Amedeo III un “manifesto giustificativo” per esporre le ragioni che avevano portato alla cacciata degli esponenti ufficiali del Regno, in pratica per affermare che i sardi erano più fedeli al re di quanto lo fossero costoro.
Il re, dopo aver promesso il perdono se l’isola fosse rientrata nella lealtà alla Corona, assegnò alcuni incarichi importanti a sardi e il Balbiano fu sostituito dal marchese Filippo Vivalda, il quale con varie scuse ritardò la sua partenza per l’isola.
In ogni caso nel mese di settembre 1794 i piemontesi si erano già di nuovo insediati in Sardegna.
Le vicende della Sardegna – dice Accardo – sono caratterizzate da una netta asimmetria rispetto a quelle delle altre regioni.
La targa ad Anna Deias consegnata dal presidente Franco Saddi
Preoccupato per la possibile degenerazione della rivolta scoppiata a Sassari dopo lo “scommiato” organizzato dai cagliaritani, il re vi inviò Giovanni Maria Angioy con la carica di “Alternòs”, cioè di rappresentante del Governo con poteri vicereali, che fu accolto in trionfo come un liberatore. Per tre mesi l’Angioy tentò di mettere d’accordo feudatari e vassalli, ma in seguito alla diminuzione dell’interesse e del sostegno governativo e cagliaritano, venendo meno ogni possibile appoggio esterno con l’armistizio di Cherasco e la stipula della Pace di Parigi, decise di effettuare una marcia antifeudale su Cagliari ma dal Viceré gli vennero revocati i poteri, e dovette interrompere la marcia essendo stato abbandonato da molti sostenitori. Fuggì dapprima in Toscana, dove tentò di incontrare Napoleone Bonaparte, che si rifiutò di riceverlo, e poi andò in esilio a Parigi.
Dopo la sconfitta di Angioy (1796), la Sardegna conobbe la restaurazione e ciò avvenne venti anni prima del Congresso di Vienna del 1815, con il quale si aprì quella che viene definita come l’età della Restaurazione in Europa. Ad andare contro Angioy – sottolinea Accardo – furono le milizie pagate dalla borghesia di Cagliari. Di fatto quindi, tra i sostenitori del mantenimento del sistema feudale e dei privilegi dei feudatari e gli innovatori, vinse la parte più retriva, e i Savoia certo non eccepirono.
Però, qualche anno dopo, i Savoia trovarono comodo rifugiarsi in Sardegna. L’annessione del Piemonte alla Repubblica francese fu attuata dopo che l’esercito di occupazione francese aveva costretto Carlo Emanuele IV ad abdicare. Il re, dopo varie peregrinazioni nella penisola, si rifugiò con tutta la famiglia reale a Cagliari. Vi arrivò il 3 marzo 1799, e gli fu tributata un’accoglienza calorosa da parte delle autorità e della popolazione. Non basta: qualche mese dopo, il 28 agosto 1799, gli Stamenti (i Parlamenti sardi) chiesero al re di revocare le concessioni che erano state fatte ai sardi da Vittorio Amedeo III. Lo storico Pietro Martini ha giudicato quell’atto di sottomissione “un monumento di assoluto disonore”.
Accardo ha concluso la sua disamina storica invitando a rivisitare il nostro passato con lo spirito che aveva indicato Emilio Lussu quando nel 1951, in uno scritto famoso, aveva affermato: “Noi sardi dobbiamo considerare che non siamo né migliori né peggiori degli altri”.
Nota. Accardo, se avesse dovuto scegliere una data alternativa per “Sa Die de sa Sardigna” avrebbe optato per la battaglia dei Tre Monti (i Tre Monti danno il nome alla famosa battaglia con cui si ricordano i combattimenti avvenuti tra il 28 e il 31 gennaio del 1918 sull’Altopiano di Asiago: esse segnarono la prima vittoria dell’esercito italiano contro gli austriaci dopo la ritirata di Caporetto) e, insieme, per la data (ultima domenica del gennaio 1948) in cui fu approvato dal Parlamento italiano lo Statuto sardo, momento che ha segnato l’ottenimento dell’autonomia, oggetto di rivendicazione storica da parte dei sardi più combattivi e desiderosi di assicurare agli abitanti dell’isola un futuro non assoggettato alle ingerenze da parte di altri.
La manifestazione si è chiusa con le applaudite esibizioni del Gruppo Folk (alla animatrice Anna Deias è stata consegnata una targa di riconoscimento per il suo pluridecennale impegno) e con la degustazione dei prodotti tipici sardi e – dulcis in fundo – dei dolci fatti in casa dal Gruppo Donne.