di CARMEN SALIS
Presentata, nei locali della Biblioteca comunale a Capoterra, la prima opera di Luca Spissu e Mauro Fais, Mommotti – Edizioni Amicolibro. Un’opera che si sviluppa con una narrazione a doppio filo temporale in un’intricata trama che si snoda tra il 1935 e il 1975, nella Sardegna più autentica e meno conosciuta.
Luca e Mauro, avete con maestria scritto un’opera a quattro mani. Come nasce Mommotti? Mommotti nasce da un’ispirazione cinematografica, un bel film dal nome “Babadook”. Da lì a Mauro ha iniziato a ronzare nelle orecchie quel nome, che assomigliava così tanto a bobbotti… babballotti… Mommotti… Il nome di questo “uomo nero” mi riportava alla mente il modo in cui Mommotti viene chiamato in varie parti dell’isola. Ne abbiamo parlato per ore, una notte, e dopo qualche settimana la prima bozza era stesa. L’idea di raccontarlo è passata, inizialmente, attraverso l’immagine di un rapimento di un bambino che sparisce nel nulla e l’unico indizio è una scarpetta lasciata sul davanzale della finestra della sua cameretta. Certo, all’inizio quel Mommotti era molto diverso da quello che è oggi. All’inizio doveva essere molto più horror! Poi, col tempo, vuoi per esigenze di narrazione, vuoi perché ci siamo subito affezionati al racconto, la storia ha preso altre strade che hanno portato al romanzo che è diventato oggi. Da quella scena però è passata davvero tanta acqua sotto i ponti. La scrittura a quattro mani è stato qualcosa di spontaneo. Mauro e io ci conosciamo oramai da più di trent’anni e scriviamo musica e testi praticamente da quando ci siamo incontrati per la prima volta. Provare a fare il “salto di qualità” con un racconto che rispecchiasse questa sorta di alchimia ci è sembrata la cosa più naturale e semplice in cui avventurarci. Certo, non è stata una passeggiata, su diversi aspetti abbiamo cercato e trovato un equilibrio, ma è stato tutto molto divertente!
La scomparsa della piccola Greca è l’inizio di una storia che porterà dolore ma non solo. Mommotti è un libro sofferente con qualche spruzzata di speranza. La sofferenza, il dolore, la gioia sono sentimenti che a fasi alterne hanno popolato le vicende di questa storia. Ma ogni lato di questo aspetto non è fine a se stesso, la sofferenza come il dolore o la gioia portano a rivalutare le priorità della propria esistenza. Non importa quanta sofferenza serva per questo processo, ogni personaggio ha saputo mettere in ordine di importanza la propria scala delle priorità. Per i Sanna questo evento è stato un punto cruciale, in cui la loro vita è cambiata da un momento all’altro. Il contrasto della spensieratezza e gioia della sera della festa, trascorsa in pace e armonia, con il terrore della mattina successiva è rappresentativo. Il non avere idea del dove e del come la ragazzina possa essersi perduta, fa cadere la famiglia di Greca e tutto il paese di Granosu in un vortice di disperazione e disorientamento. Ma è in quel frangente che il buon cuore degli abitanti del paese emerge. Subito, quasi tutti si organizzano e si mobilitano per dare il proprio aiuto ai Sanna. Giovani, adulti, donne e uomini, ragazzini e forze dell’ordine. Tutti, partecipano alle ricerche, senza volere nulla in cambio e soprattutto senza che nessuno si sia mai sentito obbligato. Una sorta di codice non scritto, come quello de “sa paradura”, che abbiamo vissuto qualche anno fa qui in Sardegna, quando i nostri pastori hanno regalato mille agnelli ai pastori umbri dopo il terribile terremoto del 2017.
La vita, l’amicizia di un gruppo di bambini che arriva ai nostri tempi dal passato. Una vecchia canzone di Gino Paoli diceva: “eravamo 4 amici al bar…” Avremmo potuto iniziare il romanzo con: “Eravamo 4 amici in mezzo al grano”. Sì, perché i bambini di cui volevamo parlare eravamo noi. Semplici, innocenti con la voglia di correre, di raccontare storie paurose e stare assieme anche senza far nulla fino a tardi. E quale momento migliore per stare assieme e giocare, senza altri pensieri, se non l’estate? Per descrivere quei bambini, le loro paure e dubbi, ci siamo inevitabilmente ispirati ai tempi in cui anche noi due, già ragazzetti, con altri amici che tutt’oggi frequentiamo e con i quali l’amicizia nata in quegli anni è ancora forte e ben salda, ci si incontrava fuori dalle nostre case di periferia e si andava a fare delle lunghe passeggiate per le strade del nostro paesino. Al tempo erano buie e in terra battuta e c’erano ancora campi di grano e nessuna recinzione attorno ai terreni. Ora in quei luoghi ci sono case e negozi, le strade sono asfaltate e ben illuminate. Abbiamo cercato di far rivivere quei momenti di assoluta spensieratezza anche negli atteggiamenti di Mimminu e dei suoi amici, in cui un’ora nel fienile valeva più di una giornata intera rinchiusi in casa durante una giornata di pioggia. Forse quelle avventure ci hanno portato a essere quelli che siamo oggi, forse quelle scorribande avevano dei paletti invisibili che comunque non abbiamo oltrepassato. Erano le raccomandazioni dei nostri genitori, erano le guide che sapevamo di dover rispettare perché altrimenti arrivava Mommotti…
Un giallo affidato al maresciallo Cardia e al fido Costa. Al centro di questa vicenda non poteva mancare una delle figure che negli anni di inizio secolo faceva compagnia al dottore, al prete e all’avvocato del paese. Il carabiniere e ovviamente il suo fido collaboratore. Serviva un militare integro e inflessibile, capace di gestire quel periodo dominato dal banditismo, ma al tempo stesso in grado di essere il punto di riferimento per tutto il paese. Cardia è un uomo tutto d’un pezzo, che ha dedicato il suo lavoro e la sua dedizione al prossimo. Una persona forte, calma e pacata, che conosce a fondo il suo paese e le sue dinamiche. Il giovane Costa doveva fare la parte del collaboratore imbranato, ma lui si è formato da solo, il suo personaggio è cresciuto, maturato senza il nostro intervento. Costa è un giovane carabiniere alla sua prima destinazione, appena arrivato a Granosu. Nonostante la sua giovane età e inesperienza, sarà lui a dare una svolta alle indagini per la scomparsa di Greca. Viene subito conquistato dal calore della gente che lo circonda, delle loro usanze e dalla loro solidarietà, tanto da decidere di stabilirsi a Granosu. Nello scorrere dei capitoli e senza che ce ne rendessimo conto Costa era diventato il fido aiutante del maresciallo Cardia. Per la figura di Cardia ci siamo ispirati vagamente al personaggio forse più famoso dei fumetti della Bonelli, Tex Willer, pur con le necessarie limature. Per Costa, invece, la figura che abbiamo preso come riferimento è stata quella dell’ispettore Giuseppe Fazio, uno dei collaboratori del commissario Montalbano.
Quali letture vi hanno ispirato nella vostra formazione letteraria? Le ispirazioni sono state molteplici e di varia natura. Da una parte il cinema, con le sue pellicole impegnate, gli importanti casi legali contro colossi industriali, quelle di Oliver Stone sul caso JFK o le vicende del Rapporto Pelican di Alan Pakula, o ancora il maestoso Philadelphia di Jonathan Demme. Dall’altra parte la fantascienza dei libri di Asimov e i suoi robot, l’horror di Stephen King, e l’avventura e il thriller dei vari Jules Verne, Wilbur Smith, Frank Schätzing, Giorgio Faletti e tanti altri. Tutte queste influenze ci hanno lasciato qualcosa, inevitabilmente.
Una Sardegna raccontata con l’amore di chi la vive. La Sardegna. Se ti limiti a viverla come semplice abitante residente non ti accorgi della bellezza che ti circonda. Resti un semplice isolano che vive quotidianamente la propria esistenza. Ma se ti inoltri all’interno, se ti documenti sulle sue tradizioni i suoi costumi e le sue credenze allora ti ritroverai catapultato in un mondo magico, in un mondo fatto di figure fantastiche che hanno l’unico compito di spaventarti e proteggere i racconti misteriosi che animano le tradizioni di quest’isola difficile e affascinante. Prima di iniziare a scrivere Mommotti, pensavamo di non essere del tutto addentro alle sue tradizioni, modi di fare, credenze. Poi, studiando per scrivere il romanzo, ci siamo accorti che tutti questi aspetti erano già radicati in noi come non credevamo potessero essere. Dovevamo solo girare la chiave e aprire la porta…
Paurevole ma intrigante come le storie delle mie nonne.