Ivan Murgana
di DANIELA PORQUEDDU
Ivan Murgana, giornalista con salde radici nella sua terra, la Sardegna, scrive da vent’anni per l’Unione Sarda. Si occupa principalmente di fatti di cronaca, di cui è preciso osservatore e cronista. Spesso si abbandona all’immaginazione, creando storie ispirate a ricordi della sua infanzia e a racconti di vita vera, ai quali si dedica in una costante ricerca.
Ivan, quanto è difficile rimanere oggettivi davanti a un fatto di cronaca? È questione di esperienza. Inizialmente mi facevo coinvolgere, poi ho imparato tenere le distanze. Certo, qualcosa a casa ti porti sempre, soprattutto nei fatti come gli incidenti mortali. Ricordo, qualche anno fa, una bambina di cinque anni morta di meningite. Puoi essere oggettivo, ma una cosa del genere tocca chiunque. Queste esperienze mi sono servite per scrivere i miei romanzi.
Gli occhi con cui guardi il mondo sono quelli del giornalista o quelli dello scrittore? Bisogna sempre vedere le cose con occhi nuovi, guardare la realtà con gli occhi di un bambino. Io guardo il mondo con gli occhi del giornalista in cerca del fatto di cronaca. Quando però scrivo storie, riesco a scollegarmi da questo aspetto e nei romanzi, a differenza di quando scrivo un articolo giornalistico, devo fare un esercizio ulteriore: adattare il registro ai personaggi.
E per quanto riguarda le nuove tecnologie? Come pensi che un giornalista debba adattarsi? Usare i nuovi mezzi di comunicazione è fondamentale. Oggi la notizia viaggia veloce. È immediata. I social arrivano sempre prima. Per stare al passo, il cartaceo deve puntare sugli approfondimenti.
Nel tuo ultimo libro “Pani e gerda” descrivi usanze, persone, cibi. Quanto c’è della tua esperienza personale e quanta ricerca? Io sono cresciuto in casa dei nonni, con fragranze, sapori (il “pani e gerda”, appunto), l’odore dei mobili antichi, della lavanda nei cassetti. Questa è l’esperienza personale che metto nelle storie. La ricerca la utilizzo soprattutto per quanto riguarda l’aspetto storico. Le tradizioni fanno parte del vissuto, ma anche alcune esperienze personali, come il mio viaggio di nozze a New York, mi hanno ispirato per raccontare di Luisiccu che approda in America.
Quanti pensieri hai “rubato” per scrivere il tuo libro? Tanti. Frammenti di storie, frasi che qualcuno pronuncia nel quotidiano. Da lì può nascere un periodo, una situazione. “Drizzare le antenne” è fondamentale. È importante anche da giornalista.
Perché hai deciso di non ambientare la tua storia in un paese realmente esistente? In Parabellu, in realtà, ho voluto descrivere Sarroch, il mio paese. Non identificandolo con un luogo preciso, trovo che possa assomigliare a qualunque centro situato nella provincia di Cagliari e vicino al mare. La mia intenzione era che tutti un po’ si riconoscessero in quella realtà.
Quanto è terapeutico scrivere in libertà, cioè passare dal racconto di un fatto di cronaca alla stesura di un romanzo? Scrivere in libertà aiuta tantissimo. Nelle storie che scrivi puoi mettere del tuo vissuto. Fare il giornalista per me è come una malattia. Fare lo scrittore una cura.
Bella intervista, bravissima Dani!
Grande Ivan.
Ho letto tutti i suoi racconti. Le storie sono descritte per immagini e questo fa si che il lettore entri all’interno della storia non solo come spettatore ma spesso come protagonista. Bravo.
La penna gentile di Daniela, che ci fa scoprire l’ anima delicata che si cela dietro lo scrittore Ivan Murgana .
Complimenti 🌹
Grande Ivan Murgana !!!! (Qui in versione Patrick Dempsey). Attendo con ansia il tuo nuovo libro!!! 🫂
Complimenti!!!
Mi sembra di conoscere quest’uomo
Complimenti Dani sei bravissima ❤️ e complimenti al giornalista/scrittore Ivan Murgana per le sue interessanti risposte