Ernesto Torta e Maria Antonietta Macciocu
di PIER BRUNO COSSO
All’inizio sembra il classico femminicidio, forse il più odioso. No, odio e femminicidio non possono essere peggio di quello che sono.
Ma il libro che ho in mano abbatte il muro del suono del peggio. Lo fa per provocare un senso di ribellione all’orribile. Il racconto fa male, deve far male, così forse si riattivano le difese immunitarie.
Si dice che è la febbre alta che ammazza il germe che ha generato la malattia. E qui l’autrice e l’autore (è un libro a quattro mani) ci danno subito la scossa. La protagonista (l’altra) lo voleva lasciare e rovinargli la carriera. Rimedio del maschio altolocato, colto, e lanciatissimo in politica: un coltello. Un coltello che ci fanno vedere, che ci punge, che ferisce anche noi, e che si infila nella carne tenera del cuore.
Più dei sentimenti, ci fanno vacillare le fondamenta della sensibilità umana. La descrizione nel romanzo è realistica, ma se stacchi gli occhi dalle pagine ti accorgi che quel coltello è troppo spesso intorno a noi, è nelle cronache, è nelle nostre coscienze dilaniate.
Bello, duro, così duro come un bicchiere di rum da buttare giù d’un fiato. Scende, brucia, e più scende e più brucia, e non lo puoi più fermare. Spettatore passivo di un mondo sbagliato.
Autore, e soprattutto autrice: fermate quella mano! No, non la fermano: è tutto semplicemente credibile, e non ci si può voltare da un’altra parte.
Vai avanti, leggi quelle pagine intense e pensi: magari poi… Invece niente, il mostro deve compiere il suo destino. È la vita che è sbagliata e il mostro deve esaudire la sua chiamata divina a essere mostro.
Così parte la trama gialla, e lo sai che il dolore ci può stare, però fa male. Percezione autentica, dalle righe al cuore.
Sto parlando di Come lupo nella pioggia (Golem Edizioni, 2024), fresco di stampa, di Maria Antonietta Macciocu e Ernesto Torta. Lei è una affermata scrittrice sarda, con destinazione Torino, ma sempre con tutta la sua Sardegna nelle vene, e una corazza in difesa delle donne, anche con il suo movimento “Se non ora quando?”. Lui è un autore che ha avuto la prima culla nel web, arrivato a silloge poetiche e romanzi. Tra gli ideatori del “Meticciato Letterario” che riunisce arti, regioni e culture, partendo dalla provincia per essere cittadino di tutte le province. Dove provincia non significa piccola realtà, ma grandi opportunità tra i confini umani di rapporti vivi, di principi che non si piegano, e di vicoli acciottolati dove ci si conosce tutti per nome.
Così la provincia in Come lupo nella pioggia è protagonista assoluta. In questo caso parliamo di Jesi, nelle Marche, con un cuore pulsante che potrebbe rappresentare qualunque fantastica cittadina. Lo sappiamo bene anche in Sardegna (come in tante altre regioni) dove i paesi e le cittadine sono all’incrocio di vita, di tradizioni e di cultura.
Nel romanzo di Macciocu e Torta la provincia brilla in tutti i capitoli. Il lettore si avvicina alle vie e alle piazze dei piccoli centri come dall’alto, quasi stesse scendendo appeso a un paracadute che glieli fa scoprire lentamente arrivandoci sempre di più, per poi, d’improvviso, ritrovarsi proprio nel centro.
I protagonisti abitano bar che trasudano umanità vera, variegata e palpitante, e poi piazze, gradinate, scenari di collina e di mare, e soprattutto incontrando piatti particolari. Nel libro c’è una vera religione attorno alle prelibatezze della zona. Non sono solo colori di fondali teatrali, ma torrenti di gusto e passioni che trascinano la narrazione. I due autori ci raccontano trattorie o ristoranti stellati che stanno tra le coordinate della realtà. Sono andato a cercarli tutti nella rete, sono veri! E ne son rimasto coinvolto.
Tutte le descrizioni trasudano amore per la zona, per le cose e le persone.
Perché poi l’ambiente è sempre contaminato da chi lo vive. E qui Macciocu e Torta accendono i riflettori su protagonisti e comprimari che dalla provincia vorrebbero fuggire, oppure salvarsi, o magari restarne attaccati ancora di più con un cordone ombelicale che non si può spezzare.
Allora le figure umane, più un gatto assoluto protagonista, ci raccontano i grandi valori, ma pure le miserie. Il giallo diventa quasi un giallo sociale, con i prepotenti, gli ultimi, e primi così corrotti. Dove la corruzione non è la bustarella, ma l’arrivismo a tutti costi, a qualunque prezzo, soprattutto quello indecente. Così la corruzione, avvelena la società, contaminando l’integrità, erodendo l’integrità intellettuale come la ruggine corrode il ferro.
E, ti chiedi, questi indecenti la pagheranno? Non lo possiamo svelare, ma possiamo raccontare che questo è un altro fil rouge che tiene attaccati alle pagine perché potrebbe finire in qualunque modo: tutte le strade sono aperte. E il Lupo nella pioggia agisce nell’oscurità, a sorpresa. Forse a tradimento del topos letterario, non certo del lettore.
Siamo partiti dal femminicidio; ma abbiamo contato quanti argomenti sono affluiti nel racconto? Si snocciolano tutti nella struttura portandoci dentro scenografie alternate a scenografie. Tono su tono. Si va avanti sintonizzati con la lettura, che è sempre più in là, che scorre veloce portando verso la soluzione stazione dopo stazione.
Il libro non è di quei gialli dove si rivolta tutto nelle ultime cinque pagine, e si viene portati in giro lasciandosi tirare per una manica. Questo è un giallo che conquista la sua strada una pagina dietro l’altra, un chilometro dietro l’altro portando verso la soluzione con percorsi non sempre tutti dritti. Come dire un bell’espediente letterario.
Questo è un giallo alla tenete Colombo, che aveva rivoluzionato il poliziesco. Anche qui infatti siamo osservatori privilegiati fin nel primissimo passo nel delitto: in quel femminicidio che diventa l’origine di tutto. Vediamo l’omicidio e conosciamo subito l’assassino. A ogni pagina poi ci viene da indicarlo alla avvocata che lo cerca, al giornalista che vorrebbe scovarlo, e agli inquirenti che forse si accontentano, ma forse no.
L’assassino è lì: quasi una bella persona, se non fosse per quel suo essere assassino. Tutto il libro è nelle indagini che scavano, cercano, scoprono, sbagliano, cercano meglio ancora. Il lettore sa già tutto, prima degli inquirenti, e si gode con trepidazione quella ricerca del colpevole. Chi legge si sente come affacciato alla finestra a osservare quel mondo che gira, che gira anche al rovescio senza saperlo, che rischia di fallire, ma gira. Noi no, noi siamo invisibili dentro la scena, noi sappiamo già, ma non possono intervenire.
Più di un gioco letterario, un livello di narrazione al quale non si arriva per caso.
Una recensione che è uno scavare nella totalità del romanzo, impostazione, svolgimento, riferimenti di genere, livelli narrativi, con la profondità di uno scrittore collaudato come #pierbrunocosso
Congratulazioni vivissime
QUANDO SI LEGGE UNA RECENSIONE COME QUESTA UN COAUTORE NON PUÒ FAR ALTRO CHE APPLAUDIRE ALLA SAGAGIA E ALLA PROFONDITA DELLO SGUARDO DEL RECENSORE
CREDO CHE Maria Antonietta Macciocu & Ernesto Torta
NON POSSANO FAR ALTRO CHE APPLAUDIRE Pier Bruno Cosso
C’È TANTO DI NOI IN QUESTO ARTICOLO
” COME LUPO NELLA PIOGGIA ”
È IL NOSTRO PRIMO NOIR
DOPO IL RACCONTO ” REGALO DI NATALE ”
CONTENUTO NELLA RACCOLTA
” UN NATALE ROSSO SANGUE ”
VINCITORE DEL PREMIO COME MIGLIORE DEI DODICI RACCONTI PUBBLICATI
E LO PROMETTIAMO ANCHE A PIER BRUNO
PRESTO AVRÀ UN SEGUITO
QUELLO CHE POSSO DIRE AGLI AMICI DI FACEBOOK È DI LEGGERE QUESTA RECENSIONE
VALE MOLTISSIMO
JESI IN NOIR
È APRIPISTA DI UNA REGIONE E DI UNA PROVINCIA, QUELLA ANCONETANA CHE VA VALORIZZATA NEL PANORAMA GIALLISTICO ITALIANO
OFFRE MOLTISSIMO
Anch’io ringrazio Tottus in Pari che ha ospitato i miei libri più di una volta.
Oltre a sempre e per sempre #pierbrunocosso