LE ACQUE TOSSICHE DI PISCINAS RIAPRONO UNA FERITA VECCHIA DI TRENT’ANNI. IL FENOMENO SI RIPETE CICLICAMENTE DALLA CHIUSURA DELLE MINIERE

È bastato il video finito sui social per far riesplodere stupore e indignazione su uno sfregio ambientale che, nell’indifferenza generale, si ripete ciclicamente da 32 anni: il fiume rosso scuro che sgorga dai pozzi minerari dismessi del complesso estrattivo di Casargiu, fra Montevecchio e Ingurtosu, e si getta nel mare di Piscinas dopo aver attraversato sette chilometri di paradiso ambientale con il suo carico di ferro, cadmio, piombo, zinco e perfino arsenico, non è una novità. Come non è nuovo che tutto avvenga senza che nessuno faccia qualcosa per impedire che lo scempio ecologico si ripeta puntualmente almeno una volta l’anno in caso di piogge copiose o di interventi manutentivi, come accaduto i giorni scorsi quando il Comune di Arbus ha dovuto aprire lo scarico di fondo della diga di Donegani, piena fino al limite massimo, per mantenere i livelli di sicurezza. Stavolta la ferita ambientale – potenza dei social -, è rimbalzata a livello nazionale e ha riportato in auge la preoccupazione che porta tutti a chiedersi com’è che nessuno abbia posto fine, nel corso di oltre 30 anni, a questo scempio.

Eppure tutti sapevano, e sanno, che dal cantiere minerario di Casargiu, e in particolare dalla galleria del Pozzo Fais, si riversa nel rio Irvi, che poi confluisce nel rio Piscinas, una quantità immensa di acqua ad alti contenuti inquinanti e nocivi. Succede sistematicamente da quando, nel 1992, le miniere di Montevecchio esalarono l’ultimo respiro, finendo nel dimenticatoio delle incombenze dell’ultimo padrone minerario (la Sim del gruppo Eni) e cadendo, successivamente, nella disgrazia della bonifica della Regione con i suoi enti, Emsa prima e Igea dopo, quest’ultima creata per essere il braccio di risanamento ambientale delle dismesse industrie estrattive isolane.

L’ente minerario sardo, proprietario di alcune miniere, non si era mai curato di bonificare le devastazioni compiute nel territorio, la subentrante Igea ha mancato il suo compito. Gli attacchi mossi a Igea nel 2012 dal Comune di Arbus – che non può muovere un dito in casa d’altri – e da alcune associazioni ambientaliste, sono finiti nel nulla, organi giudiziari compresi. L’allora sindaco Francesco Atzori, a seguito dell’ennesimo sfregio del fiume rosso a Piscinas, convocò una conferenza di servizi con Igea, Regione (assessorati Industria e Ambiente), la Provincia e la Asl 6, con l’obiettivo di inchiodare ciascuno alle proprie responsabilità. Fra Provincia e Igea fu un reciproco scaricabarile di responsabilità, in particolare sul depuratore realizzato nel 2006 su progetto e finanziamento (574 mila euro) ereditati dalla Provincia di Cagliari. Un impianto del tutto inutile che prevedeva una portata di acque reflue depurabili di 30 litri al secondo, ma poi in realtà ne trattava solo 15 a monte dei 50 litri che ogni secondo fuoriuscivano dai pozzi minerari. I conti non tornavano e il depuratore fu un fiasco clamoroso, con centinaia di migliaia di euro gettati in mare.

L’Igea, con il presidente Battista Zurru, ex assessore regionale all’Industria, si fece carico di una soluzione che coinvolgeva la società olandese Paques, leader nella tecnologia di trattamento dei solfati. Fu un altro flop e degli interventi per depurare le acque di lavorazione confluenti nel rio Irvi e rio Piscinas non è rimasta traccia. Intanto, dopo il clamore dei giorni scorsi per la ricomparsa del fiume dei veleni, questa mattina la Guardia costiera tornerà a Piscinas e, insieme all’ Arpas, effettueranno prelievi sull’arenile e nel tratto marino antistante la foce del rio Piscinas per accertare lo stato di inquinamento delle acque e della sabbia.

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11 commenti

  1. Antonello Secci

    I problemi sono essenzialmente due: lo sversamento di metalli pesanti da pozzo Casargiu e le tonnellate di veleni che nel corso di decenni si sono depositati nei fondali marini. IGEA ha precise responsabilità per il mancato utilizzo del depuratore costato quasi un milione di euro e il comune di Arbus deve innanzittutto intimare a IGEA di effettuare la bonifica del sito e nel contempo dovrebbe vietare la balneazione fino a che non venga effettuato il ripristino ambientale dei luoghi contaminati.

  2. Lucia Coronas

    Galera ai responsabili

  3. Rita Fioravanti

    Lucia Coronas condivido 😔

  4. faranno a gara a fare lo scarica barile

  5. Marco Falchi

    c’è poco da fare scarica barile, questo è accaduto per l’apertura delle paratie della diga Donegani che avrebbero potuto gestire diversamente. Il reparto dighe è controllato dal ministero delle infrastrutture. Il problema è un altro: che si scrive senza essere informati.

  6. Prima, molto prima di confondere le persone con inutili pubblicità di un prodotto fruibile ,ma in realtà non ancora pronto all’uso , bisognerebbe mettere quel prodotto in sicurezza sia dal punto di vista tecnico , sia da quello sanitario. E questo vale per tutti i siti minerari dismessi.

  7. Paolo Cadoni

    Ci vuole una grossa opera di bonifica e salvaguardia, a meno che non si vogliano sfruttare i fanghi a scopo …… Abbronzante, diciamo per l’ eternità. 🤔🥴

  8. Le impressionanti immagini dello sversamento di Piscinas sono un colpo al cuore.
    Dimostrano una volta di più che c’è bisogno di prenderci cura della nostra terra, delle molte ferite che ha subito a causa di speculazioni ed incuria.
    È tempo di mettere in atto un piano strategico per le bonifiche, per fare in modo che non si debba ogni volta tamponare l’emergenza, quando il danno fisico e d’immagine è fatto, ma mettere per davvero al sicuro i nostri territori e con essi la vita e l’economia degli ecosistemi.
    È tempo di fare della capacità di bonificare e ripristinare la salute ambientale un’eccellenza dei sardi e della Sardegna, come ha proposto con forza Alessandra Todde durante la campagna elettorale.
    Se qualcuno pensava che si trattasse di una visione troppo ambiziosa, dopo i fatti di Piscinas, ha un motivo in più per capire che si tratta di un’esigenza concreta e decisiva.

  9. io le cose non so come sono avvenute però a livello di responsabilità quando va qualcosa di storto una cosa è certa che si fa lo scarica barile

  10. Andrea Gallo

    A cosa è dovuto?

  11. Susanna Simonetti

    Ma qualcuno ha cura di quel paradiso?

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