di ERIKA SCAFURO
La Pasqua in Sardegna è una solennità che si vive con intensa spiritualità. Dalle città della costa a quelle dell’entroterra, dai piccoli borghi ai paesi più grandi, ogni luogo di questa regione celebra, in maniera unica, con antiche tradizioni e riti questa festa religiosa che, sebbene venga organizzata diversamente da luogo a luogo, si contraddistingue per manifestazioni comuni a tutta l’isola. A partire dalla domenica delle Palme, infatti, le giornate sono scandite da usanze e manifestazioni che coinvolgono tutta la comunità. Processioni e cortei, canti tradizionali e rievocazioni storiche, in un apice di emozioni e sentimenti, portano alle celebrazioni della Pasqua in una atmosfera davvero intima e suggestiva. Fra i luoghi della Sardegna in cui vivere la devozione della Pasqua, c’è Galtellì.
La devozione a Galtellì è radicata e molto profonda. Nel piccolo borgo al centro del Golfo di Orosei in provincia di Nuoro durante la settimana santa tutta la comunità partecipa ai riti e alle celebrazioni religiose. Ogni persona della comunità che vive nel paese è custode prezioso di valori, tradizioni e storia; nei suoi luoghi sacri; mentre si ascoltano le melodie profonde dei canti gosos vibrare all’interno della chiesa o mentre si alza lo sguardo verso il monte Tuttavista, da cui si erge l’imponente statua bronzea del Cristo Crocifisso. «Ed ecco il cono verde e bianco dal monte di Galte solcato da ombre e da strisce di sole e ai suoi piedi il paese…» una devozione per questa terra che si ritrova anche nelle pagine di Canne al vento, il romanzo di Grazia Deledda ambientato proprio a “Galte” e che, nel 1926, valse alla scrittrice il Premio Nobel per la Letteratura.
L’intreccio fra storia e religiosità, fra passato e presente, a Galtellì, è fortissimo. Ed è legato alla statua lignea del Cristo, giunto nella chiesa del Santissimo Crocifisso già nel 1394, venerata da secoli per l’attribuzione di fatti prodigiosi – tra cui la sudorazione del sangue e la trasfigurazione del corpo e del volto – che risalgono in particolare al 1612, quando i miracoli furono documentati con testimonianze dirette e oculari. Quello che venne definito l’”anno dei miracoli” richiamò a Galtellì un flusso sempre più numeroso di pellegrini provenienti da tutta la Sardegna e, ancora oggi, la chiesa parrocchiale accoglie i fedeli in un’unica navata che li porta a raccogliersi intimamente ai piedi del Cristo. Ciò che avvenne nel 1612 portò alla nascita di un forte senso di pietà popolare nella comunità di Galtellì: alcune persone decisero di formare una congregazione laica che si occupasse dell’accompagnamento dei morti, di seppellire chi non ne aveva i mezzi e di fare opere pie per i meno fortunati, facendo richiesta al vescovo di costituirsi e riunirsi per la preghiera e le attività devozionali. Nel 1614 nacque così la prima confraternita di Galtellì, quella di Santa Croce, con la chiesa oratorio omonima, e successivamente se ne formò una seconda, dedicata alle Anime del Purgatorio.
L’incontro più emozionante con la religiosità di Galtellì si ha durante la settimana santa, sa chita santa, quando la quotidianità fra i vicoli del borgo viene stravolta dalle celebrazioni per l’arrivo della Pasqua, a cui tutta la comunità partecipa con fede e tradizione. I riti religiosi, di origine spagnola, vengono tramandati da secoli dalle confraternite di Santa Croce e Sas Animas, ed iniziano Duminica de Prama, la domenica delle Palme, proseguono il giovedì santo con il rituale della lavanda dei piedi, su lavabisi, e con l’ultima cena, sa suchena, dedicata ai soli confratelli che consumano pesce, una minestra di anguille, frutta secca, arance e il cocorrois, una frittella dolce a base di farina, zucchero e vino cotto. Le cerimonie del venerdì santo cominciano di prima mattina, quando i bambini del paese corrono fra le vie accompagnati dal suono di sas metraculas, uno strumento musicale rudimentale in legno, per richiamare le persone alla chiesa, dove alle otto si svolge il rituale della crocifissione – s’incravamentu – durante il quale i confratelli inchiodano la statua del Cristo su una grande croce.
Ad accompagnare questo rito c’è la melodia profonda e suggestiva dei gosos, i canti sacri popolari, che originano da componimenti poetici spagnoli. Al termine di questo rituale la croce con il Cristo viene coperta con un grande telo fino al pomeriggio, quando si svolge la para liturgia della deposizione dalla croce – s’iscravamentu – anch’essa accompagnata da canti gosos. Successivamente il Cristo viene collocato sul letto di morte e condotto in processione funebre per le vie del paese. Trascorso il sabato, giorno di silenzio, veglia e preghiera, le celebrazioni si concludono nel suggestivo e partecipato cerimoniale dell’incontro, s’incontru, nel quale la Madonna Addolorata, con il velo nero la corona di spine e il pugnale sul petto, portata dai confratelli delle Anime, viene accompagnata in venerante processione per le vie del paese per incontrare il Cristo risorto, portato dalla confraternita di Santa Croce. Nel momento in cui le due statue si trovano di fronte l’una all’altra, alla Madonna viene tolto il velo nero, il pugnale e la corona di spine, sostituiti con il velo azzurro della gioia e la corona d’argento. Conclusa la processione, si entra in chiesa per la celebrazione della Pasqua. Un periodo speciale per scoprire Galtellì, borgo autentico della Sardegna dove il patrimonio storico, culturale e religioso è custodito e tramandato preziosamente di generazione in generazione.