di LUCIANO PIRAS
Un intero fine settimana all’insegna dei Quattro mori, del ballo sardo in particolare, nei Circoli degli emigrati di Wolfsburg e Amburgo. Protagonisti di questa nuova trasferta in Germania le note e i colori dei costumi dell’isola. A fare da portabandiera un musicista molto noto come Massimo Pitzalis, direttamente da Teti, maestro indiscusso con la sua voce e la tastiera. Con lui, ad arricchire ritmo e melodie, c’era Maria Antonietta Bosu di Ottana, all’organetto diatonico.
A dare forma e passi ai balli della tradizione popolare sarda, invece, ci hanno pensato due coppie in costume, una di Orgosolo e una di Lodè. Franco Corrias e Patrizia Satta dal paese dei murales; Salvatore Farris e Dalila Deiana dal paese dell’Alta Baronia. Ballerini talentuosi che tengono vive le tradizioni, sempre pronti a valorizzare e far conoscere la cultura isolana nel resto mondo.
Le loro coreografie, accompagnate dalla voce e dalle magiche e coinvolgenti melodie di Pitzalis come pure dagli affondi di Bosu, hanno toccato il cuore degli emigrati sardi, di prima e di seconda generazione, ma anche dei tedeschi curiosi che hanno preso parte agli eventi voluti dal Circolo “Grazia Deledda” di Wolfsburg (presidente Manlio Gusinu) e dal Circolo “Su nuraghe” di Amburgo (presidente Gianni Masia). I due sodalizi hanno voluto tenere vivo così il legame profondo con la propria terra d’origine, lasciandosi trasportare da mille forti emozioni. In entrambi i casi, il gruppo degli artisti partiti da Teti, Ottana, Orgosolo e Lodè (in trasferta con loro anche Francesca Careddu), hanno tenuto vere e proprie masterclass di ballo sardo.
Stage pronto uso, insomma, per chi voleva imparare qualche passo che introducesse nell’immediato all’arte della danza isolana. Una scelta che non a caso ha tenuto tutti i presenti particolarmente vigili sui movimenti dei piedi, sulla postura e sulle figurazioni da eseguire. Subito dopo i seminari, le esibizioni delle due coppie di orgolesi e lodeini. Tra mille applausi, qualche lacrimuccia, palpitazioni cardiache impazzite e soprattutto tanta amicizia fraterna. Immancabile, ogni volta, la conclusione in grande con “su ballu tundu” che ha unito tutti, ballerini in costume, emigrati e tedeschi. Insieme in un abbraccio corale senza confine alcuno.