Dario Pia
di DARIO FRAU
Uno dei più grandi mest’e pannu pabillonesi, che ha avuto la formazione di artigiano in paese e un particolare successo a Cagliari, è stato Dario Pia. Aveva appreso le iniziali abilità di sarto, nella bottega di Modesto Muru, poi nella sartoria di Benigno Frau, il più importante mestu che aveva, sempre, nella sua bottega molti apprendisti. Dario Pia era uno di questi.
Aveva manifestato la decisione di fare su mest’e pannu, presentando nel 1951, come risulta dal documento dell’archivio di Benigno Frau, la richiesta di assunzione come apprendista nella sartoria di via Garibaldi. Quì si distinse per la serietà, la volontà di apprendere, ma anche per la sua attitudine, intelligenza e soprattutto per uno spiccato senso artistico. Da mestu Benigno rimase alcuni anni e si congedò come sarto completo. Con questo bagaglio di abilità, lasciò il paese e si trasferì a Cagliari.
Qui fu assunto, come dipendente, nella sartoria Atzori, in via Napoli, nel quartiere Marina, dove perfezionò le sue competenze. Era pronto, ormai, a mettersi in proprio e prese in affitto, un locale, sotto i portici di via Roma, nel salotto buono del capoluogo. Ben presto, si fece apprezzare per la sua abilità e le qualità professionali, e anche per la raffinatezza e la signorilità nei modi che lo distinguevano, da sempre, come persona. «Era raffinato come sarto e come uomo. Dario era alto, snello, portamento da signore, era un “sarto-artista”, diverso in confronto a quelli del paese», descrive Delio Lisci, un apprendista-sarto, compaesano, che aveva conosciuto Dario Pia, da giovane.
La sartoria Pia era diventata, ormai, un punto di riferimento tra i negozi, bar, gioiellerie, cinema, edicole che si affacciavano sotto i portici di via Roma. “Aveva molto lavoro, per questo in bottega c’erano sempre 3/4 apprendisti”, precisa Maurizio Cocco, parrucchiere, amico di Dario, che per diversi anni, da ragazzo, aveva vissuto a Pabillonis, ma aveva il locale in via Napoli, vicino alla sartoria. «La bottega di Dario era diventato anche un punto di riferimento per noi studenti di Pabillonis, che passavamo sotto i portici: non mancavamo di salutarlo e lui sempre gentile ricambiava e chiedeva notizie del paese natio,” racconta Antonino Mura, ora insegnante in pensione, che aveva studiato a Cagliari.
Dopo alcuni anni, Dario, che nel frattempo si era sposato con Ida, da cui ebbe due figlie, Monica e Michela, acquista un locale in via Napoli 78, dove apre la sartoria. Nel quartiere Marina, con il suo carattere affabile e gentile, diventa amico di tutti e un personaggio. «Era una persona distinta ed elegante, sempre con la cravatta, anche nel lavoro e faceva la sua figura: non passava inosservato e ispirava fiducia», confida ancora Maurizio. Molte personalità della borghesia cagliaritana sceglievano il sarto di Pabillonis per la sua abilità e raffinatezza e taglio moderno, anche tradizionale per alcuni clienti, nel confezionamento degli abiti, e inoltre, il maestro, non disdegnava di ramendare e sistemare anche indumenti usati.
Tra i tanti clienti di Dario Pia vi era anche Marcello Capitta, uno dei più importanti imprenditori immobiliari isolani, della Capitta & Partners Cagliari, specializzata nella commercializzazione delle più belle dimore di tutta l’isola, ma soprattutto della “Sud Sardegna Riviera”. Capitta è famoso, in città, anche per la sua eleganza, con un guardaroba immenso, tra abiti, camicie, cappotti, cravatte e accessori vai; le stoffe pregiate vengono acquistate in Italia e anche all’estero, nel corso dei viaggi per lavoro e per piacere. Stoffe che diventano splendidi abiti con il maestro Dario Pia, il suo sarto preferito. «In 30 anni, ha confezionato gran parte dei miei abiti, tra cui uno smoking che riscuote complimenti a livello internazionale», racconta l’imprenditore. Tale era l’affetto per il vecchio sarto, che quando decise di andare in pensione, Capitta gli chiese di recarsi nella bottega di Gianfranco Orrù, suo attuale sarto e vincitore del Trofeo Arbiter, per il passaggio di consegne. «È stato l’estate scorsa, mi è molto dispiaciuto», confessa ancora l’imprenditore che in questa occasione, in segno di amicizia, l’anziano sarto, regalò all’importante cliente, lo specchio a tre facce da sarto e il manichino che aveva nel suo atelier di via Napoli.
Anche alcuni amici di gioventù del paese natio, si recavano a Cagliari per farsi confezionare l’abito “buono”, dal loro amico sarto, soprattutto per le grandi occasioni. Ogni tanto Dario tornava nella casa paterna, per trovare la sorella Zaira e in seguito, quando l’edificio fu venduta al Comune, a salutare i parenti. «Veniva accompagnato dalla figlia Michela e non si dimenticava di venire a salutarmi», racconta Giulia Pia, cugina del sarto che lo ricorda con affetto. Dopo la pensione, non smise l’attività e per alcuni anni, continuò a confezionare abiti per i clienti, che preferivano gli abiti su misura e di qualità a quelli già pronti dei grandi magazzini. Arrivato alla soglia degli ottanta anni, però, su mest’e pannu di Pabillonis, dovette lasciare: una malattia non gli permise di concentrarsi più sul lavoro, dove occorreva attenzione e precisione e chiuse l’attività. Visse ancora alcuni anni, lottando con la malattia e ricordando il suo passato, dell’infanzia, della gioventù e discutendo con l’amico Maurizio, sulle notizie del paese natio. Ma dopo un po’ di tempo il sarto della Marina dovette arrendersi: morì nel luglio del 2020.
Terminava così per sempre, l’esistenza di un personaggio che ha lasciato un segno importante nella vita professionale e umana, e un vuoto non solo nel quartiere Marina, dove tutti lo ammiravano, ma anche tra i numerosi cagliaritani che lo avevano stimato come grande sarto e come uomo, con un carattere speciale. A due anni dalla scomparsa, il ricordo e l’affetto delle figlie Monica e Michela e della moglie Ida, è ancora vivo: «Papà è stato un uomo eccezionale, un padre premuroso e un marito ammirevole», ricorda Michela. Anche a Pabillonis però non l’hanno dimenticato, molti ricordano quel giovane elegante e gentile e sempre con il sorriso sulle labbra, che fino a qualche decennio fa, tornava alla casa paterna, nel centro storico di San Giovanni, per salutare i familiari, i parenti e i compaesani che non aveva mai dimenticato.
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