Vittorio Pisu
di FEDERICA CABRAS
«Non so che cosa sia la strada giusta per me, Vittorio Emanuele riesce ancora a sorprendermi, amo quello che faccio, qualsiasi cosa sia, disegnare, progettare, avere nuove idee, aprire un ristorante, organizzare mostre e festività, ma mi piace quando le ciambelle escono con il buco.»
Sceneggiatore, attore, produttore, organizzatore di eventi e mostre, architetto: una personalità poliedrica, artistica e sognatrice quanto pragmatica, quella del 77enne Vittorio Emanuele Pisu, cagliaritano di nascita innamorato della sua terra ma anche cittadino del mondo.
«Credo di aver vissuto una vita avventurosa, fortunata e che mi ha arricchito di tante esperienze, ma quello che mi interessa da sempre è amare ed essere amato e penso sempre che il domani mi riserverà delle sorprese migliori e cerco di affrontarle mettendoci la mia nota personale.»
Ma andiamo indietro a vedere il lungo percorso che l’ha portato fino a qui.
«Ho cominciato a disegnare quando avevo tre anni. Mia madre mi raccontò un episodio: dopo una passeggiata con mio padre, al ritorno disegnai la macchina schiacciasassi incontrata per la strada. Mio padre obiettò che avesse solo due fumaioli e non tre, insistetti (già da piccolo) allora mio padre mi riportò a verificare, al ritorno mia madre chiese “allora?” e io trionfante levai tre dita» racconta Pisu, andando indietro nel tempo agli esordi del suo amore per l’arte. «In seguito ritrassi la povera zia Gilda sul suo letto, e mi si chiese che cosa fosse il petto prorompente che aveva e che riportai fedelmente, risposi: “Sono i polmoni di zia Gilda”. Sono convinto che le visite ripetute del Mercato del Largo Felice con mio padre abbiano suscitato la mia voglia di essere architetto, e fino a quando mi ricordo è quello che ho sempre voluto fare.»
Il papà lo iscrive allora all’Istituto Tecnico per Geometri – «dove mi sono fatto bocciare per due anni di seguito» – ma poi, nel 68, quando raggiunge la maggiore età, passa da privatista l’esame per i primi tre anni di Liceo Artistico, iscrivendosi direttamente al quarto anno. Lì ha come professori Rosanna Rossi, Italo e Romano Antico. «Quest’ultimo, per l’Architettura, fu un insostituibile maestro» spiega.
Dopo il diploma, Parigi è la sua meta per quindici giorni di vacanza: «Viaggio finanziato con la vendita delle linoleografie che avevo iniziato nel 1968 con maestri come Primo Pantoli, Foiso Fois e Antonio Mura, ad alcuni clienti di mio padre notai ed avvocati.»
Ma non solo: «Finalmente rimasi a Parigi e già nel dicembre 1969 lavoravo in uno studio di architetti come disegnatore progettista e l’anno dopo, il primo settembre 1970, fui assunto come capo progetto in un importante studio parigino. Qualche anno dopo partecipai con altri due architetti che mi sollecitarono all’ultimo grande concorso di urbanistica e architettura prima dello choc petrolifero che mise fine a tanti progetti.»
Poi arriva la Facoltà di Architettura a Venezia nel 76/77 e l’Ecole des Beaux Arts a Parigi UP6nel 1969/73.
«Da quel momento non mi sono più fermato, nel 1982 sono andato per amore a New York ma, ritornato in seguito a Parigi, mi sono iscritto all’Ordine degli Architetti e ho incominciato una carriera molto intensa di libero professionista coronata da qualche realizzazione importante. Nel 1984 ho presentato un dossier davanti a una commissione nazionale francese che mi ha riconosciuto come Architetto, permettendomi di iscrivermi all’Ordre des Architectes d’Ile de France.»
Pisu ha sul suo curriculum anche, come abbiam detto, vari campi: editore di riviste, organizzatore di mostre, attore – ha interpretato un professore universitario in un corto sardo –, sceneggiatore e tanto altro.
«Già dal 1970 io e altri amici avevamo creato un laboratorio di Design che volevo chiamare “Penetration” ma fu scelto “Base5”, per rimpiangerlo più tardi, partecipammo a delle consultazioni di Design senza successo. Nel 1973 ho creato con due di loro un mensile di Poesia, “Prévoir et Dormir”, poi al ritorno dagli Stati Uniti diverse pubblicazioni sia per terze associazioni ed istituzioni (come il Centre Culturel de Russie a Parigi o l’organizzazione Insight) poi per mio conto creando Togus et Stravanaus, diventato poi Sardonia alla creazione delle due associazioni nel 1993 a Cagliari e a Parigi simultaneamente, mensile che edito ancora on line dopo trentun anni. Naturalmente creai anche Palazzi A Venezia, scaturito da un gesto d’affezione, un regalo che feci alla mia amata per il Natale del 1984: un Palazzo A Venezia sotto forma di un libro, contenente le piante, le sezioni, le facciate di un Palazzo immaginario da me ideato, esposto alla Biennale di Venezia nel 1985 e al Lafayette Concorde Hotel nel luglio 1985, con il suo plastico purtroppo distrutto durante un trasloco (rimangono le fotografie). Palazzo che divenne poi un alfabeto, indi un servizio da thè, due paraventi, poi un cofanetto per gioielli, una casa per le bambole per le mie nipotine, non ultimo un vestito da sera da donna in fabbricazione e una borsetta in corso, diventato poi organizzatore delle mostre d’Arte e naturalmente mensile ancora oggi esistente dopo trentasei anni ma solo on line. Palazzo finalmente è reale come sala da pranzo della trasmissione tivù SoloOpera (attualità dell’Arte lirica) sul web, che creai nel 1999 insieme a Le Champ Urbain sull’Architettura, e Sputnik (compagno di viaggio in russo) sulla creazione contemporanea, create lo stesso anno. Già dal 1989 filmavo le mostre d’Arte che organizzavo nel mio appartamento a Parigi, 41 rue de Turbigo.»
Nel 2000 Pisu crea Sardonia, la trasmissione tivù. Lì intervista Paolo Fresu e tanti altri.
Nel 2016 inizia la serie “Cagliari je t’aime”: «Invitai Camille Revel prima e Sophie Sainrapt a esporre al Lazzaretto e alla MEM, seguite da altre mostre personali, poi nel 2021 con la serie “Meglio una Donna” a Cagliari e a Oristano intervistai una dozzina di artiste donne.»
Pisu immagina anche una serie estiva al Calaluna Hotel a Cala Gonone ma il Covid-19 manda all’aria tutti questi piani, senza fermarlo, visto che l’estate scorsa si riparte come prima più di prima: «Al Museo di Berchidda, sei mostre tra fotografia e pittura con cinque donne e un uomo. Finalmente, nell’ottobre 2023, la serie Arte al Caffè De Candia ormai alla sesta mostra che purtroppo sarà personale per l’impossibilità dell’artista prevista che esporrà più tardi. Dispongo di una quarantina di viste di Cagliari ed anche una serie sui Casotti, e avevo previsto di esporre in aprile, ma non avevo altra scelta.»
Traguardi tanti, ma il maggiore? Viene automatica questa domanda.
«Penso che il mio traguardo maggiore sia quello di essere veramente me stesso e riuscire a sfruttare tutte le mie capacità senza remore, false scuse e altre pigrizie. Forse durante il mio soggiorno a New York il mio traguardo agognato era quello di riuscire a viverci del mio lavoro con la donna che amavo, purtroppo non è andata così ma è stata un’esperienza che ha sbloccato tante timidezze. Anche se da un punto di vista professionale è stato veramente difficile reinserirsi a Parigi, non rimpiango assolutamente niente.»
Ma Pisu è anche un sardo innamorato della propria terra.
«Il vivere lontano fa magnificare ricordi, situazioni e naturalmente sono sardo e legato alla mia terra che conosco bene. Lavorando per mio padre ogni lunedì andavo a Nuoro poi a Sassari dove restavo fino al giovedì, e con lui l’abbiamo girata tanto, ricordo negli anni Sessanta quando andavamo sulle spiagge da Costa Rei a Mari Pintau passando da Villasimius, Capo Boi, Chia, Porto Pino, Carloforte, Gonnesa, Putzu Idu, eccetera, non c’era mai NESSUNO. Penso di aver manifestato il mio amore per la città attraverso la realizzazione di più di quaranta incisioni che descrivono dei luoghi che mi sono familiari o che ho inventato o che ricordo male tralasciando monumenti ed altro, senza parlare della serie sui Casotti che conobbi felicemente durante ben nove anni ogni estate.»
Come progetti, Pisu ne ha tanti: «A lungo termine certamente la costruzione del Palazzo A Venezia sia a Venezia stessa che qui a Cagliari, naturalmente in una versione ridisegnata. A breve termine una mostra intitolata “L’Amore” costituita da fotografie arricchite da oggetti significativi e altre cose autobiografiche, quindi complicata da completare, una serie di serate operistiche in un noto ristorante appena aperto, un premio artistico/letterario in corso di preparazione e naturalmente continuare ad organizzare delle mostre d’Arte. A volte mi sento come uno che grida nel deserto, specialmente dopo l’esperienza a Parigi, confrontandola con quella isolana: se la gelosia e l’invidia potessero vendersi, in Sardegna ci sarebbero solo milionari anzi miliardari. Questa difficoltà a creare collaborazioni tuttavia mi stimola perché nonostante tutto, con il tempo, anche la documentazione filmata delle mostre ed altri avvenimenti culturali comincia a essere apprezzata. Certo non siamo ancora alle pacche sulle spalle ma qualche buongiorno “du bout de lèvres” mi basta, non mi interessano le medaglie in cioccolato. Ho avuto la fortuna, la chance, l’opportunità e l’onore dal 1989 di realizzare interviste di personaggi famosi mondialmente nel campo dell’Opera, dell’Architettura, della Letteratura, della Pittura, ed è incredibile la loro semplicità, la loro disponibilità, la loro direi umiltà, non hanno bisogno di “spararsi le pose” quindi quando mi capita di incontrare, purtroppo spesso, certi palloni gonfiati che se le sparano so di aver a fare con uomini e donne senza sostanza.»
Ma Pisu ha anche un altro asso nella manica.
«Mi ricordo che una nota cantante lirica che avevo intervistato qui a Cagliari, dopo e “off de record”, mi chiese “Ma lei il porchetto come lo cuoce?”. Risposi: “Su di una spiaggia di sale grosso”. La sua risposta fu: “Sono già sposata, sennò ti avrei chiesto in matrimonio”. Scherzi a parte mi piace cucinare, ho anche aperto un ristorante nel 1979 nel sud de la France, a Lauris sur Durance, ma sono ritornato correndo alla “planche à dessin” d’architetto. Però con l’ultima compagna (architetto d’interni con cui ho speso 19 anni di vita comune, vivendo e lavorando insieme), nello chalet sulla Senna, trascorrevo ogni week end con i nostri amici con dei menù da favola, spesso molto sardi con malloreddus, ravioli al granchione, pesce arrosto, porchetto e trattalia (ma che riducevo in crema da spalmare), peraltro molto apprezzata… Certo, alla domanda “delicieux mais qu’est ce que c’est?”, rispondevo “t’occupe spécialité sarde”, perché se avessero saputo di che cosa si trattava non l’avrebbero certo mangiato.»
Pisu scrive anche lo scenario di un film, poi diventato trilogia.
«L’ho poi trasformato in un copione per una pièce di teatro che non dispero veder rappresentata a Carloforte il 2 settembre prossimo al teatro Cavallera, grazie alla troupe di Guglielmo Aru. Ho anche curato la monografia di Diagne Chanel, un’artista che avevo incontrato nel 1977 e capito che si trattasse di una gigante.»
le cose e le persone più belle della Sardegna
Un grande Vittorio