RICORDO DI CARLO EMILIO GADDA A 130 ANNI DALLA NASCITA E A 50 DALLA MORTE. NELLE OPERE DEL GRANDE SCRITTORE LOMBARDO, STUDIATE A FONDO NELL’ATENEO PAVESE, ALCUNI RIFERIMENTI ALLA PROVINCIA DI PAVIA

Nella doppia ricorrenza dei 130 anni dalla nascita e dei 50 anni dalla morte dello scrittore Carlo Emilio Gadda (Milano, 14 novembre 1893 – Roma, 21 maggio 1973), mi è parso opportuno proporre su questo sito un ricordo del suo soggiorno in Sardegna, da agosto a novembre 1920, come giovane ingegnere laureato in Elettrotecnica, alle dipendenze della Società Elettrica Sarda di Cagliari. Nelle lettere alla sorella Clara, Carlo Emilio non manca di lamentarsi pesantemente non solo del clima ma anche degli abitanti dell’isola.  

Si veda su questo sito al link

https://www.tottusinpari.it/2024/01/30/nelle-lettere-alla-sorella-il-giovane-ing-carlo-emilio-gadda-dipendente-nel-1920-da-agosto-a-novembre-della-societa-elettrica-sarda-di-cagliari-si-lamenta-del-clima-e-degli-abitanti-dell/

In questo contributo vorrei dare qualche informazione, dal mio osservatorio pavese, su questo ingegnoso scrittore lombardo, per inquadrare il quale scelgo le parole di presentazione che si trovano nella scheda editoriale della collana Garzanti “I capolavori di Carlo Emilio Gadda nella magistrale edizione diretta da Dante Isella” [sommo filologo, per anni docente nell’Università di Pavia, Ndr]: «Attraverso l’utilizzazione di geniali miscugli dialettali, gerghi, tecnicismi e linguaggi diversi, e grazie al continuo e imprevedibile stravolgimento delle strutture romanzesche tradizionali, Gadda ha profondamente rinnovato la narrativa italiana. Nutrito di cultura umanistica e scientifica, acceso di ribollenti umori e di una acuta passione morale e civile, si può considerare al tempo stesso un grande scrittore sperimentale e un classico».

Gadda è studiato a fondo nell’Università di Pavia

Carlo Emilio Gadda dopo la maturità al Liceo classico “Giuseppe Parini” (1912), avrebbe voluto scegliere una Facoltà di studi letterari/filosofici, ma, obbedendo alle pressanti richieste della madre, si iscrisse, come il fratello Enrico, al corso di laurea in Ingegneria elettrotecnica presso il Regio Istituto Tecnico Superiore di Milano (il futuro Politecnico). Carlo Emilio era il primogenito dei tre figli delle seconde nozze di Francesco Ippolito Gadda (1838-1909), industriale tessile, risposatosi nel 1893, dopo quasi trent’anni di vedovanza, con l’ungherese Adele Lehr (1861-1936), insegnante di lettere, poi direttrice di alcune scuole, qualcuna anche molto lontana da Milano.

Diversamente da altri Gadda (lo zio Giuseppe Gadda, prefetto e poi senatore del Regno, 1822-1901; il cugino Piero Gadda Conti, scrittore e critico cinematografico, 1902-1999; entrambi laureati in Giurisprudenza nell’Ateneo pavese), il legame con Pavia di Carlo Emilio è di natura puramente simbolica.

Questo vincolo “spirituale” con Pavia  deriva dal fatto che varie redazioni autografe della sua novella “La Madonna dei filosofi” sono presenti nel Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei, creato da Maria Corti presso l’Università, e dal  fatto che, come nota Dante Isella nel numero speciale della rivista “Strumenti critici” n. 75, maggio 1994, che riporta gli atti  del convegno “Per Carlo Emilio Gadda” (Pavia,  22-23 novembre 1993”: «È certo motivo di soddisfazione l’essere riusciti ad approntare per Gadda (la cui grandezza è ormai universalmente riconosciuta) un’edizione che si lascia troppo desiderare per altri pur degni scrittori del nostro Novecento (l’impresa è stata intieramente realizzata con la valida collaborazione di giovani studiosi usciti dall’Università di Pavia)».

Per la celebrazione a Pavia del centenario della nascita di Gadda, fu organizzato il convegno e fu allestita una mostra bibliografica (Biblioteca Universitaria, 22 novembre-11 dicembre 1993), progettata da Gioia Sebastiani, che curò per l’occasione anche il “Catalogo delle edizioni di Carlo Emilio Gadda”.

Gli autografi gaddiani sono arrivati al Fondo a seguito dei contatti di Maria Corti con Gadda. La studiosa, nel volume “Dialogo in pubblico. Intervista di Cristina Nesi” (1975), racconta: «Nel 1971 Gian Carlo Roscioni, a cui spesso mi rivolgevo affinché mi desse notizie sulla biblioteca di Gadda, utili per le tesi di laurea dei miei allievi, notizie riguardanti i libri di mineralogia posseduti da Gadda o i testi degli Scapigliati o i Luigi di Francia, un giorno mi suggerì di catalogare in qualche modo la biblioteca di Gadda. Allora al mio antico allievo e poi giovane collega Angelo Stella, che avevo pregato di accompagnarmi a Roma e aiutarmi, venne la felice idea di portare con sé un registratore. La cosa riuscì eccezionalmente utile perché, mentre noi registravamo titoli, edizioni, libri postillati, Gadda assisteva da una poltrona e commentava la lettura, l’origine dell’acquisto, le donazioni materne, esprimendo alcuni giudizi suggestivi. Ritornati a Pavia ci rendemmo conto che sui nastri, oltre la descrizione dei libri posseduti da Gadda, c’erano novanta minuti di intervento dello scrittore». Mistero non risolto: tre dei quattro nastri poi scomparvero dal Fondo.

Ho citato due compianti professori emeriti dell’Ateneo pavese, Maria Corti (Milano, 7 settembre 1915 – Milano, 23 febbraio 2002) e Angelo Stella (Travedona Monate, VA,  12 novembre 1938 – Pavia, 14 dicembre 2023) e non posso esimermi dal ricordare che entrambi sono stati grandi amici del Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia.

Riferimenti alla provincia di Pavia in alcune opere di Carlo Emilio Gadda

Le citazioni su vicende e personaggi della provincia di Pavia, che testimoniano che Gadda era effettivamente, in maniera enciclopedica, «nutrito di cultura umanistica e scientifica», sono tratte da alcune sue opere, che potrebbero servire al lettore curioso per cominciare a esplorare la lussureggiante foresta gaddiana.

Nel volume intitolato “I Luigi di Francia”, scritto nel 1950 e pubblicato da Garzanti nel 1964, Gadda raccoglie le conversazioni radiofoniche con le quali aveva illustrato le figure dei tre Luigi (XIII, XIV – Il Re Sole, XV) con un linguaggio adatto al pubblico dei radioascoltatori, che quindi evita, come scrive Ernesto Ferrero nel suo bell’ “Invito alla lettura di Gadda”, edito da Mursia, «furori satirici ed estri linguistici». Alle pagine

97-98 dell’edizione del 1964 leggiamo questo cenno “pavese”: «I cardinali e i papi hanno spesso un architetto del cuore: Carlo Borromeo lo aveva trovato nel Tibaldi, Pio terzo poi Pio quarto nel Ligorio: Richelieu scelse Lemercier».

Pellegrino Pellegrini, detto il Tibaldi (Puria, frazione di Valsolda, CO,  1527 – Milano, 1596), a Pavia, per san Carlo, progettò il monumentale edificio dell’Almo Collegio Borromeo e, su commissione di Papa Pio V, ideò la  realizzazione del Collegio Ghislieri.

Il romanzo “La cognizione del dolore” (sette “tratti” pubblicati tra il 1939 e il 1941, poi aumentati negli anni: cito dalla quarta edizione Einaudi del gennaio 1970, che ha un saggio introduttivo dell’esimio filologo Gianfranco Contini, autentico scopritore e valorizzatore del talento plurilinguistico di Gadda), «sullo sfondo di un immaginario paese del Sud America [Maradagàl, Ndr], in cui lo stesso Gadda invita a riconoscere la Lombardia e la Brianza, il dolore senza nome e senza ragione (ma non senza causa) dello hidalgo-ingegnere Gonzalo Pirobutirro d’Eltino è tema e protagonista della scarna vicenda» (sono parole tratte dal risvolto).

Alla pagina 155 troviamo questo riferimento “pavese”: «Ogni due venerdì l’accesso color pavone delle Visitatrici di San Giovanni (Nepomuceno) con due sigari tuschi, [toscani, Ndr] e due cioccolatini umbri. Questo santo, che si venera a mezzo il ponte a Pavia, è anche nel Maradagàl il protettore dei fiumaroli e dei pontieri».

Giovanni Nepomuceno (nato a Nepomuk, in Boemia, prima del 1345 – morto a Praga, 20 marzo 1393) aveva studiato teologia e giurisprudenza all’Università di Praga. Da canonico della cattedrale di Praga, si sarebbe rifiutato di violare il segreto delle confessioni della regina Giovanna di Baviera e perciò, per ordine del re Venceslao, venne gettato dal ponte della città (oggi conosciutissimo come ponte Carlo, dove è ricordato con una statua e una lapide) nella Moldava, e morì annegato. Fu proclamato santo da Benedetto XIII nel 1729.

Per quanto riguarda Pavia le guide turistiche precisano che «la statua del Santo è stata oggetto di una miracolosa “avventura” in occasione del bombardamento e della distruzione del ponte nel 1944. Dispersa nelle acque del Ticino, ritrovata casualmente da un pescatore, amorevolmente conservata dallo stesso e riposta nella cappella, dopo restauro, nel nuovo ponte coperto inaugurato nel 1951».

Propongo di seguito la  citazione non da un libro di Gadda ma dall’amplissima intervista da lui rilasciata allo scrittore vogherese Alberto Arbasino (i testi, pubblicati in diverse puntate nel 1963-1964 sulla rivista “Il Verri” diretta da Luciano Anceschi, furono ripresi da Arbasino alle pagine 185-210 del volume “Sessanta posizioni”, edito da Feltrinelli nel 1971). Completando il suo giudizio sul poeta milanese Giuseppe Parini (1729-1799), Gadda dice: «Due giovani occupano però la musa del Parini in due odi notevoli: uno è l’undicenne Giancarlo Imbonati, futuro consorte in uno “scandaloso concubinaggio” (come direbbe il Vescovo di Prato) con donna Giulia Beccaria vedova Manzoni. La quale poi compose per se stessa uno stupendo epitaffio funebre riferito da don Cesare Angelini: “Giulia Manzoni – figlia di Cesare Beccaria – madre di Alessandro Manzoni”. Senza titoli nobiliari, senza ricordare il marito, ma solo il padre e il figlio famosi; come in una interpretazione che dica: sono su questa terra come una creatura genetica che prende la vita dal Beccaria e la dà al Manzoni; il marito don Pietro [Manzoni, Ndr] è tutto quello che ho avuto dalla società, e di lui non m’importa nulla. […] L’altro giovane è Febo Borromeo d’Adda, prossimo a diventar padre».

Queste parole di Gadda sono state poi riprese da Arbasino nel suo volume “Certi romanzi. Nuova edizione seguita da La Belle Époque per le scuole” (Einaudi, 1977, si veda a p. 362) e si trovano anche in Carlo Emilio Gadda, “ ‘Per favore, mi lasci nell’ombra’. Interviste 1950-1972”, a cura di Claudio Vela, Adelphi, 1993, p. 109. Arbasino le ha ripubblicate nel suo volume, tutto dedicato a Gadda, “L’ingegnere in blu” (cfr. p. 60 dell’edizione Adelphi nella collana “Piccola Biblioteca”, 2008).

In una ricerca curata da Fabio Maggi notizia di un incontro a Pavia fra Gadda e don Cesare Angelini

Lo studioso pavese Fabio Maggi, pronipote del sacerdote-letterato don Cesare Angelini, mi ha fatto avere il PDF del suo saggio intitolato “Dediche e lettere tra Carlo Emilio Gadda e Cesare Angelini”, pubblicato in “Margini. Giornale della dedica ed altro”, n. 9, Università di Basilea, 2015, pp. 3-20.  

Anche Maggi ha riportato la citazione del nome di Angelini fatta da Gadda nell’intervista rilasciata ad Arbasino ma soprattutto ci ha dato la certificazione di una visita di Gadda a Pavia per un incontro con Angelini.

Infatti, in una lettera datata “Milano, 11 luglio 1936. XIV” Gadda scrive: «Carissimo Angelini, la sua fraterna ospitalità meriterebbe una lettera che meglio dicesse la mia gratitudine, e il piacere avuto nel conoscerla».

Commenta Fabio Maggi: «La lettera fa riferimento a un incontro tra Angelini e Gadda, probabilmente nel Seminario Vescovile di Pavia».

Le curiosità di Gadda riguardo ai paesi dell’Oltrepò

Alberto Arbasino, nel volume “L’ingegnere in blu”, ci informa anche sulle curiosità di Gadda riguardo ai paesi dell’Oltrepò.

«Gadda addirittura annotava o pareva “mandare a mente” certi nomi caratteristici di paesi […] nei nostri dintorni: Bressana Bottarone, Borgoratto Mormorolo, Torricella Verzate. […] Anche Rocca Susella e Torrazza Coste e Bastida Pancarana e Oliva Gessi e Bastida de’ Dossi… Ma addirittura Calcababbio, ribattezzata Lungavilla (longa vila) da Umberto I, che vi faceva le manovre, però quel “babbio” (rospo) non gli andava giù nei rapporti militari».

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