di GIANRAIMONDO FARINA
In attesa dell’imminente consultazione elettorale per le regionali sarde, che si terrà domenica 25 Febbraio 2024, è interessante capire, per tutto il mondo dell’Emigrazione sarda, come il tema de Su Disterru sia percepito nell’isola. E per farlo abbiamo fatto una “disamina” dei programmi elettorali ufficiali presentati dai quattro candidati alla di Presidente della Regione: Alessandra Todde (Coalizione di Centrosinistra, movimento Cinque Stelle, autonomisti, indipendentisti di A Innantis e civiche), Paolo Truzzu (Coalizione sarda di Centrodestra), Renato Soru (Coalizione Sarda con Calenda, Rifondazione Comunista, Liberu, Progetto Sardegna, Vota Sardegna) e Lucia Chessa (Sardigna R- esiste). Prima di analizzarli nel merito, però, non possiamo non partire da quanto dichiarato, mercoledì 14 Febbraio 2024 da Giuseppe Pepe Corongiu in una simpaticissima intervista rilasciata alla satirica Radio X nel divertissement “Presidente per un giorno”. Pepe Corongiu, non proprio uno qualunque. Originario di Laconi, funzionario regionale, scrittore e, soprattutto, uno dei massimi esperti di lingua sarda. Una persona di cultura e di valore che, sebbene simpaticamente, in quei nove minuti di intervista è riuscito a “mettere i puntini sulle i”. Considerando la questione “Emigrazione”. Fra i suoi progetti, il “presidente per un giorno” Corongiu propone una “giunta di unità autonomistica”, con forte presenza di sardi e sarde de Su Disterru. E già l’ incipit dell’intervista è quantomai sintomatico di cosa Corongiu pensi. E non è il solo. “Quello che noto è che si parla solo di soldi in arrivo dall’Europa e dallo Stato e di come li dobbiamo spendere, ma non ci poniamo il problema di come dobbiamo vivere, che ricchezza dobbiamo produrre e su quali imprese dobbiamo puntare”. A partire dall’ emigrazione. L’ambizioso programma di Corongiu, in modo provocatorio, pone al centro “l’altra Sardegna”, quella di tre milioni di sardi (tali sono i dati comprensivi dei nati e delle loro famiglie, n. d. r.) e sottolinea, senza mezzi termini, come anche l’emigrazione sarda sia da considerare una ricchezza. Ricchezza che, purtroppo, tale appare non percepita dai candidati reali alla Presidenza della Giunta Regionale, nonostante almeno due di essi abbiano vissuto per lungo tempo e si siano realizzati fuori dall’isola. Probabilmente perché non conoscono ancora “l’altra Sardegna”. E, soprattutto, alcuni dati. Che già erano emersi, significativamente, nel Congresso Internazionale dell’emigrazione sarda tenutosi a Cagliari dal 27 al 29 Aprile 2023. Ma che, sostanzialmente, sono stati disattesi o, semplicemente, non presi in considerazione. Partiamo con ordine, in questo viaggio “simbolico” attraverso l’esame dei quattro programmi elettorali ufficiali.
A cominciare da quello di Alessandra Todde e della sua Coalizione di Centrosinistra. Candidata di Movimento 5 Stelle e PD, cui si aggiungono le liste autonomiste e gli indipendentisti di Franciscu Sedda. Nuorese doc, ex manager affermata in Italia ed all’Estero, doppia laurea in scienze dell’informazione ed informatica, ex viceministro dello sviluppo economico nel secondo governo Conte (2021-22) e, prima ancora, sottosegretario di Stato allo stesso Dicastero (2019- 20). Dal 26 luglio 2023 ha avuto anche l’incarico di segretaria della “Commissione parlamentare per il contrasto degli svantaggi derivanti dall’insularità”. I dati su di lei “raccontano” di un’imprenditrice, manager, fondatrice di varie società ed amministratrice delegata di “Olidata” dal luglio 2018 al dicembre 2019. Quando si è dimessa per candidarsi alle Europee come capolista del Movimento 5 Stelle, senza essere eletta. A dicembre 2018 è stata nominata tra le inspiring fifty italiane: riconoscimento alle cinquanta donne italiane più influenti nel mondo della tecnologia. In virtù delle elezioni regionali in Sardegna del 25 Febbraio 2024, il 9 Novembre 2023 si candida alla Presidenza della Regione, sostenuta da una larga coalizione composta da PD, Movimento 5 Stelle, indipendentisti di A Innantis, Alleanza Verdi/ Sinistra, Demos, PSI, Fortza Paris, Progressisti di Zedda, Orizzonte Comune, Sinistra Futura, propria lista civica, e sostenuta anche da Centro Democratico e partito gay. In questo caso prima si sono decise le alleanze e, successivamente, dopo tanto, è emerso un programma ufficiale. Non che prima non vi fosse, nelle linee generali. In esse, infatti, con riferimento al “nodo” emigrazione si legge quanto segue, la vexata quaestio è “consegnata” al portale ufficiale del Movimento 5 Stelle. La Todde, che ha vissuto una parte della sua vita e della sua formazione umana e professionale all’ Estero, a proposito di “emigrazione” parla e scrive di una “semplice speranza”. La “speranza degli emigrati sardi di poter tornare in un’isola migliore di quella che hanno lasciato per poter trascorrere ivi la loro pensione”. Una sorta di “manifesto dell’INPS”. Per la candidata della Coalizione di Centrosinistra, grillina, autonomista ed indipendentista, quindi, all’apparenza, la questione emigrazione si risolve nella cosiddetta “semplice speranza del ritorno per godersi la pensione”. E’ da riflettere, poi, come, in nessuno dei punti affrontati , dalla transizione ecologica, alla difesa dei beni comuni, allo sviluppo economico sostenibile ed equo, sia questo il solo riferimento preciso al mondo dell’ “altra Sardegna”.
Se Atene piange, Sparta non ride. Arriviamo al programma di Paolo Truzzu. Nel centrodestra sardo. Una coalizione, la sua, che, nonostante i “malumori” iniziali in casa sardista a seguito della mancata candidatura di riconferma di Solinas, si presenta compatta. Definita come “Coalizione sarda di centrodestra”. Un programma che dovrebbe “camminare” con i sardi. Quelli residenti, però. Si parla di “Sardegna del fare” e vicina alle imprese. Fondata su alcuni punti come cultura identitaria, trasporti (sempre presenti) “ma per i nostri cittadini e turisti”. Domanda: anche i sardi emigrati sarebbero da intendersi “turisti”? Altri punti del programma riguardano sanità, comparto agroalimentare, energia rinnovabile. Truzzu, classe 1972, diploma al liceo classico, laurea in scienze politiche e dipendente del servizio appalti e contratti del comune di Cagliari. Nel 2014 è stato eletto consigliere regionale con FdI. Ed è da lì che la sua carriera ha subito una “virata”. Sensibilmente a destra. Fino alla recente elezione alla carica di sindaco del capoluogo isolano. Eppure un programma per l’ Emigrazione, dettagliato e predisposto, la coalizione che sostiene Truzzi, ce l’avrebbe. Si tratta del “Piano annuale per l’emigrazione” varato nell’ aprile 2023 dalla Giunta Solinas. Poco prima del Congresso Internazionale di Cagliari. Programma ricco, ambizioso e ben strutturato, grazie anche al fondamentale apporto dato da tutte le associazioni e federazioni sarde emigrate e sapientemente coordinate da assessore al Lavoro come Ada Lai e, soprattutto, in precedenza, Alessandra Zedda. “Piano” che, purtroppo, è “rimasto nel cassetto”. Inevaso.
Fra i due contendenti, il “terzo incomodo”, Renato Soru. Che non ha bisogno di presentazioni. Per lui un ritorno. Già presidente della Giunta regionale dal 2004 al 2008. La sua è la Coalizione Sarda, “fatta da sardi, plurale e potenzialmente maggioritaria”. Dentro, un bel po’ di partiti e movimenti: centristi, Rifondazione Comunista, Liberu, Progetto Sardegna, Vota Sardegna. Programma che, di per sé, si definirebbe “limpido, breve, straordinario”, “perché a problemi straordinari servirebbero soluzioni straordinarie”. Soluzione “straordinaria” che, però, parrebbe non intravedersi per la questione emigrazione. O, meglio, ci sarebbe, ma sarebbe sempre la stessa: vedere “Su Disterru” come un “nemico” e non come un’ opportunità. E si parla di transizione digitale, di “città diffusa” nel territorio più efficiente e, “dulcis in fundo”, di volere “che i giovani adulti possano avere modo di tornare in Sardegna per costruirsi una famiglia ed una vita nel luogo in cui sono nati e cresciuti, se lo desiderano e come lo desiderano” . Leggero miglioramento rispetto ai “pensionati di rientro” di Todde. Ma pur sempre”di rientro” di tratta. Nessun accenno ai quasi tre milioni di sardi che vivono fuori con le loro famiglie e che animano i vari circoli e le federazioni con passione, impegno e fatica. Per la cultura sarda.
Infine, l’ “intrusa”. Parliamo di Lucia Chessa, insegnante a tempo pieno a Siniscola e candidata alla Presidenza per conto di “Sardigna- R- esiste”. Sardegna che “resiste” ed “esiste”. O, meglio, “dovrebbe resistere ed esistere”. Candidatasi, soprattutto, per tutelare le minoranze, “contro un Consiglio regionale che non c’entra nulla con quello che i sardi hanno scelto”. Lucia Chessa è anche segretaria del “Rossomori”, la “costola sinistra” del PSd’Az, fuoriuscita dopo la firma del contratto elettorale sardista con la Lega. Il suo programma riguarda la modifica della legge elettorale e le questioni di legalità e sanità. Assente, anche in questo caso, il tema dell’ emigrazione.
Alla luce di ciò occorre ribadire quanto emerso nel citato Congresso Internazionale dell’ Emigrazione sarda, tenutosi a Cagliari lo scorso aprile 2023 e come, purtroppo, i suoi risultati e propositi siano stati tutti disattesi dai programmi elettorali dei quattro candidati alla Presidenza dell’ Regione Sarda. Programmi elettorali che, purtroppo, non hanno preso in considerazione alcuni dati importanti, già “fatti propri” da un articolo del sottoscritto, apparso pubblicato sul “Messaggero Sardo” del 13 giugno 2017. Pezzo, poi, riconsiderato nei tre articoli, sempre a firma del sottoscritto, pubblicati da “Tottus in Pari” il 5, 11 e 17 maggio 2023. Contributi che avevano questo titolo quanto mai “emblematico”: “Il dietro le quinte della Conferenza Internazionale a Cagliari: i conti economici e sociali dell’ emigrazione fra luci ed ombre”. Contributi e dati che, almeno qualcuno dei summenzionati candidati ( o chi per lui) avrebbe potuto leggere. Anche perché inviterebbero ad un’accurata riflessione sul ruolo non trascurabile che, in Sardegna, ha l’emigrazione. E, soprattutto, la questione mai risolta dei sardi iscritti all’ Aire (Anagrafe Italiana Residenti all’ Estero). Tutta da conoscere e da disvelare. I sardi iscritti all’Aire rappresentano circa il 10% della base elettorale. Cifra non trascurabile e ragguardevole se poi raffrontata alla popolazione. Ed è qua che emerge la questione rilevante già segnalata, a suo tempo, dal sottoscritto ( si veda articolo pubblicato sul “Messaggero Sardo” del 14 giugno 2017 dal titolo “Elezioni: la Sardegna discrimina gli iscritti all’ Aire”). Nello specifico si tratta dell’ incongruenza della legge regionale 10/2011 sul quorum strutturale per le elezioni locali nei comuni al di sotto dei 3000 abitanti. Ossia l’art. 2 comma 2 della citata legge regionale in merito alla fissazione del quorum valido per l’esercizio delle consultazioni amministrative locali. La detta disposizione cita testualmente che “per la fissazione del quorum, nei comuni con abitanti inferiori ai 3000 non sono computati fra gli elettori nelle liste elettorali del comune quelli iscritti all’ A.I.R.E. (Anagrafe Italiani Residenti all’ Estero)”. Questo in violazione della sentenza della Corte Costituzionale n° 242/2012 che stabilisce come “ai fini del quorum strutturale dei votanti nei comuni più piccoli, siano da contabilizzare i cittadini dell’A.I.R.E.”.E questo per la Sardegna, costituita per oltre il 50 % di piccoli comuni al di sotto dei 3000 abitanti, con alcuni casi di picchi rilevanti di iscritti all’Aire (in comuni dell’Oristanese si raggiungerebbe il 50 %), rappresenta un serio problema di democrazia diretta e partecipativa. Cui, però, la politica regionale (la Sardegna, essendo regione a Statuto speciale ha prerogativa esclusiva in materia elettorale) continua a rimanere sorda. Nessuno, in sede di Conferenza, ha sollevato il problema che, comunque, permane e stride con l’intera “impalcatura” di un programma teso a coinvolgere maggiormente il mondo sardo dell’emigrazione anche per lo sviluppo locale e delle zone interne. Ma come si fa’ se il voto degli emigrati, nello specifico quello degli iscritti all’Aire, non viene computato al fine del raggiungimento del quorum per le elezioni comunali nei piccoli comuni in ossequio al citato art. 2 comma 2 della legge regionale 10/ 2011? Regione Sardegna, “Giano bifronte” e “Madre matrigna”. Da un lato si cerca di attuare una seria politica dell’emigrazione, rinsaldando la Sardegna “di dentro” con “l’altra” Sardegna (“Su Disterru”), proprio come fa una madre con i propri figli lontani; dall’altro lato, però, ci si comporta da matrigna per la salvaguardia di meri interessi di bottega, utilizzando il voto degli emigrati sardi all’estero come un “peso” e non come, invece, un potenziale mezzo di ricchezza, di confronto e di coinvolgimento politico, soprattutto in un momento attuale in cui emerge chiara la crisi della democrazia partecipativa. Meno male che Giuseppe “Pepe” Corongiu non è candidato alla Presidenza della Regione.