di LUCIANO PIRAS
E così, alla fine, anche noi sardi scopriremo che abbiamo una Letteratura sarda. Intanto, per non farci mancare nulla, abbiamo appena scoperto che in Sardegna esiste il canto a tenore. Non quello lirico, quello solistico del do di petto di tali Luciano Pavarotti o Placido Domingo per intenderci, e neppure quello del nostro amato nuorese Piero Pretti… no, non quel tenore. Quello della “s” ballerina, invece, tenore, tenores, quello che in Sardegna fa scornare i puristi con i modernisti, gli antichi e antiquati con i progressisti e innovatori più spinti. Lo sapeva tutto il mondo che la terra dei nuraghi è anche terra di canto a tenore. “Patrimonio immateriale dell’umanità”: l’Unesco l’ha messo nero su bianco già nel 2005. Ma evidentemente non bastava. C’è voluto Sanremo, o meglio: c’è voluto il 74° Festival della canzone italiana per far sapere a noi sardi che abbiamo nell’isola nostra l’arte delle quattro voci: bassu (basso), contra (contralto), mesu oche (mezza voce) e oche (voce).
Ci sono voluti Mahmood di sangue oroseino e i tenores… pardon… e il tenore Remunnu ’e Locu di Bitti per farci capire quanto è bello e profondo il mare nostrum, quanto è bella e profonda la nostra cultura tradizionale. Che dico tradizionale? Cultura, punto e basta. Già sentir dire che il canto di Dino Ruiu (voce), Andrea Sella (mezza voce), Pierluigi Giorno (contra) e Mario Pira (bassu), è canto del folclore tipico isolano fa accapponare la pelle, è un’espressione obbrobriosa. Quando inizieremo a parlare di canto a tenore come di canto o musica punto e basta, beh, allora forse avremmo capito il vero valore del patrimonio che abbiamo tra le mani. Del resto era stato proprio un bittese illustre a metterci in guardia dall’uso improprio delle parole. Era stato Michelangelo Pira nel suo “La rivolta dell’oggetto”, anno domini 1978, a chiedere per quale motivo quando si parla di opera lirica come pure quando si parla di orchestra il riferimento immediato è alla musica colta, mentre invece quando di parla di canto a tenore come pure di canto a chitarra o di launeddas il riferimento è solo e soltanto al folclore. Come se il folclore fosse un dente cariato da togliere il prima possibile. Come se, di contro, il Nabucco o il Rigoletto non fossero opere d’autore di tale Giuseppe Verdi ma frutto di una lunga tradizione lombarda altrimenti detta folclore lirico teatrale! Assurdo, semplicemente assurdo.
Così è anche per i nostri tenores: sbagliatissimo chiamarli con questa declinazione. “Tenore” basta e avanza per capire che si tratta di quattro voci, non di un semplice Quartetto Cetra, ma di quattro voci, oches, che formano un “tenore”. Tenore indica già una pluralità, dunque. Tenore di Bitti, perciò, non tenores di Bitti, please. Anche se, in fondo in fondo, poco importa fare i pignoli per una “s” di troppo. Importa piuttosto che i “Remmunnu ’e Locu” hanno innestato al capolavoro di Lucio Dalla “Come è profondo il mare” reinterpretato da Mahmood due versi tratti da “Sa supposta partenzia” di Paulicu Mossa: “Finis, de s’Oceanu violentu, / currer dia sas abbas pius malas”. A dimostrazione che il poeta di Bonorva morto nel 1892 è un Classico della Letteratura sarda. Da scoprire e studiare.
Eh Si c’è voluto Sanremo per far scoprire anche a molti Sardi questo poeta di Bonorva. La grazia e la compostezza armonica del Tenore di Bitti è stata la scintilla per andare a scoprire questo nostro poeta ( mio nipote Antonio che ha 18 anni e ha una visione moderna della musica è stato il primo nei miei confronti a cercare questa poesia che poi è diventata motivo di discussione e di confronto tra la sua e la mia generazione ) ho letto diversi post su questo argomento , alcuni non condividevano la partecipazione di un nostro Tenore a questa manifestazione canora .Ma dico io, è stata data l’opportunità di far conoscere il nostro canto arcaico a mezza Europa e ci lamentiamo???? Chiedo a voi , ma anticamente quando
un Tenore si esibiva in pubblico nelle nostre piazze c’era sempre silenzio ,e se qualcuno disturbava si sussurrava
” SSSsssssssssss ” e in quel contesto le ‘ S ‘ diventavano importanti.
Articolo molto interessante, l’unico a citare il verso di Mossa che è stato cantato a Sanremo dai Tenore di Bitti. Grande occasione, grazie Alessandro Frau Mahmood!
Comunque, ottimo articolo.
Il Coro Paulicu Mossa non sono andati a Sanremo
Angius Gianna infatti si parla dell’autore della poesia, non del coro a lui intitolato.
Paulicu Mossa il poeta Bonorvese ?👏
Il canto a Tenore é patrimonio immateriale UNESCO…se solo Amadeus avesse sfoggiato un po’ di cultura lo avrebbero saputo in parecchi🙄