DAL BUE ROSSO AI FORMAGGI, FINO ALLA POMPIA: A CACCIA DEI PRODOTTI ESCLUSIVI NELL’ISOLA

Razze e varietà autoctone, tecniche di produzione antichissime di cui sono depositari in pochi e che si cerca di difendere dall’estinzione attraverso azioni di tutela e valorizzazione. L’Isola è terra di biodiversità, di prodotti agroalimentari esclusivi – e buonissimi – che arrivano anche identificare piccole comunità, porzioni di territorio, nel legame indissolubile con il paesaggio e tradizioni tramandate da secoli. Una buona mappa per iniziare a orientarsi su questi prodotti – e magari ‘usarli’ come spunti per visitare i loro luoghi d’origine – è quello dei Presidi Slow Food, che si occupano di difendere materie prime e cibi, artigianalità e mestieri. Per esempio l’axridda di Escalaplano, paese di duemila abitanti nell’entroterra Sud orientale dell’Isola. È un pecorino unico al mondo, un formaggio completamente ricoperto di argilla. Il materiale serve a proteggere il prodotto con una patina naturale che ne rallenta i processi produttivi. Per fare l’axridda si lavora il latte crudo di pecora di razza sarda, coagulato con caglio di vitello e lavorato a pasta cruda. Il formaggio rimane avvolto nell’argilla fino a sette mesi, la stagionatura è di sei: ma ci sono forme che arrivano fino a trenta mesi mantenendo la loro freschezza.

Il Montiferru ha un formaggio molto caratteristico che tradizionalmente veniva prodotto dalle donne, lavorando il latte di vacca appena munto e impastando la cagliata nell’acqua bollente: il Casizolu. Il formaggio ha una forma iconica di pera panciuta e ha sentori di erba e boschi della zona. Il paese di riferimento è il borgo di Santu Lussurgiu e nelle sue campagne c’è un altro presidio importante: quello della razza sardo-modicana, il cosiddetto bue rosso. È un incrocio nato sul finire dell’Ottocento e per tanti anni è stato usato prevalentemente per il latte o come forza lavoro. La sua “forza” fisica ha reso la carne più dura di quella di altre razze ma grazie alla frollatura si riesce a ottenere un prodotto unico. Sono allevati allo stato semi-brado e quindi mangiano liberamente piante spontanee e arbusti della macchia mediterranea. La Barbagia è terra di allevamento e di formaggio e il Fiore sardo è considerato “il” prodotto dei pastori dell’Isola. A Gavoi, Ollolai, Ovodda, Lodine, Fonni e Orgosolo si possono assaporare prodotti artigianali eccezionali, magari all’interno degli ovili ospitati dai pastori della zona. Storicamente il formaggio veniva prodotto per le stagioni aride, quando le pecore non danno latte. È un prodotto che richiede tempo, gesti lenti, attenzione: e il risultato è a dir poco straordinario.

Non è un caso se diversi prodotti valorizzati dai presidi sono formaggi, vista l’importantissima tradizione che vantano nell’Isola. Tra i prodotti più caratteristici c’è la fresa, un formaggio ovino tipico di Ittiri – nel territorio compreso tra Sassari e Alghero. Il paese è su un altipiano di 450 metri ed è circondato da vallate rocciose, corsi d’acqua e laghi. Fresa deriva dal latino ‘fresus’, ovvero schiacciato. È un pecorino fresco – lavorato dal latte crudo – dalla forma cilindrica schiacciata, con una pasta morbida caratterizzata da note di yogurt e macchia mediterranea. Nell’Alta Baronia c’è un pecorino eccezionale realizzato in un’area poco popolata e dalla classica vocazione agropastorale. Si lavora con il latte ovino intero ed è pronto dopo due mesi: è un formaggio da tavola usato anche per condire i primi piatti; i suoi sentori ricordano la macchia mediterranea. Il pecorino di Osilo si produce con latte di pecore sarde, ha una forma più piccola e alta e una pastosità che si conserva anche con la stagionatura. Con il siero del latte si fa anche la ricotta mustìa, una ricotta leggermente affumicata dal sapore fresco e intenso.

C’è un agrume che si trova solo nell’Isola e in particolare nell’area del Comune di Siniscola. Il suo colore è giallo intenso e la buccia è granulosa. La pompìa esiste da qualche secolo – la prima sua citazione risale al 1780 – e cresce spontanea tra la macchia mediterranea e gli agrumeti. Una varietà che si è conservata perché viene usata per alcuni dolci tradizionali del paese. Viene usata anche per produrre liquori ma non per essere mangiata a spicchi o sotto forma di spremute (il sapore è molto più acido di quello del limone). Non è chiaro come sia nata questa varietà: forse è un ibrido naturale nato spontaneamente dall’incrocio di agrumi locali. Da assaggiare i frutti con la pompìa: ad esempio s’aranzata, una torta arricchita anche da mandorle e miele millefiori. E poi c’è lo zafferano, con l’eccellenza del territorio di San Gavino. Un prodotto che viene associato ad alcuni prodotti profondamente legati alle tradizioni culinarie dell’Isola: come i malloreddus, le pardulas, la fregula. I fiori si raccolgono tra la fine di ottobre e quella di novembre: gli stimmi sono di colore rosso scarlatto e – una volta raccolti con le dita leggermente unte di olio – si mettono a essicare.

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