DALLA FUGA DALLE FOIBE, ALL’ESODO, AL CALCIO: LA PARABOLA DI ERMINIO BERCARICH (1923- 1986) DA VALDARSA IN ISTRIA, EX BOMBER DI CAGLIARI E CARBOSARDA  E QUEL  LEGAME CON GIGI RIVA

Erminio Bercarich

Questa è una storia che sa di romanzo. Non a lieto fine. Una vita “all’ attacco” quella di Erminio Bercarich (1923- 1986). All’ attacco in tutti i sensi. Lui che, sostanzialmente, in tutta la sua carriera da calciatore ha avuto tre squadre di riferimento: la Reggina, in cui divenne la “Stella del Sud”, e la Sardegna, con il Cagliari, che contribuirà, a suon di reti, a riportare in B nel 1951-52 e la gloriosa Carbosarda di Perati che la B la sfiorerà con lui,  per la terza ed ultima volta, nel 1957-58. Lui, Bercarich, che non era né isolano,  né uomo del Sud. Ma che, in Calabria e Sardegna dovette adattarsi. Visto che era un esule. Un esule giuliano dalmata. Nato a Valdarsa, nella regione istriana orientale, nel 1923, nella Provincia di Pola. Non proprio un comune qualunque, ma l’unico, al tempo del Regno d’Italia, costituito appositamente per la tutela dell’antica minoranza ivi residente di lingua istrorumena. Lingua ed etnia, quest’ultima, tutelate dagli italiani, in risposta all’elemento slavo, prima protetto dal precedente sistema austro-ungarico. Bercarich nasce in Istria, in un territorio e comune particolare, con una minoranza linguistica ben definita, in un’area, che negli anni Trenta del XX secolo prosperava sia per le bonifiche approntate al vicino lago d’Arsa, sia per le attività estrattive delle miniere di Arsia fra le più importanti d’Italia e che avevano visto all’opera anche molti minatori sardi. Questo repentino sviluppo di un comune di 2000 abitanti, alle falde del Monte Maggiore, era stato voluto dall’allora sindaco italiano di Valdarsa, Andrea Glavina (1881- 1925), irredentista ed “apostolo degli istrorumeni”. Glavina, purtroppo, morirà nel 1925, quando Erminio Bercarich ha appena due anni.  Nel 1945, quindi, anche Erminio, che già giocava a Fiume nella locale squadra dell’Eneo, con la sua famiglia  saranno vittime di quei tristi avvenimenti del confine orientale italiano che sfoceranno nell’orrore delle foibe e nel dolore e nella vergogna dell’ Esodo di trecentomila italiani da un terra,  la Venezia Giulia, che sarebbe diventata altro.  Così come il suo paese, Valdarsa, “svuotato” delle due componenti italiana ed istrorumena ed ora denominato, in lingua croata Susgnevizza. Per l’esodo. Un dramma che segnerà inesorabilmente tutto il resto della sua vita.

Ebbene anche lui, Erminio, giovane calciatore ventitreenne, a seguito dei torbidi di quel periodo, deve abbandonare la sua terra.

E raggiungere Reggio Calabria. Dove inizia ad affermarsi come calciatore. Nonostante le privazioni. Nonostante l’Esodo. Contro tutti e contro tutto. Erminio, dal fisico possente, diventa la “Freccia del Sud”. Lui che non era del Sud. Alla Reggina è ancora, di gran lunga, il marcatore più prolifico della storia del club. In suo onore, nelle adiacenze dello stadio, vi è anche una via, via Erminio Bercarich. Dopo la Reggina, il Venezia ed il “profumo” della A. A Reggio Calabria Erminio vi “approda” in due parentesi. La prima volta, dal 1945 al 1949 e la seconda nella stagione calcistica 1958. Per un totale di 95 presenze e 71 reti. Record ancora imbattuto nella Reggina. Dopo gli amaranto, la “parabola” di questo giovane istriano esule, scampato ai “buchi neri”, sembra veramente “spiccare il volo”. Vi sono il Venezia e la Serie A. È la stagione 1949-50. Con i lagunari disputa 14 presenze e quattro reti. Poi, nella stagione 1950-51, si scende nuovamente nella Serie C con il Prato. È la terza serie con unico girone nazionale. In Toscana disputa una sola stagione, realizzando 27 reti in 29 incontri. Il tanto che basta per attirare le attenzioni del Cagliari, allora “caduto” in Serie C e desideroso di pronta risalita. E l’esule istriano non delude. Nelle due prime stagioni sarde, lascia il segno. Trenta reti nel 1951-52 in trentasei incontri in C, cui faranno seguito altre dodici realizzazioni in ventisette partite l’anno successivo in cadetteria. Bercarich riscopre in Sardegna, a Cagliari, dopo Valdarsa e Reggio Calabria, la sua “terza casa”. Prima di Riva, è lui l’idolo calcistico più ammirato ed osannato nell’ isola. E, Ancor prima e più di “Rombo di Tuono”, è sempre lui, attualmente, a guidare, a 71 anni di distanza, la classifica di miglior marcatore di sempre del Cagliari con ottima media realizzativa: 42 reti in 63 incontri.  Questi risultati conseguiti nell’ isola gli valgono un’altra opportunità in A. Questa volta a Legnano. Altro “strano” incrocio con “Rombo di Tuono”. La “Stella del Sud” istriana vi arriva quasi a fine carriera, con i “lilla” militanti ancora in massima serie, proveniente da Cagliari.  L'”hombre vertical” di Leggiuno vi arriverà qualche anno più tardi, nel 1962-63, con la squadra, ormai, da qualche stagione relegata in C. Ne partirà nel 1963-64 con destinazione Cagliari, prima in B e, poi, in A. E tutta la storia incredibile che, poi, sappiamo. Legnano, dunque, “crocevia” delle vicende e parabole calcistiche dei due più grandi bomber della storia del Cagliari. Entrambi con un’infanzia durissima alle spalle. Senza genitori e nei collegi per Riva. Senza casa, senza terra, da esule, per Bercarich. Ed il calcio sarà il riscatto. Per entrambi. Per Riva il solo. Per Bercarich, purtroppo, no. Bisogna aggiungervi le carte, il fumo e l’alcool. Segno evidente di ricordi istriani drammatici e mai sopiti.

Dopo l’esperienza di Legnano, nel biennio 1953- 55, fruttante dieci reti in 36 partite, si prospetta la romana Chinotto Neri in Quarta Serie. Esperienza ideale per “risollevarsi”. Undici reti in diciotto partite. Ed il ritorno in Sardegna. A Carbonia, questa volta. Nella Serie C a girone unico. Nella gloriosa ed ambiziosa Carbosarda di Stefano Perati che due anni prima, nel 1955-56, era giunta a trenta minuti dalla Serie B. In quella memorabile ultima sfida di campionato del 10 giugno 1956 in cui i minerari vengono sconfitti in trasferta dal Venezia. Perdendo la cadetteria. risultato mai raggiunto né eguagliato da nessun’ altra compagine calcistica professionistica sarda oltre, naturalmente, il Cagliari. Ed a Carbonia il calciatore istriano vive un’altra rinascita, sfiorando nuovamente la B nel 1957- 58 e lasciando il segno anche là: 25 reti realizzate in 45 incontri. Ancora la migliore media realizzativa nella storia della grande Carbosarda. Dopo il ritorno a Reggio per una breve parentesi, nel 1958-59, e dopo due anni di inattività, la parabola calcistica si chiude a Carbonia, al “richiamo” di quella gloriosa squadra ora non più denominata Carbosarda (la società mineraria era fallita da due anni) che non giocava più in C, ma in quarta divisione. Voluto sia dal tecnico Perati, che dal mitico capitano e bandiera Carlo Zoboli. Bercarich chiuderà la sua carriera nel 1961- 62 con altre tredici presenze ed una marcatura. Poi inizierà, purtroppo, anche la sua parabola discendente anche nella vita.  Dopo l’ultimo anno a Carbonia, rimane, dapprima, a vivere in Sardegna, per poi girovagare nel resto d’Italia. Anzi, si “trascina” a vivere finendo, però, poi, a causa dei suoi vizi, ai margini della società.  E tale vi era restato per quasi 25 anni, rischiando di morire da barbone, questa volta a Roma. Erano i primi giorni del 1985, il periodo della “grande nevicata del 1985” .  E Bercarich aveva rischiato di morire assiderato dentro una macchina a Porta Pia. E’ stata, poi, la grande azione di solidarietà mossa dal Cagliari del presidente Fausto Moi, sostenuto anche dagli ex calciatori rossoblù (tra cui Riva, allora con un ruolo in società) e del Carbonia a ridare dignità a questo simbolo del calcio del passato. Per cui il  il club rossoblù  arriverà ad assumere Bercarich come custode del Sant’Elia, uno stadio che lui, però, non aveva mai calcato. Ma che, in occasione di una partita di campionato di Serie B del 3 febbraio 1985, Cagliari- Triestina, una volta vistolo sbucare dal sottopasso a fianco del presidente Moi e di Riva, gli tributerà un riconoscente applauso. Per la cronaca, il modesto Cagliari di Ulivieri, era sceso in campo con la seguente formazione: Sorrentino, Lamagni, Venturi, Chinellato, Conca, Pusceddu, Loi, Poli, Quagliozzi, Crusco, Piras. Di contro, l’ottima Triestina di Giacomini in corsa per la A, schierata con: Bistazzoni, Biagini, Braghin, Costantini, Bagnato, Braglia, Moro, Dal Prà, Romano, De Falco, De Giorgis. Segnò Quagliozzi al 40′. Non proprio una partita qualunque, vista la storia di Bercarich e quello che Trieste e la Triestina rappresentavano per lui, esule istriano. Un ricordo, seppure parziale, della sua terra che non c’era più. “Ho portato fortuna al Cagliari”- ebbe a dire a fine gara. Peccato, però, che la fortuna non arriderà più a lui, visto che, poco più di un anno dopo da quella partita,  Bercarich morirà, anonimamente e di nuovo in solitudine, a Roma in un letto ospedaliero. Era il 1 settembre 1986. Aveva 64 anni.  Il Cagliari si accingeva, ironia della sorte, ad iniziare il suo più funesto campionato dell’era moderna, quello della stagione 1986-87 che culminerà con la retrocessione in C. Quella categoria da cui, l’istriano di Valdarsa Erminio Bercarich trentacinque anni prima aveva contribuito, a suon di reti, a tirar fuori.

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3 commenti

  1. Mariella Fonnesu

    Quale fuga?? Npn aveva nulla da temere se non si era macchiato di crimini contro i cittadini inermi come facevano gli invasori fascisti.

  2. L’ho visto più volte segnare direttamente dal corner!!!

  3. Li ha mandati mussolini a morire la,è inutile che cerchino di accusare altri, comandava il porco e il porco li ha mandati sia nell’ex Iugoslavia che ad occupare la Russia.

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