La Sardegna raccontata attraverso la musica strumentale e vocale tradizionale, in un excursus storico che va dai tempi antichi fino alle evoluzioni dei linguaggi musicali in epoca più recente.
Se ne è parlato all’Isre di Nuoro nell’ultimo incontro del programma “Musas e Terras” promosso dall’associazione Campos con l’Università di Cagliari e l’Istituto superiore etnografico della Sardegna.
Davanti a una platea di studenti liceali, protagonisti anche di intermezzi musicali e vocali, studiosi e musicologi si sono alternati per spiegare i cambiamenti avvenuti negli anni: Marco Lutzu e Roberto Milleddu, docenti di Etnomusicologia rispettivamente all’Università e al Conservatorio di Cagliari, Roberto Corona, suonatore di launeddas, Tonino Leoni, studioso di ballo sardo, Carlo Boeddu, esperto di strumenti a mantice.
“Con il tempo che cambia sono cambiate e si sono evolute anche le musiche tradizionali sarde – ha sottolineato Lutzu – Prendiamo le launeddas e gli strumenti a mantice come gli organetti e le fisarmoniche: negli ultimi decenni si sono evoluti sia per la forza creativa dei suonatori, che per le contaminazioni e sperimentazioni con altri musicisti, in testa gli artisti jazz”.
“Sugli strumenti a mantice – ha aggiunto – abbiamo solo 100 anni di documentazione, mentre sui canti a tenores ne abbiamo tremila.
Oggi sulle launeddas e sui tenores si sono inseriti gli strumenti a mantice che non li sostituiscono ma convivono insieme”. Importante per il docente, “trasmettere ai ragazzi la storia della musica che è cultura: conoscere la nostra musica tradizionale significa anche conoscere i sardi e la propria storia”. Un aspetto, quello delle nuove generazioni, caro anche al presidente dell’Isre Stefano Lavra: “Ritengo che i giovani debbano conoscere la propria storia musicale e la debbano ascoltare accanto a tutte le altre musiche di cui sono subissati. Attingere da fonti diverse – ha chiarito – significa intrecciare un dialogo arricchente tra tradizione e innovazione”.
Sulla storia degli strumenti a mantice si è soffermato il prof. Roberto Milleddu: “Sono figli dell’epoca industriale, quando si sono diffusi in tutta Europa compresa la Sardegna, e oggi sono gli strumenti principali per accompagnare il ballo sardo. Da noi sono strumenti che convivono con le launeddas e i canti a tenores, mentre in molti casi hanno scalzato strumenti antichi, come la zampogna ad esempio. Naturalmente modellano le pratiche musicali preesistenti: l’effetto innovazione è stato potentissimo anche in Sardegna”.