di GIANRAIMONDO FARINA
La prima Giornata Premio Nobel venne istituita il 10 dicembre 1901, con la premiazione del Premio Nobel della Pace a Oslo in Norvegia. Da allora si festeggia il 10 dicembre di ogni anno con una solenne celebrazione di respiro internazionale. Lo scopo è premiare coloro che nel corso dell’anno si sono contraddistinti con il loro lavoro, le loro azioni e il loro impegno a sostegno dell’umanità. Ed è molto significativo rimarcare come, a distanza di 122 anni, le cose siano, di fatto, rimaste tali e quali: celebrare coloro che, per i propri meriti, si sono impegnati per il progresso umano e civile del mondo. Innanzitutto per la Pace, per la Letteratura, per la Medicin, per la Chimica e per la Fisica. Ma non per l’Economia, che avvenne solo nel 1969. Ma quale fu’ la “molla” che portò un industriale delle armi, tale era Alfred Nobel (Stoccolma, 1833- Sanremo 10 Dicembre 1896), a volere questo premio? Senza girarci intorno, parliamo di lui come di un grande imprenditore, di dinastia, e di un grande chimico, inventore della dinamite. Questo avvantaggiato anche dalle “fortune” dell’attività di famiglia svolte, grazie all’ intraprendenza del padre Immanuel alle dipendenze del governo zarista russo presso cui la famiglia svedese si era rifugiata nella seconda metà del XIX secolo. E da cui otterrà vari riconoscimenti e prebende. Come la costruzione degli armamenti per la Guerra di Crimea ed il controllo dei giacimenti petroliferi a Baku in Azerbaijan. Con i Nobel che diventeranno fra i primi magnati del petrolio in età moderna. A “cambiare” la vita di Alfred Nobel sarà l’invenzione ricordata della dinamite, nel 1863 ma brevettata nel 1867, preceduta dalla prematura morte del giovane fratello Emile. Il tutto avvenne in un anonimo stabilimento tedesco. E qui entrerà nella sua vita anche una parte d’Italia. Non trascurabile, peraltro. L’invenzione gli consentì, in breve tempo, di aprire società e laboratori in una ventina di paesi esteri, fra cui uno dei più grandi stabilimenti proprio in Italia, presso la località Valloja di Avigliana, nelle vicinanze di Torino. E dando spazio e riconoscimento anche al collega chimico torinese Sobrero inventore della nitroglicerina. Assommando la disponibilità dei suoi allora 360 brevetti industriali, Nobel diventò un ricco imprenditore, acquistando anche la Saab Bofors Dynamics, una grande industria svedese. Dopo la morte del padre, Nobel continuò sia i suoi affari che i suoi esperimenti. Fino a che non giunse a conoscenza della sua segretaria pacifista Bertha von Suttner e, soprattutto, fino a quando non lesse quel violentissimo necrologio rivolto da un quotidiano francese a lui il 12 Aprile 1888 che fungerà da storia di un incredibile equivoco. Il titolo, durissimo e sprezzante era riferito a lui, Alfred Nobel, definito un “mercante di morte” senza scrupoli. In realtà a morire fu l’altro fratello Ludving. Per Alfred, invece, l’inizio di una profonda “riconversione” della propria persona e della propria attività economica. Da qui il senso ed il significato del suo famoso testamento, sottoscritto il 27 novembre 1895, con il quale istituì quei riconoscimenti che sono diventati noti come premi Nobel. Ed anche quel patrimonio ingente, stimato intorno ai trenta milioni di corone svedesi, corrispondente a circa 180 milioni di euro odierni, entrava di diritto a fungere da “linfa iniziale” per tutti i futuri “Nobel” di Pace, di Letteratura, di Chimica, di Medicina, di Fisica e di Economia del Mondo. E questo spiega anche il perché una donna di un’isola allora quasi sconosciuta, di un interno selvaggio ed ancestrale, come Grazia Deledda poté, senza alcun grado di istruzione, ottenere il Nobel per la Letteratura nel lontano 1926. Con una rivoluzione culturale di ancora amplissimo rilievo. Sarà, appunto quest’isola, allora “lontana dal mondo”, trattata alla stregua di colonia nel primo cinquantennio postunitario, ad essere da lei riconosciuta e ringraziata come “santa”. Un commovente riconoscimento d’amore ben racchiuso in queste frasi: “Se io conto qualcosa nella letteratura italiana, lo devo tutto alla mia isola santa. Sono piccina piccina, (..) sono piccola anche in confronto delle donne sarde, ma sono ardita e coraggiosa come un gigante”.
Senza dimenticare che il primo ed unico italiano ad aver avuto il “Nobel” per la Pace (e fra i primissimi in assoluto a riceverlo, nel 1907) fu Ernesto Teodoro Moneta (1833- 1918), milanese, di nobile famiglia, patriota risorgimentale, giornalista e direttore del “Secolo”. Nonché coetaneo di Nobel. L’aver visto, durante le Cinque Giornate di Milano del 1848 morire tra le sue braccia lo porterà ad intraprendere la sua personalissima strada per la Pace. Strada ben delineata da questa sua prefazione alla sua opera “Le Guerre”, in cui ben emerge la figura di patriota e pacifista quale egli fu. Un monito ed un esempio per tutti noi. Scrive Moneta: “Ritornando a coloro che forse si meraviglieranno, che mentre in molte pagine combattiamo il culto della guerra, in altre si esalta il coraggio dei combattenti per la libertà e per la patria, e si indicano i fattori della vittoria, l’autore risponde che la pace, al cui trionfo ha dedicato tutte le sue forze, deve essere la pace dei liberi e dei forti….Coltivare perciò il coraggio, la costanza, lo spirito di sacrificio, la disciplina, tutte le virtù che danno ai popoli la coscienza della propria forza e il fermo proposito di far valere il proprio diritto, sarà anche nel presente secolo fra i più validi fattori di quella stabile pace, la quale preparerà la via alla federazione universale.” Ernesto Teodoro Moneta riposa nel cimitero di Missaglia, “cuore” di Brianza. Nella tomba di famiglia. Nella pace e nel verde delle colline moreniche prealpine.
Grazie Gianni e complimenti per la sintetica e chiara esposizione che dona preziosita al tuo commento non tralasciando un gagliardo tocco alla nostra amata terra.
Confidiamo sempre nelle ragioni della pace.