LO SCULTORE DELLE CIRCOSTANZE: ALFONSO SILBA, AUTORE DELL’ARTE SACRA CONTEMPORANEA

Alfonso Silba

Con oltre cinquant’anni di carriera, e la portata di una produzione artistica di tutto rispetto, Alfonso Silbadetto Nino, gravita negli ambienti della cultura nazionale e, solo per parlare di Milano, sfila dalla sala Bergognone in Santa Maria Incoronata, splendida chiesa del Quattrocento, al prestigio Circolo della Stampa di corso Venezia. Con edificazioni che sostanzialmente interrogano grandi temi sociali, i classici della letteratura universale, l’artista fa della Sardegna la sua personalissima piattaforma di ispirazioni, centro d’elezione di un’arte poliedrica ricca di forme e colori.

Nato ad Avellino e formato nella scuola di Filippo de Jorio, si diploma nell’Istituto d’arte e, a ventidue anni, decide di stabilirsi sull’isola dedicandosi all’insegnamento. Dall’accademia di Napoli supera l’esame di abilitazione con più di 600 candidature e, dietro consiglio dell’amico di Nuoro, fa domanda di trasferimento. È un giovane e promettente navigante, disposto a fluttuare sfidando le pieghe della generazione che fa dell’arte un vessillo, corteggiato dai nomi emergenti della nuova controcultura, è per la Sardegna che rinuncerà all’America di Dallas e all’incarico di amministrare un’enorme galleria d’arte. «Ricordo Houston e le sue strade smisurate, spazi disorientanti, zero umanità, – racconta Alfonso Silba – scelgo così di stare in una terra dove si privilegia il rapporto umano e oggi sono ancora più convinto che la miglior forma di investimento sia quella tra le affinità vere.»

Firma la scultura in bronzo della porta di una delle chiese presenti a Orosei, è la Chiesa di San Giacomo Apostolo. In vent’anni di insegnamento convive con l’idea di recupero di quel valore storico straordinariamente presente sul territorio e ne è, per certi versi, ossessionato. Infatti, amalgamando intere scolaresche, rendendole cioè partecipi e insieme una platea assetata di notizie, il Silba professore si manifesta appieno nell’artista concettuale che mette a punto un metodo, tra l’esplorativo e il fattivo, in grado di stravolgere l’intera liturgia di ogni apprendimento facendone un bisogno, più che altro, avvertito dagli allievi.

Ha un catalogo a lui dedicato dell’Istituto Etnografico Superiore della Sardegna ed è presente in numerose pubblicazioni a livello nazionale e internazionale. Di lui Vittorio Sgarbi dichiara che ha le idee piuttosto chiare. «Sì, con Vittorio sono grandi discussioni, – spiega l’artista – conservo una sua autentica autografa che cita: “A Nino, che sa cosa vuole”. E’ andata così dopo un diverbio con lo storico dell’arte più famoso d’Italia.»     

Frequentatore e leader del centro studi Giuseppe Guiso, accanto all’attuale presidente Carmen Deidda, affronta, con la sua concezione sull’are, importanti riflessioni. Ad esempio la nuova diaspora che si abbatte sulla Penisola, sui nostri confini esposti alle terre al di fuori di noi, affronta la perdita d’identità degli individui nella società; con la mostra Forgotten souls, ad esempio, punta il faro su un’umanità sempre più inconsapevolmente stritolata da meccanismi socio-politici; Noi invisibili, anime dimenticate, è la traduzione di una tra le sue più note retrospettive che ha avuto corso nella provincia di Nuoro nell’incanto del Monte Granatico. Ma molte altre sono state realizzate in giro per l’Italia, come la collettiva in occasione della 57ma Biennale di Venezia, accanto a Renato Bugiotti e Carmelo Rizzio; a partire da dicembre, la prossima personale di Alfonso Silba si terrà a Brescia Capitale della Cultura.

Il protagonista della scena dell’arte sarda e nazionale, che è anche incisore e ceramista, si racconta generosamente: le formelle realizzate narrano nel portale della chiesa di San Giacomo Maggiore, di una ricerca fortemente influenzata dall’ incontro con Costantino Nivola. Tra i suoi lavori più noti figura il ciclo di opere in ceramiche e gli altorilievi destinati alle chiese, a questo si aggiunge un corpus mitologico, “Mythos”, eseguito successivamente e composto da dipinti che evocano la saga omerica in uno struggente contrasto tra materia e forma.

L’autore di una fra le più significative realizzazioni dell’arte sacra contemporanea afferma: «I miei sono affondi sono tra sacro e profano, tra la mitologia greca e la fede cristiana.»

Perché è in questa deriva che si srotola il ciclo delle nostre esistenze, dove rintraccia legami fortissimi tra Divina Commedia e simbolismo sardo, a prova che qualcosa di tragico e misterioso permane nel mito.

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