di TONINO OPPES
Francesco Alziator è stato un protagonista di primo piano della vita culturale sarda del Novecento, in particolare dagli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta quando ci ha lasciato in eredità una vasta produzione scientifica e letteraria. Antropologo, insegnante di Lettere nelle scuole superiori, a lungo docente di Storia delle tradizioni popolari all’Università di Sassari, si è occupato diffusamente dell’Isola ma soprattutto della sua città, Cagliari, che ha raccontato con rigore scientifico ma anche con aneddoti, leggende, poesie popolareggianti e storie minime quasi seguendo i canoni della narrazione orale che è quella che indistintamente arriva a tutti.
Sono arrivato a Cagliari qualche mese dopo la sua scomparsa, nel 1977.
Non ho fatto in tempo a conoscerlo e quindi il mio rapporto con lui è quello classico che si crea tra scrittore e lettore. Il mio primo incontro con Alziator scrittore… risale al 78 quando mi fu regalato il Folklore sardo (ri-edito proprio quell’anno dalla Editrice Dessì di Sassari, ma che aveva avuto una prima pubblicazione nel 57 con la casa editrice cagliaritana La zattera).
Quel libro resta una delle opere più importanti per chi si vuole avvicinare allo studio della scienza demologica, e soprattutto alla conoscenza delle tradizioni della nostra Isola in cui compaiono storie di vita, vita sociale, la famiglia, il lavoro, fiabe e riti legati alla nascita e alla morte.
Come tutti gli altri, anche quel libro, ha un grandissimo merito: farsi leggere da tutti. Questo è un dono che Francesco Alziator possedeva e che regalava ai lettori; quando scriveva si faceva capire anche da chi non aveva sufficienti strumenti culturali: non è una cosa di poco conto e neppure scontata.
La città del sole (prima edizione 1963: il libro dunque ha compiuto 60 anni) e L’Elefante sulla Torre (prima edizione postuma, del 78), sono le sue opere più lette. Cagliari diventa il cuore della sardità, il centro in cui usi e tradizioni diventano un corpo solo e diventano documento storico da consultare per conoscere meglio la città che non c’è più. Leggere quei testi oggi (anche se tutto può sembrare evocativo) è come compiere un viaggio nella memoria.
La città del sole. Qui Francesco Alziator fissa i suoi lavori sulle tappe principali dell’esistenza umana, dalla nascita fino alla morte. Proprio come aveva fatto con il Folklore sardo ma, stavolta, restringendo il campo d’azione alla città; sempre analizzando, ma ampliandoli notevolmente, temi a lui cari: il ciclo dell’uomo con tutti i riti di passaggio fino al termine della vita, la medicina popolare, i sortilegi, mazzinos e malifattus, mutettus, dicios e is disigius da soddisfare delle donne incinte per proteggere su pippiu che sta per nascere, i passatempi, l’arte, il rapporto con la magia e la cultura.
Il titolo del libro, lo spiega nell’introduzione, è un pretesto. Avrebbe dovuto intitolarsi “saggi sulla tradizione popolare di una città” oppure “sistemazione metodologica del folklore cagliaritano” o qualcos’altro del genere. Allora, bisogna riconoscere come la scelta del titolo definitivo (che pare sia nato nella redazione de L’Unione sarda) sia stata quella giusta con il richiamo alla città immaginaria di Tommaso Campanella, d’altronde “Il sole (è) come destino che splende sulla città”. La prima edizione è del 1963 ed è curata da La Zattera, poi negli anni ci sono state le edizioni Dessì e Zonza.
Rispetto a La città del sole, L’elefante sulla torre è un viaggio ancora più mirato dentro la città. Si attraversa l’area urbana e si va oltre i quartieri storici, verso la periferia che è “tutta un arazzo di case spesso venute su senza ordito né trama … anche se le bellezze di Cagliari sono tante ma la maggiore, la più straordinaria delle meraviglie della città non è opera dell’uomo… ma è il suo cielo.”
Sembrano pennellate di un impressionista (che è dentro la tradizione e la realtà) le descrizioni sui quartieri storici: “Villanova è innanzitutto una fisionomia di tetti… il mare delle casette basse con il solo il terreno e il tetto a spiovente che fanno paese in pieno centro, originali e coloriti i nomi delle contrade del secolo scorso s’Arruga de Bric, de Piccionis.. s’arruga de is Argiolas… Villanova è proprio il vero volto di Cagliari: in Piazza San Giacomo, all’ombra delle tre chiese dominate dal campanile catalano, nei giardini chiusi, nelle vie lunghe, nelle viuzze strette… ecco la città pedonalizzata! Villanova è anche il regno dell’aroma di salsiccia.
Nelle vecchie vie spagnolesche del Castello o della Marina i balconi diffondono profumi di basilico e garofano. Castello è un sentimento della memoria, un ricordare attraverso il cuore. Per questo il castello è eterno, custode di ricordi…
La Marina è un concentrato di passato, un estratto carico di storia, anzi, perfino di preistoria. Nella Marina ci sono tracce di ogni tempo e di molte genti… è una visione della vita tutta particolare.
Stampace, se la tradizione è vera, Stampace dovrebbe essere il quartiere più antico di tutta la città, ma se anche la tradizione non fosse vera l’importante è che abbia avuto tanto peso per arrivare fino a noi. Certo è che è stato sempre il rione più autentico custodie di storie e di tradizione che “non è culto delle ceneri di un fuoco che si va spegnendo, ma- come dice il compositore austriaco Gustav Mahler- è custodia del fuoco stesso anche se, come ammoniva Salvatore Satta, “il guaio dei nostri tempi è che abbiamo reso tutte le cose del passato senza importanza.”
Ma è proprio Alziator, nei suoi lavori, a sottolinearne l’importanza quando dice che: “La tradizione popolare è un prodotto della storia.”
Rileggere Alziator oggi è come riscoprire quel passato fatto anche di parole in casteddaiu (che lui usava spesso e che raccontano la vita de su bixinau); parole utili anch’esse per recuperare piccole storie che si vanno perdendo ma vanno salvaguardate perché appartengono alla Storia complessiva della città che si recupera attraverso “i sentieri della memoria”, per dirla con il titolo di un altro suo pregevolissimo libro sempre più raro e che merita una ristampa…
Qui ci dice che “La memoria è come un gioco d’acqua che suscita zampilli che si muovono in continuazione… l’acqua è la stessa eppure si presenta sempre diversa. Sono così i giochi della memoria che ti riportano sempre alle stesse sorgenti.”
Dunque l’infanzia come serbatoio di ricordi, custoditi nella casa di via Lamarmora, quando il Bastione era la vita.
Com’è la città narrata da Francesco Alziator?
È tutta pedonalizzata, da visitare a piedi. E, in effetti, solo così si scoprono i suoi segreti, si ricreano vecchie atmosfere, si osservano gli angoli più nascosti e si possono cogliere i profumi che provengono dalle case e si liberano nell’aria.
Perché leggere Alziator, oggi?
La lettura dei suoi libri regala una piacevole sensazione di viaggio nel passato, nel senso che leggendo ci si sente come proiettati in quel luogo di cui lui ti parla, e se si ascoltano le sue parole sembra quasi di stare dentro quelle strade a incrociare sguardi, a osservare balconi e perché no? ad assaporare i profumi che arrivavano dalle cucine delle case basse. In fondo, diceva, anche gli odori – che hanno vita e morte – sono parte dell’esistenza umana e raccontano la vita, i quartieri di una città.
Di sicuro Francesco Alziator è stato il cantore di Cagliari, o se volete, il poeta della città come lo aveva definito Antonio Romagnino, un altro protagonista che Cagliari non può dimenticare.