Il Presidente del Gremio dei Sardi di Roma, Antonio Maria Masia e nel riquadro Evaristo Madeddu
di LUISA SABA
Quando il Gremio dei Sardi propone di dedicare l’incontro dalla presentazione del corposo Epistolario di Evaristo Madeddu, curato da Andrea Bobbio e Paolo Gheda, edito dalla Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna in Cagliari nel 2022, pochi conoscono la vicenda dell’Opera Evaristiana e la figura di Evaristo Madeddu, il Fondatore, se non come (è il mio caso) quella particolare Compagnia di religiosi e laici che in quel di Serramanna in Sardegna produce uno squisito vermentino!
Dopo la presentazione di Marco Piludu e della sorella suor Margherita Piludu che oggi rappresentano la Compagnia nella componente maschile (Evaristiani) e femminile (Evaristiane), in una sala Italia gremita, attentissima e ansiosa di conoscere. Il Prof Gaspare Mura traccia il profilo del suo Fondatore, delineando la figura di un uomo meraviglioso, che ha anticipato un secolo fa temi ecclesiali e sfide sociali oggi portate al centro della vita cristiana sia dal Concilio Vaticano Secondo che dalla riconversione ecologica predicata oggi da Papa Francesco.
L’ incontro ha comunicato ai presenti, senza dubbio a chi scrive, sentimenti di simpatia e ammirazione per i valori che la biografia e il racconto di Madeddu metteva in risalto, ed anche emozioni per la bellezza di uno speciale modo di vivere comunitario, tra preghiera e lavoro, sull’esempio del motto benedettino: “ora et labora et lege” “(prega, lavora e leggi)”, di fare famiglia, che traspariva dal canto gioioso che inaspettatamente le suore Evaristiane hanno intonato a chiusura della serata. Che bello vedere delle suore felici come bambine in una gita premio, affiancate da uomini, consacrati e no, che le trattano con amorevolezza e rispetto! Sarà uno dei frutti di quella attenzione ai valori di genere, caratterizzati dall’approccio femminile alla cura e all’educazione, tanto cari a Beniamina Piredda, cofondatrice con Evaristo della Compagnia del Sacro Cuore.
Ma come capire e meglio conoscere questa straordinaria esperienza che è capace di bucarci il cuore nonostante la modestia praticata da chi oggi la porta avanti, l’assenza di protagonismo nei palcoscenici mediatici, la ricerca di finanziamenti tramite numeri speciali o iniziative eclatanti con cui oggi si sostengono la maggior parte delle associazioni no profit di orientamento laico e/o religioso.
Mi avventuro nella lettura dell’Epistolario, quattro corposi volumi che raccolgono per la prima volta in forma integrale tutte le lettere di Evaristo Madeddu conservate nell’Archivio della Compagnia del Sacro Cuore. Attraverso questo ricchissimo epistolario datato, circonstanziato e riprodotto con rigore editoriale, rispettando il più possibile la volontà comunicativa del suo autore, i due curatori dell’opera, Andrea Bobbio, professore di Pedagogia della infanzia e di filosofia dell’ educazione e Paolo Gheda, studioso di Storia contemporanea e delle Istituzioni civili e religiose, ci consegnano la storia di un uomo, un missionario laico, che aprì prospettive pedagogiche e modelli di partecipazione ecclesiale per certi aspetti profetici.
L’Epistolario si apre con una preziosa introduzione divisa in due parti, la prima dedicata a illustrare l’umanesimo pedagogico di Evaristo Madeddu, la seconda a tracciarne il profilo biografico. Nella prima parte vengono messi in evidenza gli approcci pedagogici imperniati sul concetto di ecologia integrale dello sviluppo umano, su modelli didattici fondati sulla scuola del bello e della natura, descrizione di esperienze didattiche realizzate fuori dalle mura, aziende agricole tra orti mare natura realizzate in ambiti strettamente inseriti nelle culture locali e nel rispetto degli usi delle comunità rurali. La seconda parte, ovvero la biografia di Evaristo analizza il percorso accidentato da difficoltà economiche, da pregiudizi di ogni tipo, ma soprattutto dalla rigidità e opposizione della struttura gerarchica della Chiesa sarda, attraverso il quale per mezzo secolo si snoda la vita del fondatore della Compagnia del Sacro Cuore. Evaristo riuscì a superare le rigidità della Chiesa ufficiale senza tuttavia mancarle mai di ubbidienza, ad andare oltre i pregiudizi della società sarda chiusa e classista, come quella dei primi anni del 900, aprendo un confronto umile e sapiente con gli intellettuali miscredenti di un mondo che si stava secolarizzando. Portatore di una cultura filosofica e teologica maturata in larga misura da autodidatta curioso dell’universo mondo, Evaristo ebbe un primo contatto con giovani universitari residenti a Cagliari nella casa degli Studenti e da qui partì la spinta a occuparsi di percorsi formativi ed educativi per giovani, estendendo in seguito le preoccupazioni pedagogiche ai più piccoli e via via a quelli meno fortunati e invisibili alla società del tempo. Lo erano i bambini illegittimi, nati fuori da regolari matrimoni, accomunati ai bambini affetti da gravi patologie e ai bambini poveri quando la povertà era ancora considerata una colpa sociale. Evaristo si sposò con una donna molto più anziana di lui con un patto di verginità che consentiva a quella donna, Beniamina Piredda, di vivere accanto a Evaristo e partecipare con i suoi beni e le sue energie ad un comune progetto filantropico, pedagogico e associativo, a non farsi condizionare nella scelta di operazioni economiche (creazione di asili, ripristino di locali o abitazioni, acquisto di terreni…) da finanziamenti esterni preferendo assumersi il rischio imprenditoriale per garantirsi indipendenza dalle istituzioni civili e religiose nei campi in cui operava. Con quelle istituzioni, comprese quelle fasciste, e con la gerarchia ecclesiastica che gli fu quasi sempre avversa e avara di riconoscimenti ufficiali, Evaristo Madeddu ebbe un atteggiamento di pazienza evangelica e di profonda umiltà, intendendo per questa non la acquiescenza a poteri forti, ma la consapevolezza che i propri umani limiti si possono superare solo con il sostegno divino. Pratica di umiltà era rappresentata anche dalla priorità da dare alle opere da realizzare partendo dall’ascolto dei bisogni più terreni e basilari, casa, salute, cibo, educazione, con la loro soddisfazione Evaristo confidava di portare le persone a elevarsi verso quei bisogni spirituali, arte, bellezza, compassione carità, fratellanza, che avvicinano l’uomo a Dio.
Ma resta ancora da scrivere un capitolo, quello relativo al come Evaristo Madeddu diede vita al sogno di intrecciare pedagogia, lavoro e spiritualità, di realizzare un modo di stare nella Chiesa e servire il Vangelo inverandolo nelle pratiche quotidiane di cura assistenza, educazione e lavoro. Certamente Evaristo Madeddu crea un modello integrale, che si ispira alla unità tra pensiero e azione nei vari ambiti che tocca la Compagnia, quello della cura, della scuola, dell’impresa. Evaristo riuscì a coinvolgere molti laici nella realizzazione di azioni educative e pastorali affidate come ministeri, fino al Concilio vaticano II, ai sacerdoti consacrati. “Gli manca solo la Messa”, dicevano di Evaristo i suoi amici, colpiti da quello spirito evangelico con cui portava avanti ogni suo impegno, lo spirito di quel sacerdozio comune che appartiene a tutti i credenti, espressione della missione di ogni cristiano nel mondo attuale, come vuole l’enciclica conciliare Lumen Gentium. “Ciò che è l’anima nel corpo, questo siano i cristiani nel mondo!” Evaristo aveva anticipato i tempi, esercitando il suo apostolato laico sia in campo spirituale che in campo temporale, facendolo sia in maniera individuale che in maniera collettiva, associando a questo apostolato laico tutta la sua famiglia evaristiana.
Di che famiglia parliamo? Parliamo di un gruppo e poi di gruppi di persone, che a Cagliari, Mandas, Oristano, Serramanna, Putzu Idu, si riuniscono attratti dal carisma del Fondatore per dar vita a una comunità, una famiglia, che realizza e diffonde il sogno di Evaristo, la fraternità evangelica. Il concetto di fraternità, insieme a quello di libertà e uguaglianza, ha ispirato la cultura europea dalla rivoluzione francese in poi, ma le democrazie occidentali sono cresciute sviluppando i valori di uguaglianza e di libertà senza riuscire tuttavia a dar vita all’amicizia sociale e tanto meno alla fraternità, valori che richiedono per loro natura il ricorso ad un meta pensiero, a una visione della vita non incasellabile in principi giuridici o in un contesto pur condiviso di diritti/doveri!. “Fratelli tutti” e “Evangeli Gaudium” sono l’invito di Papa Francesco a ripartire dall’amore e dallo Spirito fraterno, valori trascendentali che si propongono a tutti, religiosi e laici, per realizzare modi di vivere insieme dove l’annuncio della Parola si affianca all’incontro con l’Altro, al dialogo con il diverso, all’ apertura e trasformazione dei rapporti umani. Questo modello è ancora in costruzione, ma Evaristo Madeddu, i suoi amici, le suore Evaristiane, ne hanno gettato le fondamenta e ci dicono con umiltà come si può farlo crescere.
Grazie famiglie Evaristiane, grazie curatori per aver portato alla nostra attenzione la grande figura laica e religiosa di Evaristo Madeddu, ancora non adeguatamente nota anche in Sardegna. Ora posso dire da sarda e in tanti abbiamo detto: ho recuperato, abbiamo recuperato un vuoto di conoscenza, un vuoto culturale che è il caso di andare a colmare leggendo le numerosissime lettere di Evaristo Madeddu
Che sorpresa! Che conoscenza! Non perdiamoci di vista e incontriamoci ancora! Sono state le espressioni più ricorrenti durante il brindisi finale con il carasau e il pecorino e soprattutto con un bicchiere dello squisito vermentino che producete nel Tancato, e di cui ci avete fatto gentile omaggio per l’occasione.
Era lo zio di mio padre, l’ho conosciuto, avevo solo 10 anni!
Un uomo che non dimenticherò mai
x la sua dolcezza, e non dimenticherò mai, la sua stanza con molti pennelli,tubi enormi di colore,e tantissimi quadri fatti da lui!