LA VITA TRA I BANCHI, LA FAMIGLIA, I RICORDI PIU’ BELLI: COSI’ MAESTRA MARGHERITA MOLEDDA RACCONTAVA

Margherita Moledda

Margherita Moledda, scomparsa il 29 ottobre 2022, era nata a Nuoro nel luglio del 1927. Aveva appena compiuto 95 anni quando, felice di raccontarsi, mi accolse nella sua grande casa che si affaccia fra via Malta e via Montanaru poco distante dalla scuola elementare di Santu Predu dove aveva insegnato per 30 anni.

Aveva 13 anni quando la famiglia, che fino a quel momento aveva abitato nei pressi della parrocchia del Rosario, si era trasferita in via Cedrino.

“Ho sofferto molto – raccontava -, per essermi allontanata da quel vicinato. Non l’ho mai dimenticato. Come avrei potuto! Soe nugoresa, nugoresa.

C’era una piazza grande con una bella fontana, bastava de fruschiare e dae cada janna essiana pizzinnos a muntones, totus fimos jocalleris. Con noi anche i fratellini piccoli altrimenti non ci facevano uscire. Salivamo a troppas sui carri di passaggio jubilandhe “Ziu a nos piccais a carru? Quando sos carrulantes arrivavano a destinazione, ghiravamus iscurtas cantandhe: Andhandhe a carru e ghirandhe a pede”.

Cosa rimpiange? “I giochi spensierati che si interrompevano solo al richiamo della cena e la solidarietà tra le famiglie, l’uno era per l’altro. Ci conoscevamo tutti. Bi viti su bichinau e arrazza ‘e bichinau. Se qualcuno di noi faceva carchi mancanziedda e nor davana una sculivitta, candho ghiravamos a domo, babbos nostros e mamas nostras nor davana su restu”.

Diplomata nel ‘45, prima nomina a Brunella frazione di Torpé di cui ignorava perfino l’esistenza. “Non fipo mai essia dae domo”. Era la maggiore di sei figli e doveva lavorare. Ricorda zia Pauledda, la premurosa padrona di casa, una vecchietta che la chiamava sa signorina mia.

Il primo stipendio di 2000 lire che effetto le ha fatto? “Ritrovarmi quei soldi in tasca è stato bellissimo. Li ho mandati a casa, mio padre era contadino e seminava il grano e col grano si poteva barattare tutto”.

Due anni di insegnamento a Brunella con 10 alunni spalmati su 4 classi, qualche mese a Olzai e Desulo, poi nomina ad Austis, un paesino povero, una bidda lezzedda piena di animali. Lì ha conosciuto il suo futuro marito, Tonino (Antonio) Delogu. Era di Pattada, unu commente si toccata. Ricordava le passeggiate lungo lo stradone con i colleghi e lui che si portava sempre al suo fianco.

L’ha corteggiata?  “Non mi ha manco corteggiata. Avevo contratto la febbre tifoide e lui era andato a Sorgono in bicicletta a portarmi le medicine. Il giorno che ho ripreso a lavorare, vidi tanta gente fuori dal portone. “Signorì, c’è una novità- mi disse la padrona di casa, signora Beatrice, indicandomi una lunga scia di paglia (s’apazonzu rendeva di dominio pubblico una relazione sentimentale) che univa la mia abitazione a quella di Boreddu Turcu, il padrone di casa di Tonino. “Sa zente in bidda e nandhe chi sezis amorandhe”. Ancor prima di noi aveva deciso il paese.

Quando la mattina ci incontrammo, entrambi eravamo pervasi da un forte imbarazzo. “Eh Margherì – mi disse Tonino -, hai visto cosa stanno dicendo? Tu cosa ne dici”? “Io non dico proprio niente” risposi rifugiandomi in classe. Le bambine mi accolsero battendo le mani e cantando: “Auguri maé, auguri maé, siete belli, siete belli insieme, auguri, auguri”. Da quel momento ero fidanzata con Tonino”.

Ma poi lui si è dichiarato? “Si, con una semplice letterina di poche parole”. 

Superato il concorso, i due giovani si sono sposati nel 1952 nella chiesa del Rosario, 23 anni lei, 28 lui. Nel 1955, ottenuto il ricongiungimento al coniuge, Margherita lasciò Silanus per Nuoro. 

Come era la scuola di allora?  “Le classi erano molto numerose, talvolta di 30 alunni e le bambine venivano separate dai maschietti. Era bella, basata sul rispetto reciproco, oggi quel rispetto sta venendo sempre meno. Ho un ricordo bellissimo dei miei ragazzi, alcuni vengono ancora a trovarmi”.

I ricordi più belli? “Le feste con i bambini. A novembre, per la festa degli alberi si mettevano a dimora le piantine in cortile oppure si andava tutti in fila verso Ugolio. Il 17 gennaio per Sant’Antonio si faceva il fuoco nel piazzale della scuola. Ognuno portava qualcosa, le mamme su pistiddu, le arance e i fatti fritti. I padri, la maggior parte erano contadini, portavano i tronchi coi carri e preparavano il fuoco attorno al quale la sera i bambini facevano il girotondo.

Il martedì o il giovedì grasso gli alunni venivano mascherati e si festeggiava il carnevale in classe con coriandoli e frittelle. In seguito, per le pressanti lamentele delle bidelle, la festa si faceva nel cortile.

A Natale le mamme realizzavano originali statuine con rotoli di cartone e gomitoli di lana colorata per animare la rappresentazione della Natività.

Non bi torran prus cussu tempus, oje cadaunu ata sa lamenta sua, chie pro fizos, chie pro traballu e pro milli cosas. Io ero felice con mio marito e i miei figli, nonostante una vita di rinunce e sacrifici”.

https://www.ortobene.net/

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Un commento

  1. Gran bella intervista

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