Fiorella Ferruzzi
di GRAZIELLA FALAGUASTA
Potrei definire il percorso personale, formativo e professionale di Fiorella Ferruzzi come “un sistema di montagne russe di emozioni e sentimenti contrastanti”, a partire dal fatto che la sua primissima infanzia e la prima adolescenza sono state vissute non con i genitori, ma nella casa dei nonni, ad Arborea, dove era stata portata all’età di 14 mesi da Ingurtosu, in una sorta di affidamento familiare che le permettesse di avere tutto il necessario per crescere. Ma, come afferma Fiorella, “Se nulla di materiale mi è mancato, anzi la vita con i miei nonni è stata bellissima, ciò che ho poi sempre vissuto come riflesso negativo di quel periodo è stata la sensazione di essere stata abbandonata”. Ed è forse proprio da questo primo approccio anche alle relazioni affettive che è derivata poi, come cifra della la sua vita, la necessità di affrontare sempre nuove sfide, a cui si è accompagnata anche la necessità di cambiare abitazione, in un a sorta di nomadismo esistenziale che ancora oggi la contraddistingue: Cagliari, Sassari, Palermo, Ferrara, Ile Rousse (Corsica), Tozeur (Tunisia), Olbia, Bologna, Oristano sono solo alcune delle località in cui ha vissuto Fiorella, senza però mettere mai vere radici. Anzi, in proposito aveva affermato tempo fa in un’intervista a L’Unione Sarda “Un tempo lontanissimo avevo necessità di almeno due camion per ogni trasloco: le mie cose erano molte, troppe, ingombranti. Oggi un furgoncino basta e avanza per farmi cambiare indirizzo senza dimenticare niente (…). Mi consola mia figlia Giulia, mi consola la poesia, i miei cani. Più passa il tempo, più mi rendo conto che bisogna imparare a essere essenziali”.
Essenziali…essenza, ecco un’ipotesi di perfetta sintesi tra i diversi periodi della sua vita – certamente molto intensa, travagliata e con poche sicurezze – fino ad arrivare alle sue produzioni di essenze e alla comunicazione olfattiva, attività alle quali si è dedicata negli ultimi anni. Non è facile ripercorrere con un certo “ordine”, seppur brevemente, anche le innumerevoli esperienze redazionali, editoriali, di addetta stampa di Fiorella che, come ho scritto, è una giornalista professionista, per dare un’idea della sua ecletticità e della sua apertura mentale verso il mondo/i mondi, caratteristica che, probabilmente, l’ha salvata dall’isolamento iniziale di Arborea, e che l’ha accompagnata nelle varie tappe della vita. Significative le collaborazioni con tutti i mezzi di comunicazione, dalla carta stampata (La Nuova Sardegna, L’Isola, La Nuova Vercelli, L’Europeo, e altri) alla radio e alla televisione (Rai3, TG3, Videolina, Bibisi TV, TG Sardegna Uno, TG Super TV, Verissimo, e altre ancora), così come sono molto importanti le esperienze con aziende ed enti di diversi settori, tra i quali Cirio Polenghi De Rica, Lazio Calcio, Fondazione ANT Italia onlus, Campionati Europei Federazione Italiana Sport Equestri (FISE). Mai soddisfatta delle proprie acquisizioni, Fiorella si è anche misurata con due libri di poesie, “Prima che passi la poesia”, il primo titolo, che le è valso il premio della XII edizione del Premio Internazionale Alghero Donna 2006, e “Ancora la vita”, il secondo.
Ma c’è un terzo libro, una sorta di diario-autobiografia dall’insolito titolo “Come salvarsi dalla Sardegna – Nel profumo la mia storia segreta” (https://www.fiorellaferruzzi.eu/i-miei-libri.html), che ha, appunto, attirato particolarmente la mia curiosità. Nel libro Fiorella ripercorre, con un andamento assolutamente “irregolare”, creativo e, forse, anche un pochino schizofrenico (non me ne voglia lei, e anche i lettori, se uso un termine così “forte”), la sua vita e le sue esperienze, dalle più intense, alle più impegnative, ricordando anche, con alcune pagine dedicate, il periodo trascorso ad Arborea, che aveva lasciato a 13 anni per rientrare in famiglia, dove aveva ritrovato i due genitori e un fratello e una sorella praticamente sconosciuti. Di Arborea, Fiorella sottolinea in particolare, e non a caso direi, gli “odori”, i profumi della primavera, del mese di maggio. Non solo, evidenzia anche il fatto che vivere lì significava essere fuori dalla Sardegna vera, essendo quella zona abitata dai veneti, i giuliani, i romagnoli e i toscani immigrati (lei scrive letteralmente senza mezzi termini “deportati”) per la bonifica realizzata dal 1918 al 1932. Nella casa dei nonni si parlava, infatti, il romagnolo per mantenere vive le origini, ma anche per distinguersi dai sardi, che però negli anni del dopoguerra (ma anche molto oltre) non parlavano la loro lingua, bensì l’italiano. Scrive, tra le altre cose, Fiorella “(…) Nata in Sardegna capivo di essere sarda solo quando andavamo dai parenti in continente. Capivo di non essere sarda quando sentivo gli sguardi dei sardi, sguardi su di me che non avrei voluto. Giudizi che non ho mai capito. Silenzi e sguardi…pesanti…solo questo”. Nel suo percorso di ricerca continua di qualcosa che andasse “oltre” a un certo punto della sua vita Fiorella ha decisamene cambiato rotta, tornando anche a vivere in Sardegna (da Bologna alla zona dell’oristanese) e decidendo di concentrarsi sulla comunicazione olfattiva, lasciando un percorso professionale tutto dedicato al giornalismo.
Per Fiorella comunicazione olfattiva significa che ogni profumo parla e racconta delle persone e dei luoghi e questo l’ha portata a studiare e ad approfondire la possibilità di realizzare profumi personalizzati e unici che si differenziano senz’altro dalla maggior parte di quelli offerti sul mercato, che nella maggior parte dei casi sono sintetici, senza nulla togliere, invece, ad alcuni profumi di grandi marche e di qualità. Lavorare sugli olii essenziali della flora sarda, una ricchezza inestimabile mai realmente valorizzata, è un percorso di selezione paziente, di relazione con il committente che deve condividere la natura delle essenze, in modo da essere sicuri che la fragranza che ne risulterà sia realmente personalizzata e tagliata per quella specifica persona, aiutandola a lasciare dietro di sé un segno distintivo.
Scrive ancora Fiorella nelle pagine conclusive del libro “Ho voluto raccontare, per sommi capi, la mia storia con la Sardegna, dove l’olfatto è stata la mia stella cometa. Una stella che mi ha guidata nella vita illuminandomi anche nei momenti difficili. Come nella vita di tutti, le difficoltà ci sono sempre, e credo di essere stata fortunata a nascere in un posto in mezzo al mare, in una natura esplosiva di odori e colori (…)”. Tra i progetti ideati nell’ambito della comunicazione olfattiva anche alcuni dedicati alla degustazione olfattiva, ma uno mi ha particolarmente colpita, ed è quello dedicato al trattamento di disturbi neurologici e della memoria. Si tratta della “Bolla olfattiva multisensoriale”, realizzata in collaborazione con il dottor Paolo Putzu, medico geriatra Primario Divisione Geriatria, Centro Alzheimer e Centro Diurno per i Disturbi della memoria ASL 8 Cagliari. L’approccio utilizzato si ispira al metodo Snoezelen, che letteralmente significa “annusa e rilassa”, più che una terapia una filosofia nata negli anni ’70 in Olanda e diffusa in tutto il mondo, che si basa sulla stimolazione multisensoriale, che coinvolge tutti gli altri sensi, per creare un’interazione dei pazienti con l’ambiente e per creare uno stato di benessere e tranquillità. Precisa Fiorella “(…) Nel mondo esistono le ‘stanze dello Snoezelen’, ma occorrono spazi, allestimenti e strumenti. Molti soldi, dunque. Nella mia ‘Bolla’ occorre un grande tavolo, i diffusori di olii essenziali naturali e… quello che c’è intorno come piante, stoffe, caffè, matite colorate, fogli bianchi, musica e creatività”.
Davvero un mondo tutto da scoprire.
https://www.tottusinpari.it/2023/10/22/la-nostra-marcia-un-libro-in-ricordo-della-manifestazione-per-lo-sviluppo-del-sulcis-iglensiente-del-1992/Salve Tottusinpari1
solo oggi leggo quello che avete scritto a propostito della mia raccolta schizofrenica.Avete ragione e non me la sono presa, anzi, sicuramente la schizofrenia non paologica fa parte di me, basta chiederlo ad unao dei miei tanti psyco dai ,miei 22 anni ad oggi.Sono peggio di Woody Allen quanto a psyco!E certo non mi paragono a lui che amo in assoluto.Un genio, cosa che io non sono.I libri sono stati il mio rifugio fin dalla primissima infanzia, e ancora devo capire se è stato un bene. In effetti mi hanno salvato la vita, solo nei libri ho trovato i miei simili e mi sono sentita meno sola.Forse,
Come salvarsi dalla Sardegna è nato per far capire cosa faccio a proposito di comunicazione olfattiva.Poi ci sono finiti dentro scritti protonuragici e altro.Ad una cosa mi è servito: a tagliare i ponti con Arborea.Al mio rientro in Sardegna mi era presa come una mania ossessiva e ci andavo spesso.Ho tentato di imbastire conoscenze e ricordi , poi ho capito che ad Arborea di me non fregava nulla e, dopo il libro, posso dire che sono completamente guarita.Ho seppellito Arborea.La vita è adesso e chissà quanti altri traslochi mi aspettano!Ancora vi ringrazio per aver parlato del mio librino, davvero, vene sono grata perchè non l’ha cagato quasi nessuno.Perdonatemi il francescismo, che però rende l’idea.Resta il fatto che pubblicare la nuda verità mi abbia fatto molto bene.E questo conta.Piu cresco più mi piace vivere e ne capisco un pò.La mia natuura resta curiosa , entusuata e ingenuotta e sono sempre quella bambina credulona.Però mi proteggo.Non è mai troppo tardi, come diceva il maestro Manzi.Baci.