LE SIGNORE DEL PANE ANTIOCHENSE: SU COCCOI DE SU SANTU, IL TRIBUTO VOTIVO IN ONORE DI SANT’ANTIOCO MARTIRE

da sinistra a destra: le signore Raffaella, Luisa, Elena, Anna Carla, Salvatorina, Laura

Il 1° agosto a Sant’Antioco (SU) si sono riversati turisti e visitatori per la festa in onore di S. Antioco Martire, Patrono della Sardegna. Nel grazioso paese sulcitano è radicata la tradizione del pane votivo Su Coccoi de su Santu, realizzato in onore di S. Antioco. La tradizione viene portata avanti da alcune donne che con amore, devozione e straordinaria maestria realizzano delle vere e proprie opere d’arte. Qualche settimana fa ho avuto il piacere di incontrare e intervistare alcune di queste signore: Salvatorina Iesu, Raffaella Longu, Laura Mei, Luisa Orrù, Elena Piras, Anna Carla Salis.

Su Coccoi de su Santu è un pane azzimo, non contiene lievito; l’impasto è composto da semola, acqua e sale. È un pane decorativo, non commestibile. Inizialmente aveva una forma circolare, poi lentamente acquistò la forma di un cuore, forma arrivata fino ai nostri giorni. La superficie del “coccoi” è arricchita da decori molto piccoli, tutti segnali di buon auspicio realizzati a mano: spighe, grappoli d’uva, fiori. Le “signore del pane antiochense” hanno parlato di questa importante tradizione e delle sue origini.

Salvatorina, a Sant’Antioco quante feste si tengono in onore del Patrono di tutta la Sardegna? A Sant’Antioco ci sono tre feste dedicate al Santo. La prima, la più importante, chiamata “Sa Festa Manna” (‘la festa grande’), cade 15 giorni dopo Pasqua; la successiva è il 1° agosto; la terza si tiene il 13 novembre, quando si celebra il “dies natalis”, che corrisponde al giorno della sua morte. Tanto tempo fa, quando l’isola di Sant’Antioco era disabitata e si veniva solo per festeggiare il Santo, c’era una quarta festa, che veniva celebrata la settimana prima della Domenica delle Palme. Sant’Antioco, infatti, era un’isola molto ricca di palma nana, pianta utilizzata per produrre le palme che venivano, poi, benedette la domenica prima di Pasqua.
Com’è nata la tradizione di su Coccoi de su Santu?  L’offerta del pane al Santo è sempre esistita, ma col passare del tempo si era persa. Poi, intorno alla prima metà del secolo scorso, il figlio di una donna di Sant’Antioco, Peppina Orrù, detta Zia Antioghedda, venne fatto prigioniero durante il secondo conflitto mondiale. La donna fece un voto a S. Antioco, chiedendogli di proteggere il figlio e di farlo tornare a casa sano e salvo. Il giovane tornò, ma in condizioni gravi, così Zia Antioghedda supplicò il Santo perché facesse tornare il ragazzo sano come prima della sua partenza per il fronte. La donna fece una promessa: nel caso in cui S. Antioco avesse concesso la grazia, lei ogni anno avrebbe preparato del pane in occasione della festa in suo onore. Il figlio si riprese e da allora Zia Antioghedda iniziò a preparare dei pani votivi per ringraziare S. Antioco per la grazia ricevuta. Divenuta ormai anziana, la donna trasmise questa tradizione alla nipote Giuliana Massa, che a sua volta la trasmise ad alcune donne del paese. Luisa ed io abbiamo appreso quest’arte proprio dalla signora Giuliana.

Luisa, quanto si impiega a realizzare un cuore di pane? Quali ingredienti occorrono? “Per fare uno di questi pani, in sei impieghiamo un pomeriggio, calcolando che la lavorazione ci porta via almeno tre ore e la cottura è molto lenta: occorrono almeno 2-3 ore a forno molto basso, in quanto il pane non deve bruciarsi. I pani si mantengono bene; a volte si conservano per anni. Su Coccoi de su Santu è un pane azzimo, non contiene lievito. L’impasto, composto da semola, acqua e sale, consente di ottenere un prodotto di colore bianco; è un pane decorativo, non commestibile, ed è importante che conservi il suo colore originario”.


Una volta preparato il pane, chi lo porta in chiesa? Cosa accade durante la celebrazione della festa?
LOgni anno ci riuniamo a casa di una di noi e rinnoviamo il rito di “su Coccoi de su Santu” a nome di tutta la cittadinanza di Sant’Antioco. Quando il sacerdote ci informa che a Sant’Antioco è stato cambiato l’abito, noi provvediamo a portare in chiesa il pane, che va poi appeso al simulacro del Santo. Il sabato che precede la festa tutte le donne, con l’abito tradizionale giornaliero, non quello della festa, dalla chiesa di Santa Maria Goretti portano in processione il pane fatto come questo. Dopo la celebrazione della messa, si distribuisce il pane alle persone che sono in chiesa. Si porta in processione anche il reliquiario, che ha una base dove noi mettiamo i pani più piccoli. I pani vengono legati con dei nastri rossi. Non è un caso che sia stato scelto il colore rosso, che simboleggia il sangue versato nel martirio dai santi. I “coccois” grandi vengono legati ai piedi del simulacro del santo, mentre la reliquia viene adornata con i “coccois” più piccoli. I festeggiamenti prevedono una processione solenne a cui prendono parte molti gruppi folk in abito tradizionale. In occasione della festa di aprile, ma anche per il 1° agosto, accorre gente da tutta la Sardegna. Partecipano il Vescovo, i Sindaci dei Comuni del Sulcis Iglesiente e dei paesi in cui si festeggia S. Antioco, ad esempio Ozieri, paese con cui abbiamo una sorta di gemellaggio.

Salvatorina, i pani che realizzate hanno sempre la forma di un cuore? Come vengono realizzate le decorazioni? La forma è quella che ci è stata tramandata dalla signora Giuliana: sono tutti cuori, proprio come gli ex voto. All’inizio avevano forma circolare. Sopra sono decorati con grappoli d’uva, spighe, uccellini, fiori, tutti simboli di buon auspicio e rinascita. Noi facciamo tutto a mano, gli unici attrezzi che utilizziamo sono il coltello e lo stecchino. Quest’ultimo serve per bagnare con un po’ d’acqua la superficie del pane per poter poi attaccare i fiori.

Anna Carla, lei ha insegnato alla scuola dell’infanzia. Ai bambini ha fatto conoscere questa tradizione?  Sì, ho insegnato alla scuola dell’infanzia. Con alcune colleghe siamo riuscite a collaborare e a portare avanti un bel progetto: una volta abbiamo fatto il pane insieme ai bambini. Un piccolo cestino di pane l’abbiamo portato in chiesa il giorno della festa di S. Antioco, cosicché loro potessero avere ben chiaro tutto il percorso di questa tradizione, dalla lavorazione alla benedizione. Per fare ciò è importante coltivare una grande sensibilità nei confronti della cultura e delle tradizioni del nostro paese. Noi siamo nate in famiglie che ci hanno trasmesso la bellezza di questa esperienza.

Cosa ricorda della preparazione del pane insieme alle donne della sua famiglia? Quando ero bambina, mia madre Margherita e mia zia Natalina preparavano il pane. La sera prima preparavano il lievito, al mattino presto si alzavano e facevano il primo impasto. Le mie sorelle ed io dovevamo alzarci presto per aiutarle a impastare. Ci davano un pezzo di pasta e dovevamo imparare a lavorarla; facevamo tutto a mano. Facevamo il pane ogni settimana. Ricordo che preparavano la focaccia, “su civraxiu”, che aveva un tipo di impasto con molta acqua, a differenza della pasta dura, che contiene meno acqua e si lavora sul tavolo. A me davano un pezzo di questa pasta dura, con cui dovevo preparare “su coccoi”. Quando, poi, era pronto, mia madre lo metteva insieme al suo pezzo e da questo pezzo unico si facevano tutti i pezzi più piccoli per realizzare le forme, quindi dovevamo stare attente a fare le forme in un certo modo. C’erano tante forme. Oggi riproponiamo i movimenti che abbiamo conosciuto. Se da giovane non hai acquisito queste tecniche di lavorazione, diventa difficile apprenderle oggi, per questo molte le ripetono meccanicamente o con altri metodi più vicini alla realtà odierna, dimenticando i movimenti originari.

Cosa vi augurate per il futuro di questa tradizione?  Ci auguriamo di trovare giovani che imparino a fare il “coccoi” non per usarlo a scopi commerciali, ma per devozione e fede sincere. “Su Coccoi de su Santu” è un pane che viene offerto a nome di tutta la popolazione di Sant’Antioco, è un ringraziamento per le grazie ricevute e per quello che il nostro Santo ci dona. È la fede che ogni anno ci spinge a riunirci tutte le sere per due mesi e mezzo, trascurando gli impegni personali. Se non ci fosse la devozione, sarebbe difficile farcela. Il nostro desiderio è quello di trovare persone che possano proseguire questa tradizione con fede. Noi ci auguriamo di riuscire a trasmettere l’importanza di questo sentimento.

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2 commenti

  1. Sempre brava Francesca!

  2. Grazie a te Francesca e a TOTTUS IN PARI che date spazio al pane votivo per non dimenticare le tradizioni della Sardegna.

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