Barbara Leo
di ILARIA MUGGIANU SCANO
E se talvolta la lotta fosse solo una posa? E se la vittoria delle donne, di ogni singola donna, risiedesse nell’individuare e assecondare la propria fiaba personale? Immaginiamo chi osa farlo per ben due volte nella stessa esistenza, come nel caso della protagonista del nostro incontro, Barbara Leo. Generazioni di correnti femministe si lambiccano il cervello da secoli per capire come la donna possa trovare il suo spazio nella società, rilevano tutti gli ostacoli che si frappongono tra la donna e la sua autodeterminazione, elaborano teorie che vanno dalla Sindrome dell’ape regina fino alla sorellanza e alla sororità, che rimangono, tuttavia sullo sfondo collettivo dell’esistenza, quindi, probabilmente non perfettamente interiorizzabili. È pur vero quanto ripete un claim giunto a usura ben prima di trovare efficace applicazione: «Quando vince una donna, vincono tutte le donne», ma al netto di slogan galvanizzanti, lotte estemporanee o rivendicazioni femministe di primogeniture, qual è per la donna la possibilità primigenia della felicità individuale, quella duratura e inespugnabile?
Barbara Leo, giovane e nota astrofisica sarda, non ha dubbi: «Passa attraverso la realizzazione dei propri progetti, con impegno e dedizione. Senza lasciare nulla al caso». Non siamo dinanzi a un quesito da poco, o a un elegante esercizio filosofico, e la donna di scienza scelta per raccontare l’importanza di formazione e istruzione durante l’evoluzione dei desideri di ogni bambina, nello strutturarsi della personalità di donna, Barbara Leo, è un’autentica rôle model, mossa dalla forza delle idee, dall’estro nell’ inventare un lavoro che prima non esisteva, ed emblema indiscusso di meritocrazia. Una vita all’insegna della verità scientifica resa bellezza per gli animi più profani. Un noto proverbio africano recita: «Se vuoi educare un uomo, educa un bambino. Se vuoi educare un popolo, educa una bambina». L’astrofisica Leo non parla di sogni, di atmosfere immaginifiche e rarefatte, ma di progetti, impegno, istruzione che portano le bambine dritte alla meta. Chi si foraggia alla facile mangiatoia del pregiudizio rimarrebbe stupito nel conversare con una STEM girl dalla bellezza sensuale, curata, certamente non esibita, assolutamente femminile, infaticabile viaggiatrice e dal sense of humor irresistibile. Bandita ogni ipocrisia, da una donna che svolge una professione intellettualmente impegnativa ci si attende un aspetto dimesso e modi seriosi, ma oggi le donne che hanno studiato le STEM: Science, Technology, Engineering e Mathematics disciplines, sono ragazze che guardano in faccia i propri desideri e non hanno remore nel prendersi un campo tradizionalmente maschile. E c’è da dire che con i campi Barbara Leo ha parecchia familiarità. La signora delle stelle, fondatrice dell’associazione Orbitando, divulgatrice scientifica al Planetario de L’Unione Sarda, colei che ha lasciato tutta la Sardegna a bocca aperta con la ricostruzione della combinazione astrale durante la mitica notte dello scudetto del Cagliari, il 12 aprile 1970, è infatti l’unica donna italiana Commissario di campo.
Barbara Leo sembra la protagonista di una di quelle serie tv che t’assorbono dal primo minuto. Una ragazza ad alto tasso d’empatia, eclettica, dalle mille vite, che riesce a inventare dal nulla il modo di far amare la scienza a vecchi e bambini, commuove i più scettici e affascina i profani. Durante i suoi spettacoli persino una richiesta di matrimonio. Come reagisce una STEM girl a questo vortice d’emozioni? Come si vive dopo aver avuto il coraggio di dire sì ai propri desideri, attitudini, progetti e sogni? Lo capiremo nell’appassionante viaggio umano del: Looking for Barbara
Chi è la sua icona di libertà? Forse non è esattamente definibile come mia icona, ma certamente mi ispiro tanto a Margherita Hack, il suo modo di fare divulgazione. Per quel suo modo personalissimo di rapportarsi senza peli sulla lingua, sia a livello politico che sul piano scientifico. Una donna di scienza che ha saputa salvaguardare con maestria la libertà d’espressione in tutte le sue forme.
La sua power woman? Oggi come oggi, sento di non averne una in particolare.
Qual era il giocattolo preferito di una piccola astrofisica? Giocavo volentieri con le macchinine e con la Barbie sportiva, sicuramente il pallone! A differenza di oggi, non esistevano durante la mia infanzia dei giocattoli ispirati alle stelle, la passione c’era sicuramente ma si è sedimentata più con i primi libri. Ero comunque molto piccola. Ricordo particolarmente un libro Universo incognito, regalatomi dai miei genitori.
Come nasce la sua avventura da divulgatrice? Io già da bambina avevo chiara l’idea che nel mio futuro ci sarebbero state le stelle. Dopo la laurea ho svolto diverse attività scientifiche, tra le quali l’insegnamento, fino all’apertura del Planetario. Ho provato a inventare da me un lavoro del tutto nuovo, che non esisteva, poi un’amica che fa la guida turistica mi suggerisce di provare a proporre fuori dal Planetario lo stesso tipo di iniziative. Sono fiera delle mie scelte, di essermi costruita da sola e avere avuto il coraggio di saper scegliere i percorsi meno comodi ma più importanti per i miei ideali.
Secondo lei quali sarebbero i vantaggi dell’Einstein Telescope in Sardegna? Ho svolto la tesi di laurea sulle onde gravitazionali e quanto l’Einstein Telescope andrà a ricercare e penso all’enorme scambio che si determinerebbe a livello di ricerca. Sono tante le competenze che sarebbero messe in gioco e a livello accademico ci sarebbero scambi e approvvigionamento scientifico mai vissuti in Sardegna, anche l’università ne gioverebbe, tutta la terra sarda ne gioverebbe. Chi fa ricerca, probabilmente potrebbe studiare qui e non abbandonare l’Isola.
Il suo “racconto delle stelle” può essere definito doppiamente scientifico, passa per la scienza propriamente intesa ma, per via della richiesta archeoastronomica e archeoturistica, sempre crescente, travalica l’ambito della tecnologia in quanto lei compie ricerca umanistica attorno a ciò che attiene la sapienza antica legata agli astri. Ci può spiegare le due facce di questa medaglia divulgativa da lei ideata? Prima dell’atto divulgativo in sé, durante la serata, c’è uno studio meticoloso della mitologica, che non è limitatamente quella greca e latina a noi più familiare dai tempi delle scuole superiori, ma anche quella cinese, giapponese, sud americana e quella più legata alla nostra storia sarda, realizzare delle vere e proprie ricerche sul campo, intervistare gli anziani che conservano la memoria di tradizioni e leggende legate alle stelle, alle costellazioni sarde che veramente non troveresti scritte da nessuna parte, in modo tale da poterne tramandare la conoscenza anche attraverso la divulgazione scientifica. È affascinate studiare e conseguentemente raccontare come in ogni epoca è forte il legame degli intellettuali e degli artisti con le stelle. Faccio l’esempio di Dante nella Divina Commedia a cui ho dedicato lo spettacolo Dante e l’astronomia. Attraverso dei reading con parafrasi e la proiezione al Planetario abbiamo illustrato quanto Dante racconta nella commedia. Il connubio Scienza e arte è fortissimo, ho proposto anche uno spettacolo Arte e astronomia, ma questo è tandem è applicabile veramente a qualsiasi ambito della cultura.
Stelle e calcio. Ma che connubio è? Io sono sempre stata appassionata allo stesso modo di astronomia e sport. Sono sempre stata una grande tifosa e ho giocato per vent’anni a calcio a 11 e calcio a 5. Nel 2016 ho smesso e ho fatto la dirigente della squadra in cui giocavo, l’Elmas Calcio a 5. Nel 2019 sono poi diventata Commissario di campo, una figura che si differenzia dalla figura dell’arbitro perché controllo ciò che accade in tribuna, che le tifoserie siano vicendevolmente corrette, se insultino l’arbitro, insomma tutto ciò che attiene l’aspetto etico dello sport. Anche la forma ha la sua importanza, ci si presenta in abito e cravatta nera.
Come definirebbe il suo stile? Come la mia doppia anima, sportivo e chic. Dipende dai contesti, ma a volte possono incrociarsi.
Un fiore che la rappresenta? La viola, per la bellezza intrinseca del fiore ma anche per le suggestioni che mi rievoca. É legata a un passaggio del mio brano preferito di De Andrè La canzone dell’amore perduto, il verso: «Ricordi, sbocciavan le viole». E poi il viola è il colore che prediligo.
Il suo luogo del cuore? New York. Sono stata due volte e mi manca tanto quando trascorre troppo tempo dall’ultimo viaggio.
Il suo ristorante preferito? Simbua Bistrot, in via Sassari a Cagliari, che fino a dicembre si chiamava Amare.
Un amico viene a trovarla a Cagliari, la sua città. Dove lo porta? Di giorno al Bastione di Saint Remy, per vedere i fenicotteri che sorvolano la zona e di notte sulla Sella del diavolo, a vedere le stelle.
Un libro da consigliare? Io sono un’amante del genere horror, ho letto ogni libro di Stephen King, quindi non potrei che consigliare di leggere almeno Shining, dell’autore. Se invece dovessi consigliare un libro legato alla mia passione, suggerirei dei testi che sono degli esempi virtuosi per quanto concerne la divulgazione, come Dal Big Bang ai buchi neri Stephen Hawking e Il mio Infinito di Margherita Hack.
Una serie da consigliare? Decisamente The Big Bang Theory.
Un film da rivedere? Tutta la saga di Star Wars, 2001 Odissea nello spazio e The Others, per rimanere fedele al mio amore per l’horror.
Il suo profumo signature? J’adore di Christian Dior.
Cosa la preoccupa di più sul piano sociale? Purtroppo percepisco un progressivo disagio tra i giovani. Sono, inoltre, scoraggiata da alcuni passi indietro compiuti verso la lotta per il riequilibrio di genere. Solo pochi anni fa, sembrava che certe conquiste della donna non fossero più in discussione, poi ci si rende conto che la condizione, i traguardi, le vittorie, siano da rinegoziare, ridiscutere periodicamente.
Come lavora un’astrofisica in un ambiente collettivamente considerato d’appannaggio maschile? Non direi si tratti di un ambiente ostile alla donna, ma continuo a trovare curiosa la reazione di chi vive con sorpresa il fatto di trovarsi un astrofisico donna e ancor di più quando rimane sbalordito dall’età, come se la preparazione fosse legata a un dato anagrafico. Sembra, spesso, che una professionista non debba avere un aspetto gradevole o curato per poter essere ritenuta preparata o autorevole.
Che differenza c’è tra il ruolo di ricercatore e quello di divulgatore d’astrofisica? Esiste un punto in cui i diversi piani si intersecano? Le mie più care amiche e colleghe, con le quali ho iniziato il percorso professionale, hanno scelto lo sbocco della ricerca, in ambiente accademico, mentre io ho optato per la divulgazione. Sono due aspetti della professione profondamente diversi, anche il modo di aggiornarsi è differente. Mentre un ricercatore si focalizza su un aspetto molto preciso della materia e compie lo studio continuo su una precisa tematica, la divulgazione comporta uno studio ugualmente costante ma su tematiche diverse. Permane un confronto permanente con i colleghi ricercatori, lo studio continuo delle pubblicazioni scientifiche, infatti un divulgatore come me studia ogni giorno per aggiornarsi sulle continue scoperte, per cercare di dare sempre di più a chi mi ascolta. Quindi il confronto con l’ambiente di ricerca è assolutamente essenziale.
Una verità su sé stessa? Ho una doppia anima. Sono una persona estremamente realista, con i piedi per terra, ma il mio rapporto con le stelle fa emergere il mio essere sognatrice.
Un suo sogno? Vedere la Terra dall’alto.
Un obiettivo? Proseguire e intensificare l’attività divulgativa, per avvicinare il maggior numero di persone al mondo della scienza, degli astri e di appassionare soprattutto i più piccoli. I bimbi sono coloro che si interessano di più, per la loro natura così curiosa. Può sembrare un traguardo modesto ma è ricco di intense soddisfazioni.
La colonna sonora della sua giornata? Lady Gaga e Fabrizio De Andrè. Due generi completamente diversi, come le mie due anime, l’energia e la poesia.
Il tratto principale del suo carattere? Sono molto ottimista e sempre sorridente.
La qualità che preferisce nel partner? Che mi stimoli sul piano intellettuale, che mi dia la possibilità di confrontarmi dal punto di vista culturale in senso lato, che abbia visione e la capacità di intravedere la complessità della mia umanità, ciò che posso offrire come persona e non un’attrazione verso la mera preparazione professionale.
Il suo passatempo preferito? Certamente fare sport. Ho fatto sport agonistico per tanto tempo. Facevo sport di squadra. Ora faccio uno sport non agonistico e men che meno di squadra: sala pesi.
Qual è il suo peggior difetto? Io sono molto socievole, ma ho un aspetto profondamente individualista, che emerge soprattutto quando devo prendere le decisioni più importanti della mia vita. Tendo a chiudermi e a lasciare fuori dalla mia bolla chi mi sta attorno. Sto bene nei miei spazi e in certi momenti non faccio avvicinare nessuno.
In quale Paese vorrebbe vivere? Ho viaggiato tanto, sono stata in America, in Australia, in diverse parti del mondo ma vivrei solo in Italia, sicuramente a Cagliari.
Il suo scrittore preferito? Stephen King.
Il suo artista preferito? L’opera che più mi rappresenta è la Notte stellata di Van Gogh, ma amo profondamente Picasso e Guernica di cui ho in casa una riproduzione.
Se avesse potuto scegliere, quale sarebbe stato il suo nome di battesimo? Viola.
É credente? No.
Il personaggio storico che odia su tutti? Hitler.
L’impresa storica che ammira? La presa della Bastiglia.
Qual è il super potere che vorrebbe avere? Volare, per spostarmi velocemente da una parte all’altra.
Come si sente emotivamente? Sono molto contenta. In questo periodo dell’anno si intensifica l’attività divulgativa attraverso le serate. Il rapporto con gli spettatori mi riempie d’emozioni diverse, mi fa stare bene. È uno scambio bellissimo. Mi riempie di gioia leggere i loro post, i loro feed back sulla serata. A volte vengo contattata per delle serate private. Una ragazza mi ha ingaggiata per l’ottantesimo compleanno della nonna. Era un giorno speciale e la nonnina era appassionata di stelle, quindi i nipoti hanno pensato di organizzare un regalo particolare. Abbiamo cercato una location suggestiva, ho tenuto una lezione privata, con i miei strumenti, ho raccontato la mitologia legata alle costellazioni visibili quel giorno poi ho ricostruito le posizioni degli astri del giorno in cui la nonna era nata. Un altro evento emozionante è stato quando un ragazzo ha fatto la proposta di matrimonio alla sua fidanzata, durante uno dei miei spettacoli. Ancora, è impossibile non farsi travolgere dall’entusiasmo puro dei bambini quando ti abbracciano e ti ringraziano a fine spettacolo.
Crede negli oroscopi? Impossibile. C’è una differenza sostanziale tra l’Astronomia, che è una scienza e l’astrologia, che è una pseudoscienza. Spesso è ancora necessario puntualizzare che gli astri sono troppo lontani da noi per incidere sulle nostre esistenze. Forse la Luna potrebbe avere una qualche influenza, è molto più vicina, ma il resto dei pianeti si trovano a distanze siderali.
Che parere ha del CICAP e dell’opera di demistificazione e debunking contro le affermazioni antiscientifiche di maghi e astrologi? É curioso osservare il fenomeno paradossale e sconosciuto per il quale ci stiamo evolvendo sul piano scientifico e tecnologico e allo stesso tempo riescano a prosperare figure come i terrapiattisti, chi pensa di vedere gli alieni. È probabile ci siano altre forme di vita oltre noi. La Terra si è formata solo quattro miliardi di anni fa e l’Universo nove miliardi di anni prima, non è assurdo immaginare che ci sia stato qualcosa prima di noi, ma le teorie fantasiose non hanno mai alcun riscontro scientifico. L’involuzione è data dalla mancanza totale di documentazione, di informazione, la gente tende a credere alle tesi più suggestive ma poi non si preoccupa di verificare. Anche la Scuola non aiuta in questo senso: prima la Geografia astronomica si studiava in V liceo scientifico, oggi in I e si chiama Scienza della Terra, ma un ragazzo a tredici-quattordici anni non ha ancora una formazione che gli consenta di approfondire pertinentemente certi aspetti della realtà scientifica. Ben vengano dunque le serate divulgative e chi fa opera di demistificazione.
Qual è il suo motto? Chi fa da sé fa per tre.