nella foto, l’autrice dell’articolo
di RITA DANILA MURGIA
Ho incontrato Michela la prima volta nel 2011 a Torino, presentava “Ave Mary” e, mentre raccontava dell’idea del libro nata durante un otto marzo di due anni prima ad Austis. Dal mio posto nella sala gremita, le ho detto: zeo seo una femmina austesa e lei ha sorriso. Dopo la presentazione ed il rito degli autografi mi sono avvicinata e le ho sussurrato che non potevo andare via senza salutarla e lei di rimando: ti cercavo nella sala e temevo fossi andata via. Abbiamo parlato come due donne cresciute insieme, conosciute da sempre e mi ha donato il suo libro con la dedica “a Rita con gratitudine”. La gratitudine era una sua attitudine, grata per le prove che la vita offriva così come la sua grande capacità di tradurle in occasione di crescita, di affermazione delle proprie idee senza temere scontri, questa indole molto barbaricina, almeno io lo sono, me l’ha resa sorella.
Il nostro primo incontro si è svolto così, in modo semplice, un ritrovarsi di due donne che ancora non si conoscevano ma che si riconoscevano simili, figlie della stessa Terra, cultura e riti. Michela parlava col cuore in mano, curiosa di incontrare e conoscere l’Altro, confrontarsi e magari ritrovarsi nelle similitudini o dibattere nelle differenze. Altre volte ho incontrato Michela; in Piemonte era di casa, così come si sentiva a casa in ogni circolo della Federazione delle Associazioni Sarde che l’hanno accolta in Italia. Michela offriva con generosità il proprio tempo, con lei si parlava durante le presentazioni e dopo, nei momenti informali. Michela fa parte del nostro mondo dell’emigrazione, parlo al presente storico perchè Lei fa parte delle nostre esperienze, delle nostre vite, è una di Noi. Nel coordinamento delle Donne della Fasi che rappresento vedo tante donne simili a Michela, donne che hanno lasciato la nostra Sardegna per diversi motivi, ma che posseggono lo stesso spirito battagliero quando occorre, la dolcezza e lucidità d’intenti nel portare avanti i propri progetti che coinvolge le altre donne, la stessa generosità e capacità di accogliere, cooperare e valorizzare le attività delle donne come noi “disterradas” ed anche le donne che l’Isola non l’hanno lasciata. Come lei, portiamo avanti le battaglie per i diritti, denunciamo le violenze, le disparità di genere, collaboriamo con le donne dei territori che ci hanno accolte, ci confrontiamo e forse qualche volta ci scontriamo, affrontiamo il conflitto quale occasione di confronto. Parlo delle Donne della FASI e parlo di Michela che ha lo stesso coraggio di esporsi senza tema, parlo di tutte le Donne sarde che ci hanno preceduto ed accompagnato nella nostra crescita, le riconosciamo Maestre, anche noi siamo grate perchè ci hanno rese quel che siamo. Michela è una giovane maestra ed un’anima antica così come noi. Nella mia vita ho incontrato molte maestre e le porto tutte dentro l’anima o l’inconscio che dir si voglia. La parola Maestra mi richiama alla mente una frase del suo libro “Chirù”, quando Eleonora ricorda al ragazzo che tutte le relazioni sono sentimentali, non c’è scambio, crescita reciproca se non c’è incontro empatico, similmente a quanto accade nelle sedute psicoterapeutiche, infatti, anche la relazione terapeutica è curativa, aiuta ad evolvere, quando si viene a creare un reale rapporto dialogico tra le parti. Parlo di Michela partendo da me, dalle mie esperienze di vita privata e di relazioni all’interno del mondo dell’associazionismo dell’emigrazione sarda, declino al femminile perchè parlo a nome delle donne del Coordinamento, ma, Michela ha incontrato nei nostri circoli tanti soci e presidenti sardi con la quale si è confrontata ed è stata accolta come una sorella.
Super
Grazie, Rita Danila per questo tuo ricordo
Articolo denso e coinvolgente ma l’emigrazione sarda non è solo la Fasi. Michela Murgia, come ho ribadito nel mio precedente articolo era SARDA E CRISTIAN0- CATTOLICA.
Bellezza Sarda,e Barbaricina,da tutte due le parti.❤💪