IL SOLSTIZIO D’ESTATE: FUOCO, ACQUA E GRANO. IN SARDEGNA TRA MAGIA, STORIA, RELIGIONE E TRADIZIONE

di ALESSANDRA DERRIU

La nostra vita è scandita da fasi, tempi, ciclicità, allo stesso modo quella della natura. L’uomo segue la natura e dalla notte dei tempi associa ai cicli naturali i suoi rituali, gesti, simboli che ritornano e che aiutano a mantenere il legame con il mondo che ci circonda.

Il rito si tramanda di generazioni, e racconta il mito, la storia passata che si ripete, racconta quello che è accaduto e accadrà di nuovo, ci chiede di non dimenticare e di osservare.

I momenti di passaggio e di cambiamento della natura regolano la vita dell’uomo e vanno trasmessi e celebrati. Tutto torna, sempre, anche se muta forma, non cambia significato.

La stagione del sole in Sardegna, come in molti paesi del Mediterraneo e d’Europa, è caratterizzata da rituali pagani che poi la religione cristiana assimila e conserva, riti che servivano nel mondo agropastorale ad onorare la terra feconda dopo l’inverno.

E’ il solstizio d’estate: il sole si ferma, si aprono le porte verso la nuova stagione, verso il futuro, verso nuove rinascite della natura che è in fiore. Il sole vince sulle tenebre, il bene trionfa sul male: acqua, erbe, terra e pietre si caricano di virtù.

Dal 21 al 24 giugno si accendono fuochi, nella notte di San Giovanni, il fuoco purifica l’anno passato, si salta a mani giunte per propiziare nuove alleanze, illumina la via futura. Per diventare comari e compari, si taglia il fuoco, superando insieme la prova e affrontando insieme la vita che verrà.  Attorno al fuoco si balla e si canta, si prega, si compiono cerchi con i cavalli addobbati a festa, si va in processione; il male, la cattiva sorte vengono esorcizzati e allontanati, la nuova vita della natura festeggiata. In questa notte magica si dice che l’acqua si sposa con il fuoco e il sole con la luna. 

L’acqua, da millenni simbolo di purificazione e di venerazione è usata da San Giovanni per il battesimo del Cristo, per purificare appunto e benedire, e non è un caso che sia questa notte sia anche quella della nascita del Santo. Si raccolgono fiori ed erbe e si mettono nell’acqua e la mattina del 24 ci si lava il volto, compiendo quel rito di purificazione e benedizione che dai pozzi sacri ci conduce alle fonti battesimali.

Tutto torna, sempre, anche se muta forma, non cambia significato.

Le erbe raccolte in questa notte hanno poteri magici e curativi, diventano medicina, farmaco ma anche incantesimo e amuleto. La saggezza popolare ha incastonato nella tradizione la raccolta delle erbe nuove, dei fiori di stagione, conservati e usati durante l’inverno per oli, decotti, unguenti, balsami, fumigazioni, involti protettivi. Ad Orotelli rituali e celebrazioni si ripetono il 29 agosto, giorno della morte del Santo.

Come nelle antiche civiltà mediterranee al solstizio e alla nuova stagione è legato il grano: le erbe si intrecciano con le spighe, si lanciano chicchi di grano agli sposi, augurando loro ricchezza e fertilità.

La spiga è custode dei chicchi, è simbolo di fertilità: a giugno, dopo il solstizio, e la mietitura, il grano da nuova vita, morendo nella terra e rinascendo dopo i mesi bui dell’inverno.

Nella mitologia greca, Demetra, dea delle messi, poi Cerere per i Romani, è rappresentata con una corona di spighe. La spiga è anche emblema di Osiride, il dio morto e resuscitato, rappresentazione nell’antico Egitto della rinascita: la sua uccisione e la dispersione delle membra richiama la semina, dal corpo del dio nacquero ventotto spighe simbolo di abbondanza. Nello zodiaco la ragazza che simboleggia la vergine ha spesso una spiga in mano; lo stesso culto di Maria ha in molti casi sostituito quello delle antiche dee del grano nel sincretismo dei primi secoli del cristianesimo.

Nel periodo pasquale, è usanza portare in chiesa nella cappella del Cristo su nenniri, un recipiente con grano che le donne fanno germogliare al buio, per farlo rinascere, come si faceva nel culto dei giardini di Adone, a cui Zeus concesse di rinascere una volta all’anno. La rinascita, la nuova vita, la fertilità. Una delle pratiche per togliere il malocchio è basata sul grano, il chicco, rappresenta l’occhio, che si immerge in un bicchiere d’acqua per leggere le bollicine che si formano: dalla posizione si può capire dove la persona è colpita, dal numero, da quante persone.

Grano che, con la preghiera, può aiutare a sconfiggere il male, immerso nell’acqua della purificazione.

Il grano che nasce nella nuova stagione porta nuova vita, non a caso Gesù è per i Cristiani, pane di vita, risorto, rinato.

Solstizio, estate, rinascita. Tutto torna, sempre, anche se muta forma, non cambia significato.

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