la scrittrice sarda Emma Fenu, vive in Danimarca
di PIER BRUNO COSSO
Per scrivere questo bellissimo saggio L’incontro, (Literary Romance Edizioni 2023) hai riletto la favola di Cappuccetto Rosso, e ti ha emozionato, ne sono certo. Poi, io credo, l’hai riletta, e ti ha emozionato ancora. E poi ti sei rituffata nelle pagine per sentirne tutte le sensazioni, ti sei fermata, hai chiuso gli occhi, l’hai riletta e immaginata, e vissuta parola per parola, pagina per pagina salendo ogni volta un gradino nella scala delle emozioni. E quindi, ti chiedo, come sei riuscita a prendere le distanze dalle tue emozioni per sederti a scrivere il saggio?
Non ho mai smesso di leggerla, di immaginarla. Dentro mille boschi sono cresciuta, ho aperto gli occhi nel buio a cercare lupi, nonne, lune e stelle fra le cime scure degli alberi. E non ho neanche preso le distanze, io sono mille e una, e una me è anche con un cappuccio rosso: ogni tanto mi ruba la penna.
E poi ancora tra le tue righe, e poi ancora per mille volte hai navigato nel tuo saggio, con la barra dritta sulla rotta, con il vento delle emozioni che riempiva le vele e faceva sbandare la nave delle tue fragilità. Ma ti sei imposta di andare avanti per scoprire cosa c’era, o forse per scoprire te stessa; perché per te scrivere ha la potenza delle onde e niente ti può tirare di lato.
Scrivere è sempre un’avventura rischiosa: ci siamo noi nel mare dell’inchiostro, i bambini che siamo stati, gli adulti che credevamo di diventare, gli adulti che con stupore siamo diventati. E non ci si stanca di navigare, di approdare a nuove terre e di pensare a Itaca, a quel ventre a cui tornare, perché l’Isola ci ha partoriti e la cresciamo dentro: non possiamo fare a meno del mare come dei confini. L’Isola la si ama e la si odia, come tutto ciò che appassiona, ma su questo ossimoro torneremo.
Però hai messo ordine: tra il mare, la tempesta, la bonaccia e gli schiaffi delle onde hai messo tutto in fila. Leggendo L’incontro sembra che tu abbia affrontato una mareggiata alla volta, verso un porto, poi verso un altro, e un altro ancora, anche se sapevi che lì avresti trovato mare cattivo. Dove hai trovato mare cattivo: più nella testa che ti ha portato sicura da un porto all’altro, o più nel cuore, che ogni onda ha fatto tremare?
Testa e cuore… come scinderli? Perché dilaniarci, mutilarci? Io vivo di testa e cuore, di ricerca, di pianto, di studio, di sorriso, di stesura, di nostalgia, di caccia al refuso, di caccia al ricordo che mi conduce ancora più indietro, in una casetta con la nonna. Chi c’è? C’è Emma con una mantella rossa, che davvero ho avuto, che non sa nulla di lupi, ma ne fiuta l’odore nell’aria, fra il profumo di minestrone e di violetta.
Ho visto dalla corposa bibliografia citata in appendice che prima di affrontare il mare tempestoso del saggio hai studiato a lungo le carte nautiche (con tantissimi testi), e le correnti, e i venti, e gli scogli affioranti. So che ci hai lavorato molto a lungo: ti sei mai sentita sola in questa lunga traversata?
Sono stata sola. Se soli si può essere fra libri, parole, simboli. Se soli si può essere quando si cercano risposte e le domande danzano, irrefrenabili, anche dopo che il sipario è stato tirato. E sola non sono stata mai, davvero.
Oppure in questa attraversata in solitaria avevi una compagna di viaggio? Hai trovato una nonna che ti ha salvato e vi siete emozionate insieme, e vi sono scese due lacrime quando siete arrivate a quel porto che quasi non ci credevi. E invece ce l’hai fatta, e hai sentito un brivido nella schiena. Hai guardato la pila di fogli A4 appena stampati e con soddisfazione li hai sentiti figli tuoi, mandati alla luce per navigare liberi.
Forse avevo nel ventre una figlia che scalciava per vedere la luce e, quando è finito il libro, corretto da me fino all’ultimo momento in cui incombeva la stampa, la ho dovuta svezzare in fretta, come una gatta, perché il bosco è anche suo e lo deve affrontare in compagnia dei lupi.
Oppure al contrario (detto in estrema confidenza, solo tra te, me e i cari amici che ci leggeranno), c’è stato quel momento che… quel momento che hai visto le vele afflosciarsi lontano da tutti i porti, fuori da tutte le rotte conosciute e hai pensato: basta. Basta, lancio l’SOS e faccio venire Gulliver a portarmi via?
“Gulliver portami via” lo penso ogni giorno. E lui viene, prende un tè o una cioccolata alla mia tavola, si fa scompigliare i capelli davanti al Baltico e poi mi tende la mano. E io lo seguo, indomita e felice.
Nel tuo saggio racconti che il lupo lo odiavi e l’amavi. Fascino, mistero, seduzione, e anche sangue, c’è tutto nella vita come nelle favole, e non è vero che “solo nelle favole…”; e allora c’è la vita nelle favole, perché?
Nelle fiabe c’è tutto. C’è l’uomo, l’antropos, e la sua storia. Ci sono l’odio e l’amore che sono le forze ancestrali. Ci sono le paure e le scoperte, i sogni, gli stereotipi, gli avvertimenti, le soluzioni.
E c’è il sangue delle donne. Sangue mestruale, l’unico che fuoriesce dal corpo non a causa di ferita o malattia, sangue di parto che dà la vita, sangue di fanciulle sgozzate, femminicidi che non sono più solo fiabe ma triste e attuale cronaca.
Per certe donne il lupo abita l’archetipo dell’uomo affascinante e dannato?
Per certe donne sì. Il lupo è l’Altro e bisogna vedere cosa cerchi, cosa inconsapevolmente cerchi, nonostante la ragione. Alla dannazione preferisco la benedizione, ma anche io sono caduta, mi sono fatta preda, ho morso la mano dell’aguzzino, sentendone il sapore metallico del sangue.
Cappuccetto rosso, scrivi, è anche una storia di sangue. Il sangue fa paura, ma disinfetta e lava. Perché finisce sempre dentro le favole? In fondo, il sangue cosa è; o meglio il sangue, chi è?
Il sangue sono le donne, le fanciulle puberi, le streghe ribelli dalla testa vermiglia o dalle ciocche serpentiformi, le sirene che nuotano nel fiume antico dove nacquero, in una sorta di brodo cosmico scarlatto che ci riconduce tutti nel ventre fertile della Grande Dea. Il sangue sono le donne, l’imene lacerato come un trofeo, il clitoride mutilato, il corpo che diventa campo di battaglia e che porta i segni delle guerre di tutti tempi nell’urlo silente delle figlie, madri, spose, regine, sibille, profetesse, serve, streghe, puttane, mistiche, pazze, tutte ai bordi dei libri di storia, eppur immerse nel sangue di essa.
Non so perché mi viene da collegare il tuo bellissimo romanzo Le spose della luna alla storia di Cappuccetto Rosso, perché? Forse tu me lo sai spiegare. Forse perché c’è passione, sangue, anarchia, fuga e lupi nel cuore di certi personaggi?
Forse c’è il mio bisogno di ombra, di oscuro, di ferino, di istintivo, di selvaggio. Animus e Anima, me e l’altra me, me e tutte le altre che mi hanno preceduto e mi sono madri. E per trovarle nel bosco devo andare, dove tutto è bisbiglio, refolo di vento, sagoma indistinta, fino a quando non trovi l’ardore di fare tre passi e guardare da vicino. E allora ti giri. Si è aperto l’abisso e non puoi tornare indietro.
Emma chiudi gli occhi un attimo. No, fallo davvero: tu non sei la persona che “faccio finta e chi se ne frega…” Ecco adesso metti Cappuccetto Rosso in Sardegna. Dove la immagini? Nel Supramonte impervio? O in una sconfinata spiaggia in riva al mare, in un posto inaccessibile che nessuno sa, ma tu sì? Apri gli occhi, cosa cambia nella favola traslata in Sardegna? Cosa vedi?
Vedo una bambina di due anni con un costume rosso. Sono io. Mi sento libera e amata, e un’ombra mi segue. Non ho mai avuto paura dei lupi. Non ho mai voluto la morte di un lupo. Ho voluto accarezzarlo. Tendo la mano… vedo le piccole dita. Ma non sono le mie. Io ho avuto sempre costumi azzurri o fucsia, chi ha indossato il rosso era mia madre. Mia madre aveva anche scarpette rosse in vernice che l’acqua del mare ha accartocciato. Lei, non io. Ma io la ritrovo e mi ritrovo in questo giro di cordoni ombelicali, Di intrecci di lana per arazzi e di reti da pesca. In Sardegna non ci sono lupi. Ma io li vedo. Forse c’erano una volta, mi credi? Li vuoi incontrare?
La mia intervista sul mio ultimo libro “L’incontro. E se la storia di Cappuccetto Rosso ne nascondesse altre?”.
Grazie infinite a Pier Bruno Cossoperché se hai amici intelligenti, profondi e sinceri come lui il mondo è un posto migliore. Grazie per l’intervista spiazzante che mi ha riportato nel ventre della memoria come l’ipnosi, grazie alla cura con cui ha letto il saggio e chi l’ha scritto, grazie per esserci sempre, discreto, ironico, talvolta irriverente, talvolta paterno. Un uomo, un Uomo, che è femminista senza bandiere: nelle parole e nei fatti.
Grazie a TOTTUS IN PARI per la generosa accoglienza.
Che bella intervista!E quella trasposizione in Sardegna della fiaba,il tuo costumino rosso mai avuto e le scarpette rosse della mamma…!Complimenti,splendida donna selvaggia e rossa di fuoco e sangue!!
Davvero una lettura ipnotica, scatole cinesi, arte ♥️
Intervistare Emma Fenu? Perché no: intervistare Emma Fenu! Niente di meno! Risposte sempre di spessore culturale e di cuore. Grazie a @Tottus in Pari per l’ospitalità
Molto belle le domande e le risposte. Si entra in dimensioni diverse come nel saggio