di LUCA ROJCH
Nessuno parli di alchimia finanziaria, o di un aeroporto che ingloba un altro. La sopravvivenza di tre piccoli aeroporti in un’isola semispopolata ai margini del traffico aereo europeo è fare massa critica e trasformarsi in un’unica società. Tre nani possono fare un gigante. Il più grande fondo italiano F2i, che di mestiere gestisce anche aeroporti, lancia un salvagente sul sistema dei trasporti sardo. La missione più complicata è spiegare che tre scali, divisi, autonomi, in concorrenza, sono destinati a morire stritolati nel megastore dei superhub internazionali che macinano milioni di passeggeri al mese.
Per Alghero ora si apre un futuro di crescita. Il più fragile dei tre scali sardi viene rafforzato e protetto da questa fusione. Un’unica proprietà e un’unica società di gestione che tratterà con le compagnie aeree e avrà la possibilità di presentarsi come un hub da quasi 5 milioni di passeggeri all’anno. Con due scali sulle due coste più popolari dal punto di vista turistico. E con un’unica regia e una sola società che gestirà e punterà a far crescere entrambi gli scali. L’obiettivo dei 7 milioni di passeggeri entro il 2030 dà l’idea dei piani di crescita su cui lavora F2I.
La fusione ha un altro punto di caduta: l’acquisto anche dell’aeroporto di Cagliari, per portare a termine il progetto lanciato dalla giunta Pigliaru di un’unica regia per i tre scali sardi. L’unico modo per mantenere competitivi e soprattutto attivi tre aeroporti per un’isola che ha appena 1, 6 milioni di abitanti. La Regione, che condivide il progetto di fusione, per ora prende tempo e chiede di avere un ruolo in questa operazione e di conoscerne i dettagli. Richiesta lecita, ma che non deve diventare un trappolone politico a un processo che difende il fragile sistema dei trasporti aerei dell’isola.
Basta vedere la difficoltà che la Sardegna ha per avere il via libera da Bruxelles a un modello di continuità territoriale, o la devastante stagionalità degli scali dell’isola, sovraffollati in estate, deserti in inverno. L’assessore Moro condivide il progetto di fusione, ma mantiene una cautela istituzionale. Per Olbia è la ripresa della crescita di un aeroporto che deve trovare un’identità dopo la drammatica fine della compagnia di bandiera: Meridiana. Una fine che ha la tragica complicità dell’incapacità della politica nel salvare l’unica industria ad alto valore aggiunto della Sardegna. L’arrivo di F2i apre un nuovo capitolo e la fusione con Alghero cambia gli assetti. Il nord dell’isola unito pesa più di Cagliari e può avere un ruolo di guida nella politica dei trasporti aerei dell’isola. La creazione di una nuova società che avrà come punto di arrivo la regia unica dei tre scali sardi è una nuova scommessa per F2i.
Arrivata in Sardegna nel 2016, quando ha acquistato l’aeroporto di Alghero, tecnicamente fallito, un deserto di marmo e neon nelle mani della Regione. Nel 2016 ogni mese l’aeroporto perdeva dai 100mila ai 130mila euro. C’era il 35 per cento del personale in più rispetto a quello che serviva. Il salvataggio di uno scalo che non presentava neanche più i bilanci è stato un piccolo miracolo realizzato dall’ex assessore ai Trasporti Massimo Deiana. Evitato il crac di Alghero, F2i ha acquistato nel 2020 anche l’aeroporto di Olbia che dopo l’uscita di scena dell’Aga Khan e la mezza fuga del Qatar, con il disastro di Air Italy, rischiava di schiantarsi. Superato lo tsumani del covid, ora si punta a creare un sistema dei tre scali sardi. Questo progetto è una sorta di supervitamina che farà crescere il più gracile dei tre scali: Alghero.
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