“VIRUS E CENSURE” DI PIER GIORGIO PINNA AL C.S.C.S. DI MILANO: NUOVI GIORNALISTI CERCANSI

di SERGIO PORTAS

E chi l’ha detto che la presentazione di un libro debba essere, per lo più: di una noia mortale? Metti insieme tre “anziani” giornalisti ( tutti in pensione anche se da poco) e lascia loro che si inventino un copione per niente rigido e li vedrai spaziare per l’universo intero delle problematiche che intrigano da sempre le umane genti. Che il più delle volte un “bravo giornalista” è costretto a un lavoro di sintesi quando scrive il suo “pezzo”, lavora quasi sempre in levare, dato il rigido spazio che di solito gli concede il giornale su cui scrive, e molti sono i particolari a cui deve “dare un taglio”, che però gli rimangono in mente come aneddoti saporiti e curiosi, tutti sgorganti come gocce d’acqua in ruscello di primavera, irrefrenabili e tumultuosi, quando è la voce che parla. Come in un “canto a tenore” : “sa oghe” che tiene banco è quella di Pier Giorgio Pinna, del resto è lui l’autore del libro che deve essere presentato: “Virus & Censure, il contagio mediatico”, Mediando ed.; sassarese del ’56 ha scritto per la “Nuova” dal ’78 al 2015 ( e per trent’anni corrispondente di “Repubblica”), le altre che gli fanno da bordone sono quelle di Roberto Casalini ( su “Wired” in rete si possono trovare numerosi e spassosi suoi articoli, il suo “Provaci ancora Sam” riedito da poco è compendio della sua esagerata cultura cinematografica), nato “per sbaglio” a Cagliari si considera sassarese a tutto tondo e ha svolto la professione nelle testate milanesi ( Rcs , Il Fatto Quotidiano); e Costantino Muscau, da sempre al “Corriere della sera”, sedilesu con babbo di Orgosolo ( ci tiene molto alle sue origini barbaricine), con Paolo Mieli a direttore è stato sin responsabile di “Corriere della Sera Anteprima”, il primo quotidiano d’informazione gratuito ( era il 2006), un “foglio tabloid” di quattro pagine con una tiratura di centomila copie diffuse tramite strilloni nei principali luoghi della città. A ultimo componente del “quartetto” iscriviamo Giovanni Cervo che, come padrone di casa e presidente del circolo sardo di Milano, ha fatto si che in questo sabato 11 di novembre si svolgesse la “cantata” di cui farò cronaca. Intanto il libro, dal titolo un po’ forzato a dire dell’autore, in effetti più che di virus ed epidemie è di come vengano presentate al pubblico di lettori e telespettatori che qui si va argomentando, e di quanto degradata sia la professione giornalistica, spesso serva di “editori spuri” più attenti ai conti aziendali che a quella che una volta veniva detta “verità dell’informazione”. La “Premessa” di Pinna è tutto un programma: “…zoom sui mali della sanità, affari sporchi, veleni dei media. Riflettori su depistaggi e notizie false. Inquadrature su malaffare e corruzioni. I temi della sicurezza contro le malattie vengono riproposti attraverso storie e personaggi, memorie esemplari…tutti scelti per evidenziare i pericoli per la democrazia nelle emergenze: insidie spesso dovute a vecchie e nuove disinformazioni”. “Dal colera al covid, dalla malaria alla febbre spagnola, tra virus e censure: in queste pagine scorrono carrellate sulla Sardegna dall’Ottocento al Duemila”. E a leggere l’introduzione storica che apre il volume, redatta da Eugenia Tognotti, coordinatrice degli studi antropologici, paleopatologi e storici dei popoli della Sardegna e del Mediterraneo, già professoressa ordinaria della storia della medicina all’università di Sassari, prolifera saggista (ultimo il suo: Vaccinare i bambini tra obbligo e persuasione. 300 anni di controversie, Milano 2021) e editorialista di vaglia (La Stampa, il Secolo XIX, La Nuova Sardegna), ti si stringe il cuore a leggere le condizioni sanitarie con cui hanno convissuto per secoli le genti della nostra isola. Sassari in particolare “per pestilenza famosa”- rinserrata tra le mura medievali- fu caratterizzata da una condizione urbana all’insegna della catastrofe epidemica, il sovraffollamento delle case, la mancanza delle fognature e dell’acquedotto sin alla metà dell’ottocento, determinarono crisi di mortalità che nel 1652 toccarono, secondo i dati forniti dalla municipalità,il numero di ventiduemila, i cinque sesti della popolazione. A Cagliari sette-ottomila. Lo storico Giuseppe Manno racconta dell’impressione suscitata, nel 1747, da un’epidemia di vaiolo che nella sola città di Cagliari aveva ucciso 500 bambini (pag.15). Vaiolo che nel 1829 nella sola provincia di Sassari fece 7807 morti. E finalmente la pratica del vaccino antivaioloso iniziò a dare i suoi frutti, la vampata epidemica del 1846 colpì a Sassari 389 individui, i morti furono “solo” 99, di cui 96 non vaccinati. E che dire della devastante epidemia di colera che nel biennio 1854-55 colpì la Sardegna, e in particolare Sassari, che perse un quinto della sua popolazione ( 4900 vittime su 23.000 abitanti) in poche settimane, dalla fine di luglio ai primi di agosto. Uno degli avvenimenti più importanti della sua storia recente. “I sassaresi più anziani dovevano di certo conservare nella memoria quella tremenda epidemia, quando 63 anni dopo, la Spagnola arrivata alla fine della guerra impose alcune delle misure adottate al tempo del colera: la rigorosa pulizia delle strade, piazze uffici pubblici e chiese, la disinfezione con acido fenico delle case, la chiusura delle scuole, il ricorso dei militari in convalescenza per il trasporto dei cadaveri” ( pag.20). Nel silenzio imposto dalla censura di guerra, nella provincia di Sassari la “Nuova” è l’unica fonte di informazione indiretta per la popolazione spaventata: non sfugge ai lettori l’allungamento del numero dei morti nella rubrica “Stato civile”. La parola “Spagnola” non compare mai nelle cronache, in quanto evocativa di malattia e morte. Il numero di vittime totali per la Sardegna si possono ragionevolmente stimare intorno a 12.000, si avvicina a quello dei caduti in battaglia nei tre anni di guerra (13.602). In Italia il numero delle vittime si avvicinava a 600.000. Il libro comunque, dice Casalini, è molte altre cose, una sorta di storia del giornalismo sardo, di cui sono qui presenti due “cavalli di razza”, anche se Muscau deve essere annoverato come importante presenza del giornalismo milanese. E tocca a Costantino Muscau addentrasi a grandi linee sui due secoli di storia sarda che vengono trattati nel libro: con sei articoli che si riferiscono solo al covid e altri dieci episodi, che spaziano da Mesina, al salto di Quirra, alla “pandemia di eroina” che ha sconvolto per anni i comuni della Sardegna. E poi la storia di tre donne eccezionali, tra le quali spicca quell’Eva Mameli che si guadagnò la medaglia d’argento per il suo lavoro di crocerossina tra i soldati colpiti da Spagnola, lei che nata a Sassari nel 1886, dopo aver frequentato un liceo pubblico, prima donna in Italia si laurea in Scienze naturali. Nel dopoguerra si sposa con lo scienziato-agronomo Mario Calvino e con lui si trasferisce a Cuba. Dal matrimonio nel 1923, nasce Italo Calvino, uno dei geni della letteratura occidentale. Comunque se c’è una cosa che manca in questo libro è il “caso Lombardini” conseguente al sequestro Melis. E tocca a Pier Giorgio Pinna ribattere che il caso sarà ampiamente trattato in un prossimo libro, la direttrice chiave di questo, dice, è l’incolumità pubblica e la salute, viste da punti diversi. La struttura è quella del saggio giornalistico. Mettendo a fuoco come la pubblicistica abbia seguito questi fenomeni. “Sono molto critico, me lo posso permettere perché sono in pensione, anche verso i colleghi che in questo periodo si sono occupati di covid. Ho scelto le tre donne perché sono un po’ dei simboli, che si sono dovute scontrare con la mediocrità e imbecillità delle classi dirigenti. Di Mesina, un trafficante al soldo della ndrangheta, ho voluto mettere in luce la figura di criminale seriale, per levargli quella maschera di “balente”che si è sempre dipinto in faccia. La comunicazione sul covid è stata a dir poco pigra. I giornalisti hanno pubblicato veline. Non c’è stato senso critico. La sanità in Sardegna è allo sfascio. Come può autodefinirsi “regione turistica”? Quando i bambini talassemici sono costretti a farsi 500 chilometri per usufruire della trasfusione che salva loro la vita. Tutti i territori sardi sono nei guai. Va un poco meglio a Cagliari. Ma di tutto questo la stampa sarda si distingue per censure e autocensure. Per la verità il suo periodo più basso fu quello in cui imperversava l’industriale chimico Nino Rovelli, che si comprò prima la “Nuova”, e da allora nel quotidiano sassarese non si è più sentito parlare di “morti bianche”. Poi, tramite l’Eridiana zuccheri, controllò anche l’”Unione” e allora la stampa sarda suonò solo la musica di uno spartito che Rovelli dettava ai direttori del periodo. Non che oggi vada meglio, in quanto a trasparenza della proprietà, una serie di sigle che nascondono per lo più aziende di carattere finanziario, neanche imprenditoriale a senso stretto. Se mi chiedeste che voto dare ai due quotidiani sardi oggi: ebbene all’”Unione” sarebbe un cinque e mezzo, ha conservato una certa dignità, alla “Nuova” di oggi ( il suo giornale di sempre, ndr.) un bel tre”. E Muscau si dice d’accordo, lui che in pieno periodo covid, ammalatasi una sua nipotina di cinque anni, ha dovuto prendere atto che a Sassari non c’è un chirurgo pediatrico, e si è dovuto, al solito, correre in quel di Cagliari. Ha fatto il diavolo a quattro in quel frangente e, per la verità, il suo sfogo è stato pubblicato: l’intervista esce sull’ ”Unione”, il giorno dopo a contraltare è intervistato l’assessore alla sanità, circondando l’intervista con notizie che sminuivano la drammaticità della situazione. Anche a Milano si è fatto sentire Costantino Muscau, stupito che il comune meneghino non pubblicasse il numero di decessi a Milano città. Memore dei suoi trascorsi giornalistici anche se in pensione da due anni, ha telefonato al capo ufficio stampa dell’assessore Gallera (non ancora giubilato in cambio di una Moratti a cui era stata fatta intravvedere una futura candidatura in regione), ottenendo che il dato di decessi fosse comunicato una sola volta e mai più. Per non creare paure ingiustificate. La “Spagnola” aveva fatto da apripista. Il nuovo governo sembra pensarla allo stesso modo, meno il “popolo” ha informazioni, più se ne sta tranquillo, ma-come osserva Eugenia Tognotti- è anche un momento nel quale parte della politica si muove con logiche di occupazione del potere: perché l’allargamento degli spazi di manovra nelle nomine dei manager e direttori sanitari “offre un inedito campo di conquista del consenso elettorale” (pag.69). Nuovi giornalisti cercansi: “Virus &Censure”, per loro un vademecum che davvero non debbono lasciarsi scappare.

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3 commenti

  1. Il titolo dovrebbe essere “veri giornalisti cercasi”…

    • Sono contenta che siano dei giornalisti sardi ad evidenziare la caduta libera del giornalismo italiano. Basta sapere chi ha comprato giornali come Repubblica, il Corriere della Sera, La Spampa, ecc. Per capire che le notizie sono mirate alla convenienza delle loro multinazionali. Sembra, il vostro, un libro coraggiosi e interessante. Non so se sono d’accordo con il 5,5 all’Unione, mi sembra troppo, ma sono d’accordo col tre alla Nuova e anche ai Nazionali sopra citati.

  2. specialmente non venduti al potere

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