LA “FABBRA” DEL CAMPIDANO: L‘ARTISTA FRANCESCA FRAU E I GIOIELLI IDENTITARI CHE RACCONTANO UNA STORIA ANTICA

Francesca Frau

di FULVIO TOCCO

Francesca Frau, la fabbra di Serrenti, è oggi conosciuta su scenari artistici regionali, nazionali ed europei. Le sue opere fanno parte della “vetrina dell’artigianato artistico della Sardegna”. Per la raffinatezza dei suoi arredi è stata introdotta nel “progetto wellmade della fondazione cologni” dei mestieri d’arte al fianco di alcune tra le più prestigiose botteghe artigiane italiane. Un altro elemento distintivo che la premia per la sua lungimiranza: è l’inserimento nella homo faber guide della Michelangelo foundation che raccoglie le produzioni legate al mondo dell’alto artigianato europeo.  Con la sua formazione culturale, la sua caparbietà e destrezza si è distinta divenendo una grande artista. Oggi è l’orgoglio dei cittadini di Serrenti. Un esempio per coloro che trovano difficoltà ad affermarsi nei mestieri desiderati.

IL RACCONTO DI FRANCESCA

Se non fossi nata nella casa di un fabbro probabilmente non saprei neanche che forma avesse avuto una fucina, ma per una fortunata circostanza sono nata nella casa di un fabbro, e questo mi ha avvantaggiato. Sono nata in casa di un artigiano di vecchio stile, di quelli che hanno imparato il mestiere quando la tecnica non si apprendeva con i tirocini formativi ma attraverso l’insegnamento quotidiano di un mastro ferraiolo di riferimento; si imparava tra il taglio di una lamiera e l’altra, quando la lamiera in ferro si fendeva a suon di mazza e scalpello. La mia adolescenza si è svolta in un ambiente in cui imparare un mestiere rappresentava qualcosa di molto importante. La cultura del lavoro dei miei genitori è stata determinante per la mia formazione artigianale di base. Il loro esempio mi è stato utile per iniziare il percorso finalizzato ad acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per svolgere un’attività lavorativa più che qualificata.

I miei giochi da bambina sono sempre stati quelli genuini tipici dei bambini serrentesi; giochi che si svolgevano, per lo più, in compagnia di fratelli, cugini e bambini del vicinato. Quando potevo, nelle mattinate estive, mi soffermavo nelle vicinanze della postazione di mio padre per ascoltare la musica dell’incudine e osservare i dettagli della forgiatura nell’officina. In quei giorni chiaramente l’idea di imparare un mestiere non mi sfiorava neanche, ma quello spettacolo di movimenti e suoni che accostavo ad una danza ritmata, era talmente affascinante che mi sembrava di assistere ad un concerto naturale. Ascoltare il suono dell’incudine, osservare il crepitio del carbone sulla forgia e vedere mio padre con un’espressione concentrata sul lavoro che aveva sottomano mi affascinava. A forgiatura ultimata, come in un film, mio padre posava il martello e osservava, con un ultimo sguardo, ogni dettaglio del manufatto ancora caldo. Tutto è iniziato quindi per gioco e in maniera inconsapevole, ma col senno di poi, posso affermare con certezza che in quelle giornate di osservazione sono state poste le fondamenta per il mio futuro da fabbra; se non altro ho iniziato a prendere sempre maggior confidenza con quell’ambiente, con i suoi odori, con la conoscenza delle attrezzature e di tanti dettagli che solo una bambina curiosa può percepire.

Durante la mia adolescenza la “musica” comincia a cambiare: do inizio agli studi da geometra e come tutti i miei coetanei sentivo l’esigenza di qualche soldo in più da usare durante le uscite con le amiche o per comprarmi ciò che desideravo. Gli studi andavano bene quindi alla richiesta di poter cercare qualche lavoretto, i miei acconsentirono, e visto che nel laboratorio di mio padre c’era sempre qualcosa da fare, lui mi propose di aiutarlo per assolvere a dei piccoli compiti. All’inizio mi destinò alla pulizie e riordino del laboratorio, poi a qualche mansione relativa alla realizzazione degli infissi d’alluminio.  Man mano che passavano gli anni, fino al diploma, il mio ruolo si riduceva a quello di “aiutante di bottega”, ma quella funzione assai ripetitiva e poco creativa cominciava a starmi stretta, per cui iniziai a spingere per poter fare qualcosa di più impegnativo, e nonostante l’iniziale disappunto di mio padre, l’insistenza alla fine ebbe i suoi frutti, iniziai così ad avvicinarmi attivamente ai macchinari principali e soprattutto, ma questo quasi di nascosto nei momenti di pausa o assenza di mio padre, iniziai a lavorare col martello il ferro incandescente per creare dei piccoli oggetti.

Dopo il diploma, mi iscrivo all’università, in scienze politiche, e contemporaneamente inizio a frequentare sempre di più il laboratorio, interessandomi all’aspetto creativo e sperimentando nuove tecniche. Alternavo allo studio universitario anche quello di vari testi specializzati sull’ l’arte del ferro. Stavo iniziando a immergermi nel mondo del ferro battuto inteso come arte e venni letteralmente stregata da questo mondo al punto che dopo circa un anno abbandonai gli studi universitari e decisi di buttarmi anima e corpo nel laboratorio di papà.

Mi dedicai veramente tanto ad apprendere i segreti di questa arte che divenni operativa per davvero; di lì a qualche anno divenni totalmente autonoma ma continuai ad approfondire le conoscenze e ricercare punti di vista differenti con lo studio e la frequentazione di corsi, tra cui uno da argentiera, che mi ha dato una marcia in più nelle tecniche di cesellatura e nella cura dei dettagli.

Nei primi anni 2000 mio padre va in pensione e io mi sono trovata davanti alla scelta di rilevare o meno l’azienda: lo faccio e in poco tempo cambio direzione all’attività. Abbandono la lavorazione dell’alluminio e la manutenzione delle attrezzature agricole, settori che seppur remunerativi erano per me poco creativi e scarsamente motivanti, quindi puntai decisamente sulla produzione di oggetti dal sapore più artistico, e probabilmente più adatti ad una donna. Una volta preso in mano il testimone ho tralasciato certi lavori che eseguiva mio padre per ampliare la gamma di prodotti e servizi da offrire ai clienti.

Innanzitutto ho iniziato a proporre il mio punto di vista alla clientela nel momento in cui mi venivano richieste lavorazioni tipicamente fabbrili come la realizzazione di cancellate, scale, balaustre, proponendo uno stile talvolta elaborato, talvolta minimale, e a questo ho affiancato la realizzazione di oggettistica d’arredo su richiesta. In seguito ho iniziato a creare una proposta di arredi disegnati e realizzati completamente da me. In cuor mio sapevo di poter creare qual cosa di originale in aderenza della cultura identitaria isolana. Per esempio, trasformare un “campanaccio” del mondo agropastorale in un gioiello per me è stata una grande soddisfazione.

Nel 2011 partecipai alla fiera della Sardegna nel padiglione dell’edilizia e successivamente, visto il taglio “artistico” dei miei lavori, mi fu proposto di continuare a partecipare nella sezione artigianato di qualità dove iniziai a frequentare tanti artigiani dell’artistico e dove sono nate diverse collaborazioni molto interessanti.

A partire dal 2014 vengo invitata regolarmente dalla fiera dell’artigianato artistico della Sardegna e di lì a breve anche alla mostra del tappeto di Samugheo dove continuo a partecipare e collaborare a fianco dei bravi artisti che la frequentano. E oggi sono soddisfatta perché faccio un lavoro che adoro. Un lavoro che mi dà la sensazione di poter dare il meglio di me stessa e che mi stimola a farlo continuamente perché ho voglia di imparare cose nuove e di migliorarmi ulteriormente.

L’immagine di Francesca, merita di essere evidenziata ora non domani poiché, in un epoca di globalizzazione sbagliata e di spopolamento dei piccoli centri, abbiamo un gran bisogno di modelli positivi da mostrare alle nuove generazioni. È vero che pochissime persone sono in grado di cambiare il mondo, ma è anche vero che alle edificatrici di esempi positivi non possiamo rinunciare. Il cammino intrapreso da Francesca può rappresentare un valido modello per coloro che trovano difficoltà ad affermarsi nei mestieri desiderati. Abbiamo bisogno delle esperienze di chi di fronte alle difficoltà non si è mai arresa ma che ha cercato tenacemente e responsabilmente di costruire un suo percorso di vita professionale.

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