di FRANCO COLOMO
Impossibile, nel visitare la mostra del Man “Picasso e Guernica. Genesi di un capolavoro. Contro tutte le guerre”, non rimanere affascinati e impressionati dall’opera realizzata per l’occasione dallo Studio Pratha, una serie di arazzi che ripropongono a grandezza naturale alcuni dei soggetti della monumentale tela picassiana. Una intuizione della direttrice del museo nuorese Chiara Gatti che ha incontrato l’adesione entusiasta di Graziella Carta, direttrice creativa di Studio Pratha che ha coordinato il lavoro delle maestre di tessitura di Sarule Lucia Piredda, Alberta Pinna, Lucia Todde, Rosaria Ladu, Gonaria Todde.
È proprio Graziella Carta raccontarci come è nata l’opera. «Ho fatto la mia proposta alle tessitrici – spiega -, chiedendo loro se si potesse realizzare. “Se la trasformate in quadrettatura ci possiamo provare”, la risposta. La giovane designer Laura Lai ha rielaborato graficamente le figure scelte – la donna che piange, il cavallo, il toro, l’allegoria della luce (donna che vola con lanterna), il pugnale spezzato, il soldato ucciso – traducendole in pixel per renderle leggibili alle tessitrici. La tessitura è matematica – spiega Graziella Carta – a ogni quadratino di 5 millimetri corrispondono 4 fili, ogni quadratino è un numero, un numero corrisponde a un colore, la composizione finale dà l’effetto che vediamo».
Ci sono voluti cinque mesi per completare l’opera, le tessitrici hanno dovuto lavorare anche di notte, riposando il tempo minimo necessario. L’entusiasmo e la forza di volontà di queste donne, spronate e incoraggiate dalla direttrice creativa, ha dato vita a una meravigliosa impresa collettiva. «L’ultimo pezzo lo abbiamo tagliato al telaio la sera prima dell’inaugurazione e la ricamatrice che raccoglie tutti i fili finali ha lavorato di notte. Abbiamo consegnato gli arazzi qualche ora prima dell’evento, ce l’abbiamo fatta, questo conta». Così è stata la genesi di un altro capolavoro, per richiamare il titolo dell’intera esposizione.
«Quando ho visto la prima opera comporsi, “La donna che urla”, poi completarsi nel telaio pronta per essere tagliata – racconta ancora Graziella Carta – è stata un’emozione, mi pareva di leggere l’urlo uscire dalla bocca di quella donna e ho avuto la consapevolezza della grandezza di Picasso ma anche di quello che abbiamo fatto. Mi sembrava quasi che Picasso nel concepire l’opera abbia pensato a una possibile traduzione in tessitura, abbia pensato a noi, mi è venuto da dire: “Grazie Picasso, ti aspettavamo da sempre”. Aspettavamo qualcuno che potesse far riemergere la potenza artistica che c’è dentro questo tipo di tessitura, la più antica che si conosca, la più semplice».
La vetrina nazionale e interazionale della mostra al Man è un primo punto di arrivo per lo Studio Pratha, una iniziativa tutta al femminile nata dalla visione dell’imprenditrice originaria di Fonni che ha coinvolto donne di ogni età, dalla designer a chi si occupa di comunicazione fino alle tessitrici che hanno 50 o 60 anni di esperienza. Un’esperienza che però rischiava di andare perduta. Qui c’è la scommessa, la visione di Graziella Carta. Quando ne parla è un fiume in piena: «Ho sempre amato l’arte – spiega – in particolare considero l’arte sarda come un serbatoio infinito di eccellenze. Ho visto esplodere le magnificenze degli ani 60 e 70 poi il lento declino, abbiamo cercato di rincorrere il poco prezzo, l’acquisto immediato e l’eccellenza è andata perdendosi. Non so come miracolosamente queste donne abbiano conservato, tramandato e custodito un’arte che era già quasi persa. Mi sono chiesta: perché deve finire? Sei anni fa è nato nella mia mente il progetto e ho pensato di investire tutto il lavoro della mia vita, dovevo fare qualcosa per il mio territorio, per salvare questa eccellenza, per amore dell’arte. Dietro c’è filantropia, mecenatismo ma anche un po’ di imprenditorialità perché vedevo la possibilità anche di una rinascita economica per il nostro territorio. Io ho scelto la tessitura perché la sentivo più vicina ma c’è tanta creatività in Sardegna, la cestineria, il ricamo, il sughero… se punto il dito in un paese a caso lì trovo una eccellenza da poter portare a livelli importanti».
Questo il progetto ma i passaggi sono stati anche faticosi. «Ho dovuto bussare a casa di ogni tessitrice. Loro non lavoravano quasi più ormai, oppure con modelli belli e preziosi ma anche troppo costosi per un mercato locale già saturo. Ho detto loro che avevo una proposta nuova, che potevamo dare lustro a quest’arte solo se facevamo una proposta contemporanea». Per questo Studio Pratha ha deciso di presentare le proprie opere a livello museale e di galleria d’arte, «la nostra non è una proposta seriale ma di alta eccellenza per ciò si rivolge a un mercato che sia in grado di recepirla e pagarla quanto merita».
Ora si iniziano a raccogliere i frutti, il marchio è entrato da pochi giorni nella guida Fiber Art, alcune opere sono state inviate alle ambasciate in Cina e a Singapore, diversi designer guardano con attenzione al lavoro che qui nasce. L’arazzo è storicamente italiano e il made in Italy è ricercato, ora si continua a realizzare solo in Sardegna. «In più – come sottolinea ancora con orgoglio Graziella Carta – le nostre sono creazioni ecosostenibili al 100%, il lavoro è tutto manuale, il materiale utilizzato (la lana di pecora) altrettanto».
C’è infine un ultimo messaggio. L’evento del Man, così partecipato, ha dimostrato che la cultura genera economia: «La cultura crea ricchezza, più cresce l’offerta culturale più cresce il benessere economico. Ci dobbiamo credere, dobbiamo sentirci coeredi di questa storia», conclude la direttrice creativa di Studio Pratha, già pronta per le prossime sfide.