di ELEONORA PUGGIONI
Centinaia sono stati gli eventi per rendere omaggio alla figura di Grazia Deledda in occasione del 150° anniversario della sua nascita, progetto promosso dalla Provincia di Nuoro. Convegni, spettacoli teatrali, proiezioni, discussioni sono state al centro delle attività dei settanta circoli sardi che, in collaborazione con gli enti e le istituzioni delle nuove regioni di residenza, hanno promosso in tutte le sue sfumature la figura della scrittrice. L’opera di promozione culturale dei circoli in questo senso diventa fondamentale: ancora oggi, infatti, troppo poco viene approfondito lo studio su Grazia Deledda; quasi inesistente nei manuali scolastici di scuola secondaria di primo e secondo grado, poco studiata anche all’università.
Con i colori del ricordo, Grazia Deledda traccia pennellate vivide della Sardegna della sua infanzia, terra arida e meravigliosa, irta di difficoltà, di pregiudizi e paure che influenzano la vita degli uomini. Ma la sua forza risiede anche nella sua stessa natura di donna, sarda, scrittrice, emigrata che lotta in un ambiente prettamente maschile, combattendo contro discriminazione e diffidenza.
Allora cosa le ha impedito di entrare nel novero dei grandi, di entrare nell’immaginario collettivo e nella formazione culturale di generazioni di italiani? Nata lontanissimo dal centro del potere, distante, anche a Roma in cui si trasferisce, da quei salotti letterari che sanciscono chi deve essere ricordato e chi no, la Deledda è l’unica donna italiana ad aver vinto nel 1926 il Nobel per la Letteratura ed è la seconda donna a livello mondiale. Il racconto della Sardegna che ci regala, che ricorda nella sua poetica i grandi autori russi, spesso viene tacciato ingiustamente di provincialismo e mero folclore. Ma nella sua scrittura troviamo i grandi temi dell’umanità, guardati con occhi attenti in cui i veri protagonisti sono gli ultimi, uomini e donne alle prese con la vita, il dolore, il peccato, il perdono.
Nei suoi romanzi il senso della colpa e del riscatto, la devozione, il risentimento, l’onore, si consumano dentro tragici e oscuri silenzi che nascondono dei segreti inconfessabili e inconfessati. La Deledda traccia la storia della lotta per la dura esistenza, in cui l’orgoglio non vacilla nemmeno davanti alla morte. La descrizione dei profumi e dei colori della terra che ricordano in alcuni passaggi Marcel Proust, trasportano il lettore in un mondo denso e profumato di macchia mediterranea.
La ricchezza della sua narrativa è un bene comune che non si può perdere, che deve essere riscattato dalle tenebre dell’oblio e da una categorizzazione rigida che non rende merito alla profondità delle sue opere. L’azione sinergica dei Circoli, della Fasi, della Sardegna stessa si muove proprio in questa direzione: promuovere la sua figura affinché non solo gli addetti ai lavori, ma soprattutto le nuove generazioni conoscano la grandezza di Grazia Deledda.