di GIANMARCO COSSU
Da una parte l’epocale poema latino “Eneide” del poeta Virgilio, che racconta della leggendaria storia del troiano Enea e della fondazione della gens romana, dopo le peripezie per il Mediterraneo. Dall’altra parte, la Bibbia, “il libro dei libri”. Che cosa hanno in comune? A Cagliari c’è chi si è cimentato in una loro traduzione in sardo.
Classe 1939, una vita da funzionario nella pubblica amministrazione e tanta passione per il sardo che “deve rispettare tutti e farsi rispettare”. Dal capoluogo isolano Paolo Cannas, cuore villanoviano e infanzia trascorsa a Sadali, racconta i suoi anni di studio e riscritture di opere monumentali, portate in seno alla cultura della Sardegna. E ancora oggi, all’età di 82 anni, non ha perso lo “sprint” e culla sempre il sogno di far conoscere a tutti i suoi lavori.
“La scrittura? Serve a riprodurre i suoni della lingua e a facilitare la vita delle persone”. Un amore sbocciato in età adulta ed ecco allora che per Paolo, negli anni ’90, è iniziato il lavoro di traduzione della Bibbia, adottando un sistema di scrittura standard, già studiato nel mondo accademico, che includesse tutte le varianti linguistiche del sardo. “Se ho escluso le parole di qualche variante, l’ho fatto per ragioni eufonetiche, non per una qualche forma di discriminazione”, spiega.
Quasi venti ore di lavoro al giorno per oltre 13 mesi. La traduzione in sardo delle 2mila pagine della Bibbia ha richiesto davvero lunghi mesi di studio e passione. E poi, ulteriore tempo di “limatura” e perfezionamento lessicale continuo, con un’accurata introduzione all’opera. Ma per Paolo sono arrivate anche le soddisfazioni. “Ho fatto leggere il mio lavoro al vescovo monsignor Piseddu e da lui, così come da altri esperti, ho ricevuto parole lusinghiere”.
Pagine e pagine di sudate carte rimaste, però, nel fondo del cassetto. La pubblicazione, infatti, sembrava a un passo con un altro lavoro, quello della traduzione di “Storia della Sardegna” di Raimondo Carta Raspi, uno dei più illustri storici isolani fra le due guerre. “Gli inglesi raccontano la loro origine in lingua inglese. Perché noi non possiamo farlo in lingua sarda?”. Da qui, i contatti con la casa editrice e una risposta positiva, dopo un po’ di tempo, a una collaborazione a scopo di pubblicazione del lavoro di Cannas. “Che è successo poi? Purtroppo la casa editrice è fallita e tutto è stato bloccato”.
Poi, negli anni ’00 la traduzione del poema virgiliano Eneide. Un volumone di XII libri, con testo a fronte latino, che ha visto la conclusione nel 2005. “Ho cercato di essere più fedele possibile all’originale e alla metrica. Ancora oggi modifico e riscrivo a penna, a seconda di quello che scopro nei miei studi”, spiega Cannas che con calore legge con calore i versi del libro I – “su de unu” – “Arma virumque cano…” in sardo. “Erano già stati tradotti i due pilastri dell’epica, l’Iliade e l’Odissea di Omero. E allora io ho pensato al poema di Virgilio”.
Di recente ecco un altro lavoro di traduzione. Quello del romanzo “Leonardo Alagon” di Pietro Carboni.
Soddisfazioni finite per Paolo Cannas? Nemmeno per idea, perché nel suo cuore alberga ancora un sogno: “Vorrei vedere le mie opere pubblicate da qualche editore”.