di GIANRAIMONDO FARINA
Pattada, paese di cultura, Pattada paese di poesia. Questo importante ed attivo centro del Logudoro- Monte Acuto, alle pendici del Monte Lerno, che guarda in faccia le rigogliose montagne del Gocéano, si conferma come uno dei grandi centri della letteratura e della lingua sarda, nel suo dialetto logudorese. E non parliamo solo dei classici come padre Luca , o Giovanni Maria Demelas Pisurzi o Giovanni Maria Sanna Limbudu, ossia i grandi della poesia sarda moderna. Pattada è anche il paese di altri poeti contemporanei come il già ricordato Antoni Palitta ed, in questo caso, Giuseppe Monzitta, venuto a mancare nel 2019. In questo senso si conferma per il centro logudorese quanto scritto da un altro suo grande figlio, quell’Angelo Carboni, letterato, uomo di cultura e di sport, che da tempo combatte contro la SLA: paese “fucina di parole”. Ebbene, questo comune- “fucina di parole”- ha rappresentato anche per lui un’ottima “fucina” dentro cui “forgiare” i suoi versi. Perché, occorre ricordare, Palitta non nasce come poeta di tavolino (a taulinu) ma estemporaneo, per poi diventare scrittore. Un uomo che, fino alla soglia dei novant’anni ha fatto l’agricoltore ed il pastore, entrando, con i sui versi, nell’anima e nel sentito (su sentidu) della sua amata comunità. Lo stesso Carboni rileva, nel commento generale alla sua vasta produzione poetica, come parlare di Monzitta come mero poeta vernacoliere locale, di contos de foghile, sia alquanto riduttivo. Il passaggio dall’estemporaneità alla produzione scritta (aspetto comune anche in altri, ma non in tutti), si badi bene, ha consentito a quest’umile contadino- pastore, di fare un passo importante che, per noi sardi d’Oltremare è esiziale, cioè di scrivere e parlare anche al mondo dell’emigrazione, attraverso sonetti, otavas serradas e undighinas. Monzitta è stato, in questo, un poeta “a tutto tondo”: guardava, certamente, al suo “mondo” di Pattada, ma, poi, si rivolgeva al grande “mondo” della Sardegna, con un particolare occhio di riguardo a chi viveva le difficoltà, le sofferenze e le scommesse dello stare lontano.
Una poesia, la sua, che, stando sempre all’attenta e critica analisi di Angelo Carboni, ci presenta Monzitta come poeta che sostanzia in sé tanti aspetti del vivere umano attualizzandoli. Monzitta è, innanzitutto, poeta pattadese e sardo. Non mancano i segni di questi riferimenti al panorama che ha segnato la sua esperienza: “arados de linna, telarzos, ferrajolas, su suore, fadiga e istrobbos de messeras, arzolas”, ma anche la gioia della festa e l’ambiente, passato, scherzoso e carico di sinnos, dei tusorzos, binnennas, porchinados… .Monzitta è, poi, poeta della normalità, una nuova normalità. Ed, in questo senso, i versi scelti dallo stesso Carboni, sono quanto mai emblematici: “…una grascia ti pedo, una ebbìa / Tue chi as poderes soberanos / isolvemi cussu nodu ‘e sa ‘ula / pro chi potan iscurrer sos faeddos / chi gito in s’arguene arrebbocados / pro chi pota cantare s’anninnìa / che donzi bona mama / a custu lizu apena isbociadu / pro ti narrer nuinas e rosarios / oe ch’est in perigulu sa paghe…”. Una normalità quanto mai attuale la cui pace rimane sempre a rischio. Passaggio, quest’ultimo che ci spinge, sempre guidati dalla sapiente guida di Angelo Carboni, a definire il nostro anche poeta dell’attualità, di un’attualità pervasa da impegno civico per il bene comune. Ed anche qua i versi scelti sono più che mai eloquenti. Essi parlano di lotta per l’ambientalismo, per il disarmo, atomicas in giru, contro la povertà e per il pacifismo. “Stando ben attento a non trasformarli in asettiche ideologie”,ha osservato con acume sempre Carboni . A questi aspetti di drammatica attualità non può non seguire l’ accorato appello indirizzato ai potenti della terra e all’intera umanità: “ Azis mai intesu it’est s’amore, sa fide illuminada, su perdonu?”.
Un’ ulteriore riflessione teologica, quest’ultima, sul perdono, che ci porta ad analizzare, forse, l’aspetto più originale ed interessante dell’ “ars poetica” di questo grande poeta sardo contemporaneo, ossia quello di una concezione francescana della natura. Aspetto, quest’ultimo, ben presente in queste strofe “…A l’intendides cus-su murmuriu / chi paret un’armoniu divinu / sun sas notas de s’abba in su trainu / da ch’in sos pojos giogulat chin briu… Sas funtanas perennes in s’altura / ispijos de cristallu ‘ene pulidos / a parte chi ristoran sos sididos / cantan gosos de paghe a sa natura. / Intendide, intendide it’armonia / ch’intonan in cust’adde tantu amena / su rusignolu chin sa filumena / sa calandra, sa merula in sa cria. / S’abe, chi su mundu a bolu girat / allegra, carignende ‘onzi fiore / sighit una cantone, totu amore / dulche chei su mele chi nde tirat. / Istasero, a prima intirinada / cando s’aera si presentat bruna / chin calma, una lughente serenada / sos isteddos acordan a sa luna…”. “Passaggi ricchi di ritmo e musicalità”- ha scritto Carboni- “che trasmettono una sensazione di pace interiore che non può che rimandare e suggerire l’atmosfera di lode a Dio del Cantico delle Creature”.
Dopo l’analisi critica del Monzitta- poeta, è venuto il ricordo. Pattada gli ha voluto tributare, sabato 5 novembre, un’iniziativa pubblica sapientemente organizzata e messa su dall’indomabile ed intrepido amico poeta Lussorio Cambiganu, uno per cui la poesia è cultura ed anima del nostro vivere. Un’iniziativa che, tenutasi presso il Teatro S. Croce, ha avuto come fulcro la presentazione del libro curato da Angelo Carboni dal titolo Iscampiadas de deris e de oe- Zuseppe Monzitta poeta. Presentazione che ha coinvolto i familiari, le parrocchie di Pattada e Bantine, l’associazione culturale Su Cuccuru di Pattada. La tavola rotonda, guidata da Pietro Lavena, ha visto, poi gli interventi autorevoli dell’editore Fabio Pillonca, del giornalista Piersandro Pillonca, di Lussorio Cambiganu e di Bruno Sini. Il tutto accompagnato dalle voci declamatorie di Carmela Arghittu e di Gianni Delogu e dal tenore “Padre Luca Cubeddu”.
Bi ha bessidu unu capolavoro grazie a lussorio
Grazie a Tottusinpari per il puntuale interesse.