di TONINO MULAS
Il 17 e il 18 di ottobre scorsi si è tenuto a Siena il convegno internazionale “Grazia Deledda fuori dall’isola: lingue, letteratura, folklore” che ha riunito studiosi di diverse discipline (storia della letteratura, linguistica, antropologia). L’importante appuntamento scientifico è stato reso possibile grazie alla collaborazione dell’Università degli Studi di Siena e dell’Università per Stranieri di Siena con la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia e il comitato per le celebrazioni dei 150 della nascita di Grazia Deledda. Dopo i grandi convegni deleddiani svoltisi a Cagliari, Sassari e Nuoro nel corso del 2021 organizzati dall’Isre (Istituto superiore regionale etnografico), i responsabili scientifici dell’incontro senese (Pietro Clemente, Riccardo Castellana e Simone Pisano), recependo un’osservazione di Cristina Lavinio, hanno pensato di valutare l’impatto della figura della scrittrice nuorese presso la comunità scientifica internazionale. Si è perciò ritenuto di mettere a confronto gli studiosi della Deledda che vivono e operano al di fuori dall’isola e che, soprattutto, non siano necessariamente di origine sarda.
Le giornate senesi sono state caratterizzate da una dimensione multidisciplinare e hanno visto la partecipazione di una nuova generazione di studiosi che, spesso, ha sfatato alcuni luoghi comuni sulla produzione deleddiana e, soprattutto, ha evidenziato il carattere universale del messaggio artistico della scrittrice premio Nobel 1926.
Il 17 ottobre, nel suggestivo contesto dell’auditorium di Santa Chiara, si sono avvicendate le relazioni degli storici della letteratura: Daniela Brogi (Università per stranieri di Siena) ha posto l’accento sulla modernità di alcuni aspetti del romanzo postumo “Cosima” quasi un testamento artistico della scrittrice, Luca Danti (Università di Pisa) ha invece evidenziato come alcuni temi della grande produzione europea e internazionale trovino costanti punti di contatto con la scrittura deleddiana, Ilaria Muoio (Università di Liegi, Belgio) ha invece analizzato alcuni aspetti “cinematografici” della produzione novellistica della scrittrice mentre Silvia Zangrandi (Università Iulm, Milano), sempre partendo dalla produzione minore, ha sottolineato una costante ricerca di modernità anche nella misura “breve” del racconto.
Al rapporto tra il grande scrittore senese Federigo Tozzi che, nel 1915, recensì il romanzo della Deledda “Marianna Sirca”, ha invece dedicato il suo intervento Riccardo Castellana (Università di Siena). Se da un lato Federigo Tozzi poteva infatti essere interessato a “ingraziarsi” la già nota scrittrice sarda, dall’altra emerge anche un sincero apprezzamento e, forse, anche una vicinanza a certi temi universali della scrittrice nuorese da parte del grande romanziere di Siena. Pasqualina Deriu (già docente di scuola superiore), infine, con buone motivazioni, ha tentato di riconnettere l’opera della Deledda al genere letterario del melodramma. Questa possibilità è peraltro stata efficacemente illustrata dalla Deriu in un suo recente saggio. Entrambe le giornate sono state chiuse efficacemente da un intervento scenico-teatrale.
Al termine degli interventi del pomeriggio del 17 ottobre è andato in scena lo spettacolo di Valentina Sulas “La madre del prete” tratto dal romanzo “La madre”. I temi cari alla scrittrice nuorese sono in qualche modo condensati in questa storia attraverso pochissimi, impressionistici tratti. Valentina Sulas, da sola sulla scena e con una minima dotazione di oggetti di scena, comunica in maniera mirabile questa essenzialità.
La giornata del 18 ottobre, tenutasi nell’aula magna dell’Università per stranieri di Siena, si è invece aperta con la relazione di Lucinda Spera (Università per stranieri di Siena); una ragionata e interessante rassegna delle “reazioni” che si registrarono presso il mondo letterario e i media italiani alla notizia del Nobel della Deledda, all’importanza della scrittrice come fonte di informazioni di carattere antropologico ha invece dedicato il suo intervento Pietro Clemente (Università di Firenze) evidenziando come questa impostazione, che ha inizio con la riflessione scientifica di Alberto Maria Cirese, abbia portato a importanti risultati.
Di taglio eminentemente linguistico e traduttologico le rimanenti relazioni. Gianluca Lauta (Università di Cassino) ha riferito di un suo studio, inedito, sulla produzione lirica della Deledda che, da sempre catalogata come trascurabile, quasi un maldestro tentativo di un’adolescente ancora acerba e illetterata, si rivela, dopo un’attenta analisi linguistica e metrica, assolutamente in linea con la poesia prodotta in Italia tra la fine dell’Ottocento e i primissimi anni del XX secolo.
Alle specificità della traduzione di “La Madre” in coreano (la sola opera della scrittrice nuorese tradotta in questa lingua) ha dedicato la sua relazione Imsuk Jung (Università per Stranieri di Siena), ancora il romanzo “La madre” è stato oggetto dell’intervento di Cèlia Nadal Pasqual (Università per Stranieri di Siena) che non solo si è soffermata sulle peculiarità della traduzione catalana ma ha anche affrontato il tema della violenza sessuale (abbastanza trascurato dalla critica) che segna fortemente il personaggio di Maria Maddalena (si presti attenzione al nome, certo non scelto casualmente dalla Deledda) la madre del sacerdote che dà anche il titolo al romanzo.
Con Renata Vinci (Università di Palermo) si è invece passati alla Cina e alle prime traduzioni di alcune novelle della scrittrice sarda tradotte in cinese già nel primo decennio del Novecento. Nell’ultima sessione di interventi Dino Manca (Università di Sassari) ha compiuto un dettagliato excursus sui testi deleddiani ponendo l’accento sull’assillo linguistico della scrittrice che rivede continuamente l’italiano dei suoi testi ma chiarendo anche che l’apporto della lingua sarda, nelle opere della maturità, non è un riflesso inconsapevole frutto della scarsa cultura della scrittrice ma un vigoroso strumento artistico che contribuisce all’unicità di tutta la produzione deleddiana. Simone Pisano (Università per stranieri di Siena) e Valentina Piunno (Università Roma3), con un lavoro computazionale su un corpus rappresentativo di romanzi deleddiani, hanno mostrato quanto possa essere promettente l’utilizzo di alcuni mezzi informatici per analizzare la lingua della scrittrice sarda e quanto il dato quantitativo costringa a rivedere alcuni giudizi sommari formulati, anche dal punto di vista linguistico, sull’opera deleddiana (anche recentemente si è parlato di “lingua grigia”). La relazione finale è stata affidata a Maria Giovanna Arcamone (Università di Pisa), studiosa di onomastica, che ha messo in evidenza quanto sia importante lo studio dell’antroponimia e della toponomastica nei romanzi e nelle novelle della scrittrice.
L’incontro senese si è concluso con una lettura scenica (curata da Elena Pau) di “Cosima”. La voce narrante di Elena Pau è stata magistralmente accompagnata dal canto di Elena Ledda e dalle musiche di Mauro Palmas. Non resta che augurarsi che l’apporto innovativo di molte delle relazioni ascoltate a Siena possa essere presto fruibile a tutti attraverso una pubblicazione. Le giornate di studio di Siena sono un raro esempio di collaborazione tra ricerca universitaria, associazioni culturali ed enti locali (Provincia di Nuoro, comitato per le celebrazioni per i 150 di Grazia Deledda). Nello specifico, la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia, con la collaborazione del circolo di Siena, con la capacità progettuale dei propri dirigenti e l’impegno di tanti volontari, si conferma un’istituzione imprescindibile per la promozione della cultura della Sardegna in tutte le sue declinazioni.
L’emigrazione sarda ha già il suo organo ufficiale: Tottus in Pari.Da venticinque anni in prima linea