di MICHELE PINTORE
Nuoro. La festa del Redentore e del grande monumento che da 122 anni svetta sul monte Ortobene e rappresenta un simbolo di Arte e Fede in tutta la Sardegna.
La tormentata storia dell’artistica opera d’arte voluta da papa Leone XIII per celebrare solennemente con l’Anno Santo del 1900 l’inizio del XX secolo.
Il generoso contributo dell’autore, lo scultore calabrese Vincenzo Jerace, che non chiese nessun compenso per la realizzazione dell’opera.
Lo slancio di generosità e il sacrificio dei sardi per la raccolta delle 14.000 lire necessarie per la fusione del titanico monumento, e il decisivo contributo della scrittrice Grazia Deledda, che lanciò un accorato appello alle donne sarde per raccogliere le 1.800 lire che ancora mancavano per raggiungere l’obiettivo.
La cronaca, tra storia e protagonisti
Il XIX secolo volgeva al termine, e il vecchio pontefice Leone XIII per voler solennemente celebrare l’Anno Santo indetto per il1900 ormai alle porte, decise per l’erezione di 19 monumenti (tanti quanti erano i secoli della Redenzione) da collocare come simboli di Arte e Fede su altrettante montagne italiane. La città di Nuoro ebbe l’onore di essere tra le località prescelte.
Tutto ebbe inizio il 6 luglio del 1899, quando il romano pontefice diede disposizioni al cardinale Domenico Jacobini di comunicare al vescovo di Nuoro, mons. Salvatorangelo Demartis, la decisione dell’importante scelta.
La città barbaricina rispose con entusiasmo al prestigioso riconoscimento, e seppure tra le tante difficoltà finanziarie del momento, si mise subito a lavoro per creare una grandiosa opera d’arte che avrebbe sfidato i secoli. Si decise inizialmente di collocare un cippo di medie dimensioni sul colle Sant’Onofrio, alla periferia della città, ma in seguito, per dare più risalto all’evento, si optò per una statua del Cristo Redentore di dimensione maggiore da collocare su una cima del Monte Ortobene, come segno di pace per un territorio da sempre considerato “tetro covo di malessere e banditismo”.
Novembre 1899. Viene costituito un comitato cittadino “Pro erigendo monumento”, composto da: mons. Salvatorangelo Demartis, vescovo di Nuoro (Presidente onorario), mons. Pasquale Lutzu, arciprete (Presidente effettivo), l’avvocato Francesco Mura, l’ingegnere Luigi Mura, l’impresario Eugenio Debernardi e i canonici Giovanni Antonio Mura e Antonio Giuseppe Solinas.
Dicembre 1899. L’avvocato Francesco Mura viene incaricato dal comitato di contattare a Napoli lo scultore calabrese Vincenzo Jerace (Polistena 1862 – Roma 1947), che lui già conosceva tramite un fratello dell’artista, Marino, che a Nuoro svolgeva l’attività di insegnante di educazione fisica.
13 febbraio 1900. Lo scultore Jerace accetta con entusiasmo il prestigioso incarico (per l’artista si trattava del primo lavoro importante) e in seguito invia a Nuoro un bozzetto della statua del Cristo Redentore, che viene esposto nella cattedrale cittadina suscitando grande interesse da parte dei nuoresi e l’approvazione del comitato, che autorizza la realizzazione dell’opera in argilla (che poi sarà fusa in bronzo). Si decide infine per una statua di dimensioni colossali, che sarà collocata sulla cima del monte Ortobene in località Car’a bidda (= di fronte al paese – “Nuoro in questo caso ” -). Intanto per conto del comitato cittadino parte una grande campagna per la raccolta dei fondi, preceduta da un appello a tutti i sardi per contribuire alle ingenti spese di fusione del monumento. Il vescovo Demartis contribuì personalmente con un’offerta di 3.000 lire (una cifra favolosa per quei tempi). Lo scultore Jerace dal canto suo non chiese nessun contributo per la sua prestazione artistica, ma anzi contribuì con una sua personale offerta di 50 lire. La popolazione, nonostante i tempi difficili che la Sardegna attraversava, rispose inizialmente con entusiasmo, anche se in seguito ci fu un sostanziale calo delle offerte, per cui si temette di arrivare in ritardo al raggiungimento dell’obiettivo. Si dovette intervenire con un forte e deciso appello da parte del comitato nuorese, che si rivolse con un nuovo richiamo alla generosità dei sardi: «La venuta del Cristo Redentore – scriveva il responsabile del comitato – non dovrà subire un vergognoso ritardo se voi tutti saprete corrispondere». Mancavano, infatti, circa 1.800 lire per raggiungere la quota stabilita, quando intervenne con forte determinazione la grande scrittrice Grazia Deledda, che scese in campo rivolgendosi direttamente alle donne sarde per donare libri, stoffe, e lavori di ricamo, con lo scopo di organizzare una lotteria col fine di raccogliere fondi a favore della raccolta “Pro erigendo monumento”.
2 aprile 1901. Si lavora alacremente per gettare le basi del monumento, mentre intanto viene posata la prima pietra del basamento di granito realizzato dallo scalpellino Bozzetti e destinato a sostenere l’opera di Jerace.
9 luglio 1901. La grande statua in argilla del Redentore è fusa in bronzo presso la “Fonderia Artistica Francesco Braccale” di Napoli in15 pezzi (che poi saranno assemblati), e racchiusa in sei grandi casse di legno è imbarcata sul piroscafo “Tirso” per raggiungere il porto di Cagliari, da dove proseguirà in carro merci delle Ferrovie Reali per Macomer, per fare successivamente scalo presso la Stazione delle Ferrovie Secondarie della Sardegna e raggiungere Nuoro.
16 luglio 1901. Il monumento del Cristo Redentore arriva alle ore 10 alla stazione di Nuoro.
La cronaca dell’epoca riporta che i nuoresi accorsero numerosi per assistere allo storico evento presso la piccola stazione ferroviaria in Sa ‘e Marine (attuale Piazza Italia), e che molti dovettero perfino arrampicarsi sugli alberi e sul muro di cinta dello scalo ferroviario, tanta era la calca. Sempre stando a quanto riportato dalla stampa, grande però fu la delusione dei curiosi, dal momento che i più fortunati videro soltanto sei grandi casse di legno completamente chiuse. Soltanto una di queste fu quella che destò lo stupore dei presenti, quella da dove usciva un enorme braccio con una grande mano aperta del Cristo su cui era incisa la scritta: “A Luisa Jerace, morta mentre il suo Vincenzo ti scolpiva” (Luisa Jerace, moglie dell’artista era morta da qualche mese). Dal canto suo, l’incredulo cronista della Nuova Sardegna presente all’evento, non trovando le parole adatte per descrivere il fatto, riportò sul suo giornale: “Incredibile … ho misurato il pollice del Cristo, misura nientemeno che ventiquattro centimetri di circonferenza!”.Il giorno seguente la grande statua smontata è esposta all’ammirazione del pubblico presso il giardino della famiglia Debernardi.
11 agosto 1901. I pezzi della statua sono caricati su tre solidi carri a buoi messi a disposizione da contadini nuoresi, e tramite un difficile percorso appositamente tracciato sul versante del monte sono faticosamente trasportati sulla cima dell’Ortobene, dove l’inaugurazione è prevista per il 22 agosto.
18 agosto 1901. Pur proseguendo alacremente i lavori di montaggio della statua, i tempi si allungano, la prevista inaugurazione di conseguenza deve essere nuovamente spostata, si terrà il 29 agosto.
21 agosto 1901. Nella città di Nuoro fervono nel frattempo i preparativi organizzati dal comitato per l’inaugurazione. Intanto il Corso Garibaldi, cuore pulsante della città, appare splendidamente addobbato con la messa in opera di un’illuminazione a lumi, con globetti “ alla veneziana”, mentre nella Piazza Mazzini è eretto un enorme padiglione per esposizioni. Viene inoltre allestita una ricca mensa da parte dei negozianti nuoresi a favore dei poveri della città. La Società Strade Ferrate Sarde dal canto suo, per la migliore riuscita dei festeggiamenti e il maggior afflusso di cittadini, comunica l’entrata in vigore di tariffe ridotte di andata e ritorno nei giorni dal 27 al 30 agosto e rientro entro il 2 settembre.
Intanto si provvede all’assegnazione degli spazi ai numerosi venditori ambulanti di prodotti locali e proseguono inoltre i preparativi per la preparazione dei fuochi artificiali e le corse a cavallo, mentre alberghi e pensioni sono al completo. Nel frattempo sull’Ortobene una squadra composta di quaranta operai lavora con impegno per il montaggio della statua, tramite grandi macchinari per la sollevazione dei pesanti pezzi che compongono il monumento.
29 agosto 1901 – Il giorno dell’inaugurazione. Quella mattina d’agosto, quando un’intera città fu ai piedi del Redentore.
Non è ancora l’alba che il Corso Garibaldi è animatissimo. Alle 6, al suono delle campane a festa, una lunga processione si mette in cammino verso l’Ortobene; è composta da una marea di fedeli oranti, che alterna il canto dei Gosos alle preghiere in lingua sarda presso le stazioni della Via Crucis segnata da grandi croci di ferro lungo tutto il percorso che porta alla cima del monte. La stampa riporta che: «La fantasia più ardita non arriva ad immaginare un quadro più pittoresco per luce, per movimento, per colore. Basti dire – aggiunge il cronista – che tutta la Sardegna è rappresentata, dall’arso Campidano, al verde Logudoro, con una varietà di costumi mai vista, una vera fiumana umana». Alle 9 una variopinta moltitudine formata da circa diecimila persone (molte delle quali indossano i ricchi tradizionali costumi sardi) è radunata intorno al grezzo altare di granito posto ai piedi della statua del Cristo Redentore, che appare nascosta ai fedeli da un grande telone bianco e ingabbiata da un ponteggio. I ritardi accumulati durante i giorni precedenti, purtroppo portarono appresso degli strascichi, ma purtroppo la data del 29 agosto non poteva essere ancora rimandata. Fu così che l’enorme monumento, il giorno 29 si presentò ai fedeli ancora avvolta dal grande telone bianco e ancora ingabbiata dal ponteggio che non si fece in tempo a smontare. Si racconta che allora il grande poeta nuorese, Sebastiano Satta, commentò l’inconveniente con la pungente battuta: «Cristo, gli ebrei ti hanno messo in croce, i preti invece ti hanno messo in gabbia».
Alle ore 10 si da inizio alla cerimonia dei festeggiamenti che prevedono la celebrazione della santa messa solenne e della lettura dell’atto verbale di consegna del monumento ai componenti del Capitolo della cattedrale di Nuoro che sottoscrissero per l’accettazione insieme alle autorità presenti. Purtroppo alla cerimonia non poterono presenziare i due personaggi che furono indubbiamente i maggiori protagonisti dell’evento: il vescovo di Nuoro, mons. Salvatorangelo Demartis, in quanto impedito da motivi di salute, causati dall’avanzata età, e l’artista autore dell’opera, lo scultore Vincenzo Jerace, a causa della recente morte dell’amata moglie Luisa. La messa solenne, celebrata dall’arciprete, mons. Pasquale Lutzu, ebbe inizio con commovente saluto ai due protagonisti assenti: «A te, venerando Salvatorangelo, vescovo di questa diocesi, e a te lontano insigne genio dell’arte che fosti la massima parte del compimento dell’opera grandiosa, giungano i miei voti». Alle 12,30 la cerimonia si concluse tra gli applausi della folla e la dettatura di alcuni telegrammi, tra cui quelli indirizzati a papa Leone XIII, al re Vittorio Emanuele III e la regina Margherita di Savoia. Seguì un grande banchetto nei pressi della chiesetta della Madonna del Montenero.