di RICCARDO LO RE
Ogni percorso trova sempre il suo punto di arrivo. Anche dopo essersi trovato su un sentiero accidentato e rischioso per sé stesso. La storia del nuraghe di Belveghile, a Olbia, ha finalmente il suo lieto fine. L’occhio non può fare a meno di guardare quel viadotto che contrasta dall’alto l’immagine del passato dell’isola. Una strada costruita più di trent’anni fa, nell’ambito della realizzazione della circonvallazione della città, in un periodo in cui le norme di tutela erano differenti da quelle attuali. Ma adesso si è deciso di intervenire e di restituire al nuraghe la sua dignità. Gli ultimi mesi sono stati infatti piuttosto intesi e ricchi di sorprese, non solo per quanto riguarda il ritrovamento di alcune strutture architettoniche inedite ma anche per i vari reperti storici che aggiungono valore alla storia della Sardegna. Il nuraghe di Belveghile è stato appena oggetto di una campagna di scavi sovvenzionata dal Segretariato regionale del Ministero della Cultura per la Sardegna con 300mila euro, una parte rispetto alla quota stanziata complessiva di 1 milione di euro. Ma dietro a questo progetto c’è stato un processo lungo e delicato, necessario a ridare valore a un altro pezzo di storia della città.
I lavori, affidati alla ditta Venezia s.r.l., si sono avvalsi di un personale locale altamente qualificato, sotto la direzione scientifica dell’archeologo Francesco Carrera della Soprintendenza e la guida della collega Paola Mancini. Tutto ciò fa ben sperare sul futuro e sulla possibilità di rendere il nuraghe di Belveghile accessibile ai visitatori.
L’intero intervento è stato circoscritto in un’area di 1.000 metri quadri. E a quanto pare questa stima era ridimensionata rispetto alla grandezza effettiva del monumento. Durante l’attività di scavo sono emersi nuovi dettagli in merito alla composizione delle diverse zone abitative. In questo momento sono 12 le strutture individuate: capanne a forma circolare e rettangolare che rivelano un’evoluzione architettonica che si è protratta negli anni. Gli esperti si sono inoltre focalizzati su una capanna absidata di 17 metri, esempio unico nel nord Sardegna, divisa in varie stanze e utilizzata soprattutto in campo artigianale, dove ci si dedicava alla realizzazione di tessuti. La scelta di un approfondimento specifico è dovuta al fatto che è la prima volta che viene rinvenuto questo tipo di edificio in questa zona della Sardegna, dove sono stati trovati anche più di 100 utensili sia in pietra che in terracotta. «Il nuraghe Belveghile è un sito con una storia recente molto difficile e non possiamo nascondere ciò che è stato realizzato nelle sue vicinanze, ma proprio per questo meritava attenzioni significative. Il monumento, inoltre, sarà inserito nell’app ìdese, di prossima uscita, realizzata per la creazione e lo sviluppo di percorsi culturali» ha spiegato Patricia Olivo, segretaria regionale del Ministero della cultura per la Sardegna.
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