GRAZIA DELEDDA, LA POESIA E LA BIBLIOGRAFIA AL FEMMINILE: NERIA DE GIOVANNI, SAGGISTA, CRITICA LETTERARIA E DIRETTRICE EDITORIALE DI ‘NEMAPRESS’

Neria De Giovanni

di LUCIA BECCHERE

Neria De Giovanni, giornalista pubblicista, è direttrice editoriale della Nemapress, prima italiana e prima donna a presiedere il Bureau internazionale Critici letterari con sede a Parigi. Ha scritto numerosi saggi sulla poesia, letteratura e scrittura femminile, 17 volumi su Grazia Deledda. Ha svolto vari seminari e conferenze, ha fatto parte del Comitato scientifico dei Convegni dell’Isre per i 150 anni della Deledda. Già Presidente del Consorzio e del Comitato Scientifico Parco Letterario Grazia Deledda, presiede la Giuria di molti premi nazionali e internazionali compreso il Premio Cambosu a Orotelli e il “Canne al vento” a Galtellì e tanto altro ancora.

Come si è avvicinata alla Deledda? «Assistente volontaria all’università, 40 anni fa già scrivevo su diversi autori della letteratura italiana, quando un mio amico, docente universitario, mi suggerì di scrivere su un autore di nicchia del quale pochi si interessavano. Da sarda decisi di occuparmi di Grazia Deledda. Questo mi ha portato a confrontarmi con un mondo internazionale – unica italiana ad essere invitata a parlare della Deledda agli Stati Uniti agli Women’s studies – prima che nazionale».

Quale settore di studi privilegia e perché? «I miei ambiti preferiti sono la letteratura delle donne, poiché oggi non abbiamo più l’alibi di essere fuori dal mondo della comunicazione, credo sia doveroso parlarne; poi la poesia che è stata negletta perfino nelle librerie, colpevole anche la scuola che spesso non educa i suoi studenti ad amarla».

Le donne deleddiane attingono al proprio paesaggio interiore e ai propri conflitti? «Le donne deleddiane sono identificabili con le proprie radici sarde. Le protagoniste si differenziano per essere molto legate al loro mondo interiore, al loro mondo valoriale. Hanno un fortissimo senso della giustizia e non accettano imposizioni anche a costo di non essere fedeli alle attese sociali. Come tutte le grandi opere che si portano dietro il loro autore, nei suoi scritti troviamo pulsioni erotiche, dissidi, contrasti giovanili e voglia di ribellione che furono anche della Deledda».

Perché il carattere forte delle donne contrasta con la debolezza dell’uomo. Credo che molto ci sia del suo carattere. Fin da giovane nelle sue lettere scriveva di voler perseguire un obiettivo: la gloria letteraria. Forte e decisa, non si è fatta piegare delle maldicenze e dalle difficoltà, quindi la forza e la determinazione delle sue protagoniste sono in parte proiezione del suo io. Per quanto riguarda gli uomini, questi appaiono “senza scampo” davanti alla determinazione delle donne e anche quando trattasi di uomini forti: un nobile, un possidente ecc, diventano deboli dinanzi alla sicurezza di una donna e a quel punto perfino la descrizione fisiognomica è spesso effeminata.

La madre, donna per antonomasia, che figura è nei suoi romanzi? «Francesca Cambosu, madre dell’autrice, era severa, chiusa e un po’ arcigna. Scavando nella storia vediamo che forse ha sposato senza amore un uomo più grande di lei. Diciamo che proietta doveri più che piaceri. Anche le madri nella narrativa di Grazia hanno in primo piano il dovere nei confronti dei figli, della famiglia e della vita».

La Deledda ha influenzato gli altri romanzi sardi del 900? «Certo la Deledda ha insegnato che si può essere universali raccontando le cose di casa propria. Con orgoglio ha collocato in rapporto paritario la Sardegna dimenticata con il resto del mondo. Questo ha aiutato un Atzeni a scrivere del popolo nuragico, Niffoi a raccontare del suo paese. La grande eredità di Grazia è l’aver insegnato agli scrittori sardi a “non vergognarsi” del proprio paese, a non farsi continentali per forza. Questa è la modernità della Deledda».

Che cosa accomuna i cugini Grazia Deledda e Salvatore Cambosu? «Lui aveva una maggiore attenzione per il territorio, una professione antropologico-giornalistica che la Deledda non poté esercitare. Per il fatto che pubblicasse con l’Unione Sarda e facesse servizi soprattutto sulla vita e storia sarda, Cambosu è rimasto più legato alla Sardegna dal punto di vista delle tradizioni popolari. Ha pubblicato anche in continente, è andato fuori dall’Isola ma, a differenza della cugina, è rimasto in Sardegna per lavorare, vivere e… morire».

Chi è Neria De Giovanni per Neria De Giovanni? «Una che ancora crede di essere al liceo, che vuole fare tante cose e non si rende conto che il tempo passa. Neria si appassiona ai fatti della vita, alla cultura, ai libri, ama parlare di qualcosa che sente dentro. Felice di arrivare al cuore delle persone».

Come è diventata editrice? Come fanno molti scrittori che per amore del libro arrivano a pubblicare i propri e anche degli altri. Dovevo recarmi in America 1989 per un seminario di sei giorni su Grazia Deledda e volevo pubblicare un mio libro ma i tempi erano stretti e nessuno si rese disponibile. Avevo il marchio editoriale della mia rivista, Salpare, stampata dalla Nemapress e così ho pubblicato il primo libro sulla Deledda che ha aperto anche la mia attività editoriale.

C’è qualcosa che vorrebbe ancora fare? «Un programma televisivo continuativo per dare voce soprattutto agli autori sardi».

Per i 150 della nascita della Deledda si e fatto abbastanza? «Si è fatto molto. Spero che le iniziative che hanno avuto luogo per l’anno deleddiano con una filosofia di evento, siano anche l’inizio di un lungo cammino oltre il 2022».

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