di SERGIO PORTAS
Mai come ora ci si può rendere conto di quanto sia determinante la libera informazione per la formazione democratica di una comunità: la guerra spegne ogni voce che non sia allineata col potere di turno, in Russia ora come ora la televisione (di stato) la fa da padrona, chi osa un volantino che parli di guerra d’aggressione rischia quindici anni di galera. Spenti facebook, twitter, instagram, cancellati radio e giornali indipendenti, neppure i parenti stretti che vivono in Russia credono alle telefonate degli ucraini che parlano loro dei disastri che vanno facendo le truppe d’occupazione. Non che da noi in occidente si vada giù piano: per Julian Assange il fondatore australiano di WikiLeaks, per aver diffuso su internet documenti riservati contenenti anche informazioni su crimini di guerra commessi dalle forze americane in Iraq, la corte suprema britannica ha dato parere positivo perché possa essere estradato negli USA. Lì lo attende un processo dove il pubblico ministero ha conteggiato per lui 175 anni di carcere. Per quello che a tutti gli effetti è uno “scoop” giornalistico. Noi che con Gramsci abbiamo l’abitudine di contare le testate giornalistiche che danno voce alle classi in guerra per l’egemonia delle opinioni in seno alla popolazione di un paese, non possiamo che constatare quanto sia squilibrata, in Italia, la stampa (e la televisione) che è schierata per una determinata parte a scapito di un’altra. La destra surclassa la sinistra dieci a zero. E’ con grande piacere e un qualche stupore quindi che apprendiamo (da Marco Zapparoli presidente ADEI, associazione editori indipendenti) che il mercato degli indie vale quasi il 50%, i piccoli editori sono incredibilmente in grado di far fronte a quei colossi che da almeno vent’anni (leggi Mondadori e gruppo Mediaset e anche Gedi gruppo Fiat) nel nostro paese fanno il bello e cattivo tempo nel campo dell’informazione. C’è una parte del paese che crede ancora ci si possa informare fattivamente su dei libri “alternativi”, che cantano una canzone diversa dalla vulgata televisiva giornaliera, per tacere dal becerume che passano giornali dichiaratamente ostentanti una presunta “verità”. Davvero una bella esperienza i tre giorni milanesi della sesta edizione della fiera nazionale dell’editoria indipendente, mai titolo più appropriato: Moltitudini. Presenti gli stand di 200 piccoli editori che coi loro cataloghi danno vita a un “Book Pride” (orgoglio del libro?) partecipato e sorprendente, un tuffo di libertà fra cataloghi eterogenei e anche contraddittori, come ovvio che sia, tra chi predilige occuparsi di lavoro, sistema carcerario, genitorialità, pensiero comunista o anarchico. E poi fumetti e fantasy, libri di viaggio e noir al femminile, fantascienza cinese e russa (ma anche sarda: “Metropolitània e àteros contos tòpicos, distòpicos e utòpicos” di Giuseppe Corongiu), letteratura di ogni angolo del mondo, africana, sudamericana, finlandese. Che se poi ti imbatti in un qualche autore sconosciuto che di cognome fa Camilleri diventi “Sellerio” e vendi il commissario Montalbano e la sua Vigata al mondo intero. Giusto per rimanere sul pezzo (la guerra ucraina), è per Le Mezzelane Casa Editrice marchigiana, che Francesca Mereu aveva fatto uscire nel 2018: “Il grande saccheggio. Da zar Boris alla presa di potere di Putin, diario di una democrazia mancata”. Nel libro il passaggio dal comunismo al capitalismo degli anni ’90, e quanto è costato alla popolazione russa. Quando improvvisamente il paese è diventato fuori dalla portata della maggioranza dei suoi abitanti. Quello che era uno stipendio decente in tempo sovietico, appena poche settimane dopo il crollo dell’Unione è diventato appena sufficiente per comprare un chilo di formaggio, 8 dollari al mese. E così sino al 17 agosto 1998 quando il premier Kirienko dichiara la bancarotta. Yeltsin è malato, alcolizzato: il potere è in mano agli oligarchi che si sono spartiti le grandi industrie di Stato, le pensioni sono carta straccia, la gente non ne può più e sogna qualcuno che possa mettere un freno a tanto sfacelo. La crisi apre a Vladimir Putin, ex KGB, la strada della presidenza. Il fatto che, di riffa o di raffa, lui riesca a mettere il paese in carreggiata spiega abbondantemente la sua ancora attuale popolarità. Qui al “Book Pride” tanti incontri con autori e con chi di libri si occupa per lavoro, a Francesco Pacifico, lui stesso scrittore, il compito di moderatore ed esploratore per quali forme e sfumature può assumere la parola “Moltitudini”, nel primo pomeriggio, sala Elsa Morante, dialoga con Silvia Casu che non ha perso per nulla il suo accento cagliaritano, visto che lì è nata, lì ha studiato sino alla laurea in fisica (i suoi genitori entrambi insegnanti di liceo), lì è ricercatrice per l’INAF (istituto nazionale di astrofisica) all’Osservatorio Astronomico di Cagliari. Dice di avere un marito molto comprensivo, uno che non si lamenta che la moglie il più delle volte, la notte, la passi fuori di casa. Ha due figli, per loro è “la classica mamma sarda”, non sono tutte rose e fiori, tanto che uno “da grande” vuole fare scienze infermieristiche, il minore è più portato verso la nobile arte del kebabbaro (per ora), tutti rifuggono però dal mestiere materno (basta stelle per carità, persino le lampade di casa sono a forma di luna). Poi tocca mettere in conto che si è precari sino ai quaranta anni, e non c’è mai un sabato e una domenica in cui si possa dire di fare un po’ di festa. Mamma comunque innamorata dell’astrofisica e dell’astrobiologia, troppo togo andare in cerca, tra i miliardi e miliardi di galassie del cielo, di quelle molecole che sono alla base della vita che conosciamo, che nei miliardi di anni da che l’universo si è formato ( Il Big Bang, il grande scoppio, è datato sui 14 miliardi di anni fa) hanno formato i mattoni del DNA, quell’acido desossiribonucleico divenuto capace di riprodursi in fotocopia di sé, in grazia di quattro basi azotate allacciate a doppia elica di spirale. Presente in tutte le cellule dei viventi su questa terra. Quindi si puntano i telescopi sugli ammassi stellari (quello di Cagliari è un radio-telescopio, che esplora onde di una frequenza particolare, non è roba che si possa vedere a occhio nudo, noi umani abbiamo una possibilità molto inferiore a quella di altri animali nel leggere le frequenze di quello che si chiama spettro elettromagnetico) e si distinguono le stelle più calde, più giovani, più luminose da quelle vecchie e più lontane, che noi ne vediamo solo ora alcune che già si sono spente, la cui luce ci mette anni e anni ad arrivare sin qui. “Pilastri della creazione” li chiama Silvia, i nodi interstellari, polvere di Carbonio e silicati che diventeranno stelle, come la nebulosa Aquila, M13 per gli addetti ai lavori. Deve esplodere in supernova e sarà di un bel blu caldo, a differenza del nostro sole che è una nana gialla. Ci fa vedere cosa si può vedere a occhio nudo nel cielo che sovrasta il Paranal, sul Cerro omonimo, nel deserto di Atacama, 120 chilometri a sud di Antofagasta, in Cile, una delle zone più secche di tutto il pianeta, dove sono 4 distinti telescopi di otto metri di diametro ciascuno, che possono lavorare in modo autonomo o coordinato come fossero un unico strumento. La grande e la piccola Nube di Magellano, due galassie formate anche esse da miliardi di stelle. Quando il telescopio Hubble fu lanciato in orbita terrestre nel 1990 quella piccola fettina di cielo che per anni si pensava fosse formata da stelle, tanto piccoli sembravano quei puntini, ci fece scoprire che essi erano invece delle galassie o degli ammassi di galassie. Ora, dice Silvia, ho 51 anni, pensate che nel ’77 quando mio zio mi regalò una pubblicazione che parlava di stelle e pianeti, se ne conoscevano solo sette extra solari, allora comunque ero ancora convinta che avrei fatto il medico nella vita. A oggi i pianeti extrasolari confermati sono 4935, e altri 6000 sono candidati. Una stella su due ha intorno a sé dei pianeti. Ci ho fatto la tesi sulla “chimica elusiva”, quelle molecole che si formano sui grani di polvere e che poi evaporano, tipo il fullerene, una molecola composta da 60 atomi di carbonio, o la cianometanimina altra molecola che potrebbe essere alla base della vita. Vista la presenza dell’azoto nella sua composizione chimica, che di vita è sinonimo. Pensate che nell’atmosfera di Venere si è forse scoperta della glicina. Se fosse confermato sarebbe una notizia da “boom”, la glicina è un amminoacido che nel nostro sistema nervoso centrale funziona da neurotrasmettitore (è un inibitore). Queste molecole, come tutte del resto, eccitandosi, ruotando e vibrando rilasciano una sorta di impronta digitale che può essere captata da uno strumento di misura, uno spettrofotometro capace di “vedere” nel campo dell’infrarosso o dell’ultravioletto. La vita quindi, intesa come organismi semplici, ha ampie possibilità di trovarsi nell’universo. Il cielo più “pulito” per osservare meglio le stelle? La Sardegna dell’interno è luogo ideale. Silvia Casu si occupa anche delle nuove forme di didattica inclusiva con particolare riguardo alle nuove tecnologie. E’ responsabile dell’area Comunicazione e Divulgazione dell’Osservatorio Astronomico di Cagliari. In uno dei suoi numerosi articoli sul notiziario dell’Istituto nazionale di astrofisica (Media.Inaf) a titolo: Vita da AstroElfi si può leggere dell’esperienza, per ragazzi da 10 ai 14 anni, di un campus di due giorni di educazione all’aperto nei boschi dell’Ogliastra che si conclude con la visita all’osservatorio “Sardinia Radio Telescope” di monte Armidda. “Una di quelle indimenticabili avventure all’aria aperta che tanto fanno crescere e socializzare i nostri ragazzi, che per qualche giorno perdono di vista tv, banchi di scuola e genitori”. Il tutto con la collaborazione dell’associazione cagliaritana “Punti di Vista” che da oltre dieci anni si occupa di psicomotricità, educazione ambientale e didattica all’aperto. Vicino all’osservatorio di monte Armidda il bosco di Seleni, fitti lecci che si mescolano a castagni, roveri e pioppi, al centro il complesso nuragico di Gennacili, un nuraghe di cui rimane solo il basamento attorniato da 200 capanne e mura difensive, non lontane due tombe di giganti e due fonti sacre. Non c’era inquinamento luminoso allora, quei nostri antenati, la notte, non potevano che osservare sgomenti le luci che si aggregavano assieme in forma di leone e capricorno e scorpione, e sempre quella più lucente di tutte, là in cima al grande carro.