di MASSIMILIANO PERLATO
La Sardegna viene vista dall’opinione pubblica come meta turistica per eccellenza. A ridosso dell’estate il principale canale di distribuzione delle immagini allettanti del turismo in Sardegna è costituito dalle innumerevoli pagine patinate attraverso le quali i migliori tour operator nazionali presentano un’offerta completa, che parte dai residence per arrivare ai villaggi e agli hotel. Questo importante investimento pubblicitario, motivato dalla forte domanda individuale riferita al meraviglioso mare sardo, si concentra solo nei mesi più caldi dell’anno. Di conseguenza si determina un black out commerciale di otto – nove mesi, nonostante che la Sardegna goda di ottime condizioni climatiche e disponga di risorse ambientali di grande valore, di siti archeologici unici e di un settore alimentare riconosciuto come tipico. Questa lacuna pone l’isola nella condizione di vivere il suo maggior business più come uno sfruttamento esterno delle risorse che come un suo strategico sviluppo economico. Si può affermare che la crescita dell’isola attraverso i tour operator non è e non sarà in grado di modificare l’attuale tendenza. È anche vero che, nei periodi “fuori stagione”, il turismo itinerante e congressuale non disdegna la Sardegna, ma è purtroppo anche vero che la loro tipologia e le quantità numeriche non riescono a soddisfare le economie di gestione. Bisogna anche ricordare che negli ultimi anni queste iniziative di bassa stagione sono state supportate da forti campagne di promozione e marketing finanziate dalla Regione Sardegna che, senza una strategia precisa nei confronti del mercato, ha partorito una campagna di comunicazione che fondamentalmente è stata di supporto al mercato estivo.
Nei mesi primaverili e autunnali la Sardegna riesce a movimentare un buon traffico di gruppi con tour itineranti concentrati prevalentemente sui ponti primaverili e sulle più importanti manifestazioni popolari. Questo turismo utilizza prevalentemente strutture commerciali ubicate nei maggiori centri urbani e raramente strutture di tipo balneare per la scarsa disponibilità dovuta alla chiusura delle stesse. Infatti la maggior parte delle strutture, in prevalenza hotel club di medie-grandi dimensioni, non sono aperti o il loro funzionamento è parziale a tal punto da snaturare le caratteristiche della loro offerta. Dobbiamo ricordare che l’animazione, funzionante per la maggior parte dei club nel periodo estivo, svolge servizi che vanno oltre il puro compito ricreativo, fornendo anche servizi di primaria importanza come la gestione della spiaggia, piscina ed altre attività informative e di ricezione delle esigenze del cliente. Nel periodo di bassa stagione, quando le condizioni climatiche avverse possono alterare il normale svolgimento del soggiorno, il ruolo dell’animazione diventa molto importante perché “interpreta” le esigenze della clientela, particolarmente critica riguardo alla mancanza di proposte alternative adeguate. In altre parole non è disponibile ad accettare compromessi con parziali e totali inefficienze alberghiere. Queste situazioni in Sardegna esistono, e sono vissute, indipendentemente dalla competitività del prezzo, come un disinteresse degli albergatori nei confronti del turismo sociale, e pertanto lo sforzo economico dei fornitori stessi, teso ad avvicinare i livelli di offerta del bacino mediterraneo, non viene premiato dalle presenze. Per comprendere quali sono le carenze della Sardegna che non permettono un progetto di “destagionalizzazione” bisogna affrontare il problema scindendo le varie componenti strutturali ed infrastrutturali, quindi partendo dai limiti oggettivi, modificandoli in proposte migliorative. C’è sicuramente una mancanza di offerta alberghiera adeguata e di comunicazione rivolta al target di maggior importanza e cioè il turismo sociale di gruppo. Alcune gestioni alberghiere più evolute hanno dimostrato che, aprendosi ai mercati europei, sono riuscite ad iniziare il percorso per destagionalizzare l’offerta e a creare le condizioni per fornire il loro servizio anche al mercato italiano. Con l’avvento della concorrenza nel settore aereo, il limite spesso pretestuoso dei costi non concorrenziali con i mercati del bacino del Mediterraneo si è molto assottigliato e ha ampie possibilità di miglioramento.
I limiti legati alla scarsa funzionalità della macchina turistica nel suo complesso e pertanto alle possibilità di creare una bassa stagione più “viva” non sono facilmente superabili, se non con un progetto regionale coercitivo nei confronti dell’indotto: per questo è ragionevole pensare che un progetto fattibile di allargamento della stagione turistica in Sardegna deve principalmente coinvolgere il turismo sociale e le strutture del tipo hotel club o villaggi. Quando parliamo di turismo sociale s’intendono delle realtà che gravitano attorno alle associazioni culturali, ai dopolavoro, alle parrocchie e soprattutto ai servizi sociali comunali che organizzano turismo di gruppo per soggiorni climatici, non disdegnando proposte culturali di varia natura. Questa realtà di turismo sociale sviluppa tour itineranti, mentre quasi la totalità della domanda è di soggiorni che possono già includere delle escursioni. Questo tipo di turismo è in grande espansione sia per motivi anagrafici dovuti alla costante crescita della fascia della terza età, che per la forte attenzione che il settore dei tour operator pone a questo segmento. Le destinazioni mediterranee, a differenza della Sardegna che concentra più dell’80% delle presenze alberghiere nei mesi di luglio ed agosto, hanno sviluppato il numero delle presenze dilatando la stagionalità alberghiera e di conseguenza l’attività economica dell’indotto, trasformando le aree turistiche in vitali località attive tutto l’anno.
Negli ultimi anni il prodotto Sardegna, grazie ad alcune agenzie di viaggio particolarmente intraprendenti e a nuove situazioni concorrenziali nel trasporto aereo, sta sperimentando nuove forme di programmazione su alcune strutture previste di animazione tipo gli hotel club e i villaggi. Il turismo sociale, che mantiene una forte componente di terza età, attualmente si sta aprendo a fasce più ampie, con proposte sempre più complete ed articolate. Alcune aree turistiche, attraverso incentivazioni istituzionali, offrono, ai gruppi di quaranta o cinquanta persone, escursioni gratuite legate ai giorni di permanenza nella struttura. La Sardegna non deve solo confrontarsi al suo interno ma la sua capacità di crescita passa attraverso il confronto con i mercati concorrenti del medio e corto raggio. È opportuno attrezzarsi in tempo se si vuole competere con destinazioni decisamente più evolute, iniziando anche a studiare una comunicazione mirata e presentare – non solo ai singoli, ma anche a realtà di gruppo non itineranti – le risorse fruibili in bassa stagione. L’economia della Sardegna deve investire nei mesi di aprile, maggio, giugno, settembre ed ottobre cercando di sviluppare maggiormente le risorse, puntando con convinzione verso le potenzialità e capacità decisionali in grado di cogliere opportunità in breve tempo, consapevoli del fatto che lo sviluppo del turismo sociale è condizionato e frutto, al tempo stesso, della crescita e della qualità dell’offerta turistica e in generale dell’economia dell’isola.
Perdonami ma sono in totale disaccordo. Frequento da anni la Sardegna in maggio e settembre, ed il problema è che è tutto chiuso. Da metà settembre all’inizio di giugno chioschi chiusi, i pochi aperti il fine settimana non sono completamente forniti, ristoranti chiusi, qualcuno aperto la domenica a pranzo. Questo è il problema! Sul lago di Garda tutto aperto e preso d’assalto dall’inizio marzo a fine ottobre, nonostante i prezzi ed il clima, e tutto aperto! Nessuna necessità di turismo sociale. Purtroppo la Sardegna non sfrutta le sue potenzialità !
Considerazioni e analisi che mettono in luce prospettive e possibilità che meriterebbero di essere approfondite in relazione alle realistiche e performanti possibilità di sviluppo della Sardegna…grazie Massimiliano!