IL NIEDDERA, VITIGNO INCORNICIATO NELLA VALLE DEL TIRSO: ANTICO TESTIMONE E SENTINELLA DELLA PENISOLA DEL SINIS

Virgilio Mazzei

di VIRGILIO MAZZEI

Quando si parla di vini della Valle del Tirso il nostro pensiero corre alla Vernaccia, regina dei vini bianchi del Campidano. Di conseguenza, dimentichiamo spesso che in quella zona, ricca di terreni particolarmente vocati alla coltivazione della vite, esistono tante altre tipologie di vini provenienti da ceppi antichi che da secoli allignano in quell’areale, specie in quelle località che furono attracchi e insediamenti antichissimi di popolazioni sbarcate da altre aree d’oltre mare e spesso portatori di nuovi vitigni.

Tra queste viti antiche dalle origini misteriose, e sovente senza una storia scritta sui suoi natali, non si può non includere di diritto il Nieddera, che da sempre ha coperto e rinverdito le belle colline del Sinis, nobilitando ulteriormente quella porzione di territorio posto nella costa occidentale della Sardegna.

Le sue origini e la sua presenza in Sardegna sono incerte, e si perdono nella notte dei tempi, ma fanno parte dell’affascinante e lunghissima storia dell’enoviticoltura sarda.

Il territorio vitato a Nieddera è di circa 110 ettari posti nella zona di Cabras, Solanas e Nuraxinieddu.

Nieddera è un vitigno a bacca nera – non rossa come di solito si dice – da cui proviene l’omonimo vino prodotto principalmente nella Valle del Tirso.

L’etimologia del suo nome deriverebbe proprio dal colore particolarmente nero del suo acino con il termine nel linguaggio comune di “niedda vera”, “niedda era”.

Le continue scoperte di resti di uve e di tracce di vino che emergono dai siti nurargici e dai palmenti rupestri dimostrano quanto stiamo dicendo.

Per cui non deve meravigliare più di tanto se le origini del Nieddera siano da collocare in epoche remote, e tanto meno se sia un vitigno importato o domesticato. Oggi interessa solo la sua pregevolezza, e la quasi certezza che si tratti di un vitigno autoctono della nostra Isola.

Gli studi sinora condotti hanno avvalorato l’ipotesi che questo vitigno possa essere sbarcato sul suolo sardo – importato dai Fenici intorno al secolo VIII o VII a.C. – e che avrebbe trovato il suo primo habitat in quel meraviglioso lembo di terra esposto alle benefiche influenze di un incomparabile clima marino, posto nella costa Occidentale sarda e nota come penisola del Sinis.  

In effetti si tratterebbe di uno dei tanti vitigni che vanno ad arricchire il patrimonio viticolo antico, sardo, sviluppatosi nel corso dei secoli tra uve nate in Sardegna e domesticate, e quelle importate da altri territori d’oltremare, e che grazie alla bontà del suolo e al favorevole clima hanno potuto affermarsi e di conseguenza impreziosire la viticoltura dell’Isola.

Di fronte a questa realtà viene spontaneo chiedersi se sia proprio indispensabile la spasmodica ricerca di “nuovi” vitigni cosiddetti internazionali per arricchire il patrimonio vitivinicolo sardo, tenuto conto che la Sardegna dispone di circa 150 vitigni autoctoni, molti cosiddetti “minori”, che se ben studiati e opportunamente coltivati potrebbero produrre vini di pregio con caratteristiche organolettiche “tipiche”, idonei a soddisfare anche le esigenze di mercato.

Pertanto, sarebbe bene, invece, che si invertissero i termini passando dalla “moda” alla “tipicità”.                      

Forse si eviterebbero anche alcune “forzature” negli uvaggi che oggi si scoprono spesso in alcune produzioni, non sempre comprensibili o giustificate.

La Sardegna come si è già detto, è ricca di vitigni antichi che aspettano solo di essere valorizzati. La loro storia e le loro origini incerte meriterebbero specifici studi e, se idonei, una giusta valorizzazione non solo per ragioni sentimentali o campanilistici, ma per un giusto utilizzo anche sotto l’aspetto economico e commerciale.

Sulla rinascita, o meglio, sulla riscoperta del vitigno Nieddera si deve riconoscere merito all’antica e prestigiosa azienda vitivinicola sarda “Attilio Contini” di Cabras che, con grande determinazione, ha attuato un programma di recupero e valorizzazione di un ceppo che ormai era finito nel dimenticatoio al pari di altri vitigni che sono in “lista d’attesa” per essere chiamati alla ribalta.                                                                              

Di questa importante operazione di “salvataggio” ne sarà lieto, dall’aldilà, anche il patriarca della famiglia Salvatore Contini che, nel 1898 diede vita alla cantina omonima che oggi è protagonista anche nella produzione del vino Nieddera. 

L’uva di questo vitigno, in passato era utilizzata solo come “taglio”, perché grazie alla sua ricchezza di antociani si prestava a produrre altri vini importanti che sarebbero poi diventati vanto e prestigio del patrimonio enologico sardo.  

Oggi, come si è già detto, grazie all’intuito e all’impegno dimostrato dall’Azienda Contini il vino Nieddera è salito alla ribalta e viene prodotto in purezza col suo nome sotto l’importante denominazione ”IGT Valle del Tirso”. È una felice conquista!

Il Nieddera è un vitigno che predilige i terreni sabbiosi misti ad argilla. Mal sopporta le basse temperature invernali, ma ama i mesi estivi caldi e ventilati.

Ampelograficamente si presenta con:    

–  foglia di media grandezza, pentagonale e pentalobata                                                                                                      

–  grappolo di media grandezza a forma conica, spesso bi-alato                                                                                                  

–  acino di dimensione media, sferoidale, buccia sottile e leggermente pruinosa di colore blu-nero.

Caratteristiche organolettiche:

Colore rosso rubino molto carico, intenso, tendente al violaceo, brillante

Profumo di note erbacee, leggermente vinoso, di carattere, netto, particolarmente piacevole, sentore di frutta rossa

Gusto molto gradevole sin dal primo impatto, di corpo, ben strutturato, asciutto, persistente. Si esalta in giovinezza, ma denota sufficiente personalità e predisposizione all’invecchiamento. Giusto equilibrio tra acidità e tannini.

La sua gradazione alcolica è di 15 gradi.

Grazie alla sua buona struttura e alle piacevoli sensazioni olfattive- gustative si presta ad una vasta gamma di abbinamenti della cucina campidanese.

È indicato con un ampio ventaglio di piatti di terra, di cacciagione, di arrosti di carni rosse e bianche, grigliate di salsicce non piccanti, e formaggi stagionati non piccanti. Si esalta con gli arrosti di maialetto, e agnello alla brace di legna, non di carbone.

Il vitigno Niedderea è incluso nel Registro Nazionale di varietà di vite sin dal 1971.

Si consiglia di servire ad una temperatura di 18-20°C in calici di media bombatura a gambo medio alto, tipo “Château”.

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Un commento

  1. Credo molto utile ricordarli e descriverli in modo da non lasciarli nell’obblio i vecchi vitigni autoctoni della Sardegna. Il Nieddera
    ad esempio un vitigno poco diffuso in Sardegna con limitata coltivazione nella zona del Sinis OR, meriterebbe un risveglio pubblicitario, ed un rilancio produttivo, anche in altre zone vocate nel reso della Sardegna.

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