di FRANCESCA BIANCHI
L’Azienda Agrituristica Sa Mandra, è un angolo di Barbagia situato nel cuore della Nurra, a pochi metri dall’aeroporto di Alghero (SS). Questa oasi di pace, che oggi è un punto di riferimento per tutti coloro che amano i sapori e i profumi autentici della cucina sarda, è stata fondata negli anni Ottanta da Rita Pirisi e da suo marito Mario Murrocu, entrambi fonnesi, che ancora oggi la gestiscono insieme ai figli Maria Grazia, Michele e Giuseppe. In questo tempio della genuinità, che ha fatto della cultura e dell’educazione alimentare il suo punto di forza, Rita e Mario hanno ricreato l’atmosfera dell’amata Fonni (NU), la terra delle loro radici, consentendo ai tanti ospiti di immergersi nella cultura barbaricina, simbolo della Sardegna più arcaica e vera. Lo scorso anno, quando la pandemia ha fatto bruscamente irruzione nelle nostre vite costringendoci ad interrompere la nostra quotidianità, Rita non si è persa d’animo e ha iniziato a lavorare a un libro di ricette dedicato all’agnello, animale simbolo della vita dei pastori. Questa raccolta di ricette, intitolata Sa Mandra. L’agnello e le ricette della tradizione, è uscita il mese scorso con La Nuova Sardegna. È una storia di tradizioni di famiglia, di sapienza culinaria, di ricordi lontani, ma ancora profondamente vivi e intensi nella memoria, che Rita ha voluto donare alla collettività.
Nel corso della nostra bella conversazione, questa donna straordinariamente tenace e generosa che ha nel cuore il dono dell’ospitalità e dell’accoglienza, ha spiegato il motivo per cui ha deciso di scrivere un libro di ricette dedicato ai tanti modi di cucinare l’agnello, soffermandosi sul ruolo fondamentale che questo animale ha sempre avuto nella storia e nella vita della sua famiglia e nella tradizione isolana. Con infinita generosità ha aperto per noi il cassetto dei ricordi più cari della sua infanzia, rievocando i tempi in cui sua madre Grazia insegnava a lei e alle sorelle a sperimentare sempre nuove ricette. Ha ricordato con commozione i grandi festeggiamenti che si tenevano nella sua famiglia quando il padre, pastore transumante, ritornava a casa dopo i tanti mesi trascorsi fuori. In quella circostanza l’agnello, cucinato con amore dalle mani sapienti della madre, non mancava mai sulla tavola. E proprio a sua madre e a sua suocera Anna Maria, donne di forte tempra, nonché bravissime massaie ed eccellenti amministratrici, si è ispirata nel riordinare le ricette confluite in questo libro. Di Rita colpiscono l’amore e l’impegno profusi per far sì non si perdano le antiche tradizioni: depositaria e custode di ricette autentiche della tradizione sarda e testimone diretta di un passato che non deve scomparire mai, ha fatto della condivisione dei ricordi radicati nella sua memoria una vera e propria missione di vita, con l’obiettivo di tramandare alle giovani generazioni il prezioso patrimonio di virtù, valori e tradizioni ereditato dalle donne della sua famiglia.
Come scriveva Jean Jaurès, la tradizione non consiste nel conservare le ceneri, ma nel mantenere viva una fiamma. In quella fiamma c’è l’essenza stessa della nostra identità, della nostra vita, del futuro nostro e dei nostri figli.
Rita, come è nato questo libro di ricette dedicato all’agnello, il re della vita dei pastori di Sardegna? Tutto è nato grazie ai cari amici Giovanni Fancello e Stefano Resmini, abituali frequentatori di “Sa Mandra”. Due anni fa, durante un evento che abbiamo creato per loro, Stefano mi disse che sarebbe stato bello descrivere in un libro i miei ricordi d’infanzia, le mie ricette, le tradizioni legate a Fonni. Lo scorso anno, quando improvvisamente tutto si è fermato a causa della pandemia e da un momento all’altro siamo stati costretti a chiudere le porte del nostro agriturismo, mio marito Mario ed io ci siamo ritrovati spesso in cucina con i nostri figli e i nostri nipoti. Non ce ne siamo stati con le mani in mano: ci siamo rifugiati nel nostro passato, nei nostri ricordi di bambini, e abbiamo pensato di rimettere in moto le ricette di una volta. Abbiamo riflettuto sui tanti modi di cucinare l’agnello, abbiamo sperimentato nuove ricette. Col pensiero rivolto all’invito che mi aveva fatto qualche mese prima l’amico Stefano Resmini, ho pensato di approfittare della “clausura forzata” per scrivere ricette. Mia nuora Silvia ha scritto tutto quello che cucinavo. Quando sono arrivata alla trentesima ricetta, ho inviato tutto a Giovanni e a Stefano, i quali mi hanno consigliato di arrivare almeno a 33 ricette, numero perfetto. Alla fine sono arrivata a scriverne 49. Ho coinvolto anche alcuni bravissimi chef che hanno collaborato “a distanza”: Sergio Mei, Andrea Ena, Vito e suo figlio Luigi, proprietari del ristorante “Da Vito” di Sennori (SS), infine la cara amica Anna Moroni, che per anni è stata una presenza fissa al programma “La Prova del Cuoco”. Mio nipote Fabrizio, che ha frequentato l’Alma – Scuola Internazionale di Cucina Italiana Colorno (PR), mi ha omaggiato di sei ricette. Giovanni Fancello ha curato l’introduzione, Stefano Resmini ha raccontato la nostra storia. L’iniziativa editoriale è del quotidiano La Nuova Sardegna, al cui Direttore un nostro carissimo amico ha pensato di parlare di questo mio lavoro. Oggi sono onorati di averlo pubblicato e io, con il cuore colmo di gratitudine, sono onorata del successo che sta ottenendo.
Perché ha voluto dedicare queste ricette proprio all’agnello? L’agnello per noi sardi è tutto, soprattutto per i pastori: in Barbagia, terra di pastori, l’agnello è il piatto forte. L’agnello per noi pastori è la vita, è simbolo di ricchezza e prosperità e lo celebriamo in tanti modi. Di questo prezioso animale nulla si doveva perdere, soprattutto in passato. Anche la sua pelle e la soffice lana, conciate e filate, diventavano giubba, ghette o berritas. La lana, i materassi e i cuscini per bambini erano fatti con la lana dell’agnello. Non si buttavano via neppure l’animella e la cordula. Sacrificare un agnello era un rituale propiziatorio e sinonimo di festa; cibarsene era consapevolezza. Ho ricordi indelebili di tempi lontani e felici vissuti a Fonni con la mia famiglia. Mio padre era pastore transumante, per cui da novembre a maggio si allontanava da casa per andare a fare il pastore. Quando tornava a casa, lo accoglievamo con gioia, festeggiavamo il suo ritorno, e in quell’occasione l’agnello non mancava mai. Oggi non è più come un tempo, le cose sono cambiate, ma per il nostro lavoro gli agnelli hanno un’importanza enorme. Quando nascono i piccoli, le pecore iniziano a fare il latte e noi possiamo iniziare a produrre ricotte e formaggi, seguendo i procedimenti e i segreti tipici del lavoro artigianale dei pastori sardi, così come ci sono stati tramandati dai nostri genitori. Non si può apprendere sui libri come diventare pastore: devi avere un esempio costante, un punto di riferimento che ti insegni i trucchi del mestiere; l’arte della pastorizia va tramandata di generazione in generazione. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere l’esempio straordinario di mio suocero, pastore per 70 anni, che ha fatto di tutto per svelarci i segreti del mestiere. Siamo arrivati ad Alghero come transumanti, non sapevamo nulla di pastorizia. Mio suocero soffriva che Mario non facesse il pastore, poi un giorno, a 28 anni, ha iniziato ad apprendere quest’arte e ora la nostra azienda è un punto di riferimento per chi ama l’autentica cucina sarda e la genuinità dei nostri prodotti caseari.
Si può dire che in questo libro di ricette siano confluiti i ricordi più cari custoditi nel suo cuore… Decisamente! In questo libro ci sono i ricordi di quello che si faceva nella mia famiglia. Io sono la prima di dieci figli, cinque sorelle e cinque fratelli, e ricordo che a noi figlie mamma spiegava come venivano create le ricette. Se chiudo gli occhi, mi sembra di rivederla con il grembiule, mentre ci insegnava a preparare i piatti e a sperimentare nuove ricette: era importante inventare piatti diversi. Mi sembra di rivedere i suoi gesti che, inconsapevolmente, mi ha tramandato. Indelebili sono i ricordi dei piatti che preparava. A lei mi sono ispirata nel mettere su le ricette confluite in questo libro. Ho avuto la fortuna di avere al mio fianco mia madre e mia suocera, entrambe bravissime massaie ed eccellenti amministratrici che egregiamente riuscivano a mandare avanti le famiglie durante i periodi di assenza dei mariti. Preparavano il pane in casa, facevano provviste, provvedevano a tutto. Ho anche ascoltato con attenzione i racconti delle persone anziane del mio paese, ma certi piatti li creo rievocando con la memoria gli attimi più belli della mia infanzia e della mia giovinezza. Mi chiedo spesso come facessero a dosare perfettamente gli ingredienti, visto che non esistevano ancora le bilance, e a creare quei piatti dal sapore unico. Voglio ricostruire quelle che erano le ricette di un tempo per far sì che non si perda il ricordo del patrimonio di tradizioni ereditato da chi ci ha preceduto. C’è tanto della mia gente in questo libro: tutto parte da lì, dai miei ricordi d’infanzia a Fonni.
A Sa Mandra oggi come viene cucinato l’agnello? Richiede una particolare perizia la preparazione dell’agnello? Facciamo l’agnello arrosto, con le patate, con le fave, con i piselli, con le erbe spontanee. Con la coscia di agnello preparo le polpette con il sugo, che spesso funge da condimento per i malloreddus e altri tipi di pasta. Quanto alla preparazione dell’agnello, io propongo procedimenti molto semplici, con pochi ingredienti. Naturalmente, è fondamentale avere materie prime eccellenti, di ottima qualità, a cominciare dall’agnello, che deve essere sardo Igp. Un altro piatto forte della tradizione culinaria sarda è costituito dal maialino arrosto. A Sa Mandra è possibile assistere a un vero e proprio rituale della cottura del maialetto. Quali sono le principali differenze tra questi due tipi di carne, anche dal punto di vista della cottura? Sono due piatti molto importanti della tradizione sarda, ma sono molto diversi tra loro. La carne di agnello è più delicata e digeribile, quella del maialetto è più grassa. L’agnello ha una carne molto tenera, per cui ha bisogno di meno cottura: allo spiedo richiede un’ora e mezzo di cottura, in tegame non più di un’ora, anche con l’aggiunta degli ingredienti.
Con quali finalità ha scritto questo libro? Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori? Come dicevo prima, l’ho scritto soprattutto perché non si perda la memoria, il ricordo di quello che eravamo una volta. Vorrei tanto che non si perdessero le antiche tradizioni e le vecchie ricette. Questo è quello che vorrei trasmettere alle nuove generazioni. Vorrei ci fosse un passaggio di consegne ai giovani. In questo senso, siamo molto impegnati con i bambini delle scuole: prima dell’arrivo della pandemia eravamo soliti organizzare incontri di educazione alimentare, perché Sa Mandra è prima di tutto un luogo di cultura. Iniziando dai bambini, vogliamo trasmettere cos’è il buon cibo, il cibo non industriale, non modificato; vogliamo far sentire ai più piccoli i profumi e i sapori della genuinità. Noi siamo dei privilegiati, perché abbiamo la fortuna di avere ancora accanto persone che ci raccontano come eravamo e dobbiamo trasmettere tutto ciò alle giovani generazioni, dobbiamo essere degni dell’eredità che abbiamo ricevuto. Ecco, vorrei che arrivasse questo messaggio.
È semplicemente meraviglioso..un dono del Cielo.. poter leggere l’esistenza di persone straordinarie come voi. Lei ..signora Rita Pirisi..mi ha letteralmente entusiasmato sin dai primi video insieme a sua nipote Franci..come lei ama chiamarla.. ed ora addirittura mi commuovo nel sapere di questo libro prezioso che non mancherò di acquistare.
Grazie di cuore dalla figlia di un pastore Abruzzese.
Francesca,come sempre l’articolo riporta l’amore per i luoghi belli della Sardegna e i suoi profumi ma soprattutto i saperi semplici e straordinari delle persone che intervista…vai! Un abbraccio
Bellissimo tutto! Dove si può acquistare il libro? Grazie