di PAOLO PULINA
1)Maria Corti: dalla lettura dei suoi articoli alla conoscenza personale
Ricorre quest’anno il ventesimo anniversario della morte di Maria Corti, illustre scrittrice e docente emerita dell’Università degli Studi di Pavia.
Come avvio alle commemorazioni e ai convegni di studi sulle sue opere critiche e narrative che si terranno nel corso dell’anno, il 23 febbraio (a vent’anni esatti dalla data della scomparsa dell’insigne professoressa; era nata a Milano il 7 settembre 1915) l’Università di Pavia, la Fondazione Maria Corti e l’editrice Interlinea di Novara hanno organizzato, presso il Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria, la presentazione del libro “Voci e sottovoci per Maria”, a cura di Gianfranca Lavezzi e Angelo Stella, con tavole di Pietro Pedeferri e Lucia Pescador.
Nell’occasione è stato giustamente ricordato che il suo nome rimane legato, in Università, al “Fondo (ora Centro) Manoscritti di scrittori dell’Ottocento e del Novecento”, da lei fondato nel 1969 e alla Fondazione che le è intestata; in città, alla via che il Comune di Pavia le ha intitolato nel 2013, sul percorso che da via Mentana conduce al Fondo Manoscritti.
Il ricordo personale mi riporta alla metà degli anni Sessanta: cominciai a conoscere la sua firma e a leggere i suoi articoli da studente del liceo classico “Domenico Alberto Azuni” di Sassari. Il quotidiano di riferimento per noi giovani impegnati era “Il Giorno” diretto da Italo Pietra che pubblicava il supplemento “Il Giorno – Libri” con firme eccellenti quali quelle di Italo Calvino, Umberto Eco, Alberto Arbasino e, appunto, Maria Corti. Quando uscì, nel marzo 1966, il suo romanzo “Il ballo dei sapienti”, dopo la presentazione che ne aveva fatto in classe il professore di Italiano, Manlio Brigaglia, non rinunciai alla curiosità di leggere quella narrazione ambientata nel pianeta-scuola proprio di quegli anni.
Per un esame di Storia della lingua italiana all’Università Statale di Milano mi appassionò la lettura del volume di Benvenuto Terracini “Lingua libera e libertà linguistica. Introduzione alla linguistica storica” nella seconda edizione Einaudi (1970) con introduzione della sua allieva (era stato il relatore della sua tesi sul latino medievale, presso l’Università degli Studi di Milano) Maria Corti. La quale sottolinea il fatto che «l’inserimento di Terracini nell’ambiente sardo [docente straordinario di Glottologia, con incarico di Linguistica sarda, a metà degli anni Venti nell’Università di Cagliari] cooperò certo a provocare contatti col lavoro di Max Leopold Wagner e alcune ricerche particolari, quali “Vita sarda e lingua sarda. A proposito di una recente pubblicazione” (1925), “Osservazioni sugli strati più antichi della toponomastica sarda” (1927), “Romanità e grecità nei documenti più antichi di volgare sardo” (1931), “Gli studi linguistici sulla Sardegna preromana” (1936). Tutti gli studi di questo filone verranno convogliati nella più ampia trama dell’Atlante Linguistico Italiano (“Saggio di un Atlante linguistico della Sardegna [in base ai rilievi di Ugo Pellis]”, del 1964)».
Come funzionario dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Pavia conobbi di persona la prof. Maria Corti nella seconda metà degli anni Settanta, quando il “Fondo Manoscritti” (che lei ha avuto l’intuizione e la capacità di creare presso l’Ateneo pavese) muoveva i primi difficili passi (e sono particolarmente orgoglioso di aver ospitato sulla rivista che curavo per l’Assessorato, “Bollettino per Biblioteche”, precisamente nel n. 22, gennaio 1980, un articolo sull’argomento firmato proprio dalla prof. Corti). Gli incontri della professoressa e delle sue collaboratrici con i funzionari dell’Assessorato provinciale alla Cultura si infittirono per la preparazione del catalogo e per l’allestimento (presso gli spazi della Sala dell’Annunciata, dal 16 al 30 aprile 1988) della mostra “Autografi: letteratura dell’Otto e Novecento in una mostra di carte dei maggiori scrittori italiani”. L’esposizione fu inaugurata con una tavola rotonda intitolata “Nell’officina degli scrittori” e vide la partecipazione di Alberto Arbasino, Maria Corti, Franco Fortini, Tonino Guerra e Giuseppe Pontiggia (la trascrizione degli interventi, a cura di Gianfranca Lavezzi e Rossana Saccani, è nel numero 34, aprile 1989, della citata rivista “Bollettino per Biblioteche”, con le foto di Giovanni Giovannetti).
2)Maria Corti fautrice della raccolta di manoscritti letterari anche in Sardegna
Maria Corti tenne due magistrali relazioni su due scrittori sardi presso l’Università per invito del Circolo culturale sardo “Logudoro” di Pavia (presidente Gesuino Piga; vicepresidente vicario e responsabile delle attività culturali il sottoscritto).
Il 7 giugno 1996 prese in esame l’opera dello scrittore sardo Sergio Atzeni (1952-1995), prematuramente scomparso, la cui figura fu illustrata dal prof. Nicola Tanda dell’Università di Sassari.
Nell’occasione di questo incontro la prof. Corti (in qualità di Presidente del Fondo Manoscritti dell’Università) diede comunicazione dei rapporti che erano stati avviati, grazie al prof. Tanda, tra il Fondo pavese e un Centro di documentazione sulla letteratura sarda legato al Premio “Città di Ozieri”, il più famoso tra i Premi della letteratura sarda.
Nel marzo 1997 la prof. Corti tenne una relazione su Grazia Deledda; presentò un prezioso autografo custodito nelle casseforti del Fondo Manoscritti (in gennaio era già uscita da Einaudi l’affascinante opera saggistico-narrativa “Ombre dal Fondo”). Prese in esame la versione autografa della novella “Le dodici uova” (poi diventate “tredici” nella prima edizione a stampa, del 1912). Il puntuale raffronto tra le lezioni del manoscritto e le varianti a stampa del racconto diede conto dello snodarsi di uno specifico percorso creativo che consentì di verificare una regola generale per cui «la scrittura guadagna sempre a essere ridotta» e di pervenire al giudizio critico complessivo che «Grazia Deledda era una scrittrice tutt’altro che istintiva, preoccupata com’era di attingere in ogni momento le vette dello stile».
Maria Corti amava la Sardegna e gli studiosi sardi che erano in contatto con lei (a cominciare dal prof. Tanda) le dimostravano sempre calorosi sentimenti di riconoscenza, di stima e di affetto.
Una delle ultime volte che l’avevo incontrata, il 9 novembre 2000, in una riunione convocata dall’allora Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, Ettore A. Albertoni, presso l’Aula Magna dell’Università, mi aveva chiesto senza nessun diplomatismo: “Pulina, quando vi decidete a costituire in Sardegna, e in particolare a Ozieri, dove ho potuto constatare di persona la ricchezza e l’importanza dei testi presentati in oltre quaranta anni al Premio ‘Ozieri’, un centro per la raccolta dei manoscritti degli autori sardi, magari presso il bellissimo convento seicentesco di San Francesco che ho visto che è stato funzionalmente restaurato?”.
Nella cerimonia di premiazione del Premio “Ozieri” del 18 dicembre 2000, rispondendo a me che avevo ricordato l’attenzione della prof. Corti verso i progetti sardi, l’Assessore alla Cultura della Regione Sardegna, Pasquale Onida, preannunciò la presentazione di un disegno di legge per un sostanzioso investimento iniziale a garanzia della definitiva realizzazione a Ozieri, presso il convento seicentesco di San Francesco, di un centro per la documentazione e per lo studio della letteratura regionale sarda (basato, sia pure con più modeste proporzioni, sul modello del Centro Manoscritti pionieristicamente istituito presso l’Università di Pavia). Di questa risposta naturalmente informai la prof. Corti.
Il suo interesse alla diffusione di centri per la documentazione dei manoscritti letterari era molto forte e determinato e sorretto dalla volontà di superare gli ostacoli burocratici che si incontravano; invitava gli altri, come aveva fatto lei, a non accontentarsi in questo ambito di promesse generiche da parte degli organismi amministrativi e culturali preposti alle operazioni autorizzative e agli investimenti finanziari necessari per la loro istituzione.
Nota finale. Maria Corti è protagonista di due racconti pubblicati da Renata Asquer nel volume “Frontiere. Racconti di confine” (Ensemble, 2020). Il primo è intitolato “Viaggio della Maria Corti nel Salento tra la primavera e l’estate. Uno dei tanti” (la Asquer, già insegnante di lettere, autrice di romanzi e di poesie, di padre cagliaritano, discendente di un’antica famiglia aristocratica sarda, è nata e cresciuta a Varese, dove vive, ma ha intensi rapporti con il Salento, oltre che con la Sardegna). L’altra narrazione ha per titolo “L’angelo dei Navigli” e ha per protagonista la poetessa milanese Alda Merini con rievocazione della forte amicizia che intercorse fra lei e Maria Corti.
Caru Paulu, bi tenzo a ti dare a ischire chi s’articulu in punta de Maria Corti m’at interessadu e, comente sempre, m’at dadu a ischire cosas noas.