di SERGIO PORTAS
Isola misteriosa la Sardegna, abitata da sempre da genti particolari, con modi d’agire propri e spesso diversi da quelli in uso nel continente che la sovrasta, guardata dai loro abitanti, per questo, con una sorta di sorprendente meraviglia: ma guarda questi come la pensano, che strani modi di fare, di interagire con gli altri, e la natura, e gli animali. Ha questi sardi! In genere però l’isola sparisce per lo più dal proscenio mediatico nazionale, salvo rientravi a tempi scadenzati, magari per l’emersione di problematiche mai risolte, che rimangono sotto traccia come lava di vulcano in sonno, che si sveglia improvviso e prepotente e accende, anche visivamente, l’attenzione soprattutto di chi disgraziatamente ha posto dimora sotto le frangie di quella cima di monte che si svela essere dispensatore di lapilli e ceneri distruttive. Ma per chi vive lontano, al di là del Mediterraneo mare, il tutto appare quando va bene in due note di cronaca, un “flatus vocis” nel telegiornale della sera, quasi niente nei “giornaloni nazionali”, così che le ceneri di cui sopra hanno il tempo di raffreddarsi e tutto ricoprire, lasciando i problemi sottesi al prossimo scoppio di vulcano. E mai metafora fu più calzante di questa, che voglio dirvi del clamore che, sulle pagine del “Manifesto” (quotidiano che ho eletto a mio fornitore di notizie da che “Repubblica” ha trasbordato nel gruppo Gedi, leggi Fiat e Confindustria varia) ha suscitato la sentenza che ha visto assolti i militari che si sono negli anni avvicendati nel comando operativo del poligono militare di Quirra. Ora che la “sindrome di Quirra” non sia una di quelle storie che i sardi si inventano a mo’ di “contu de foghile” per spaventare i più piccoli giusto per passare le sere d’inverno quando non c’è modo di fermare lo “zapping” del televisore, è o almeno dovrebbe essere da noi, un comune sentire. Nascono da tempo in quei luoghi agnelli con tre occhi, mucche che non riescono a partorire, i pastori che hanno pascoli nei dintorni si ammalano di tumori maligni con preoccupante frequenza, molti bimbi sono colpiti da neoplasie in percentuale significativamente maggiore degli altri che abitano più lontano. “FOGU alle polveri” è il titolo “sardo” a tutta prima pagina del settimanale ecologista “L’ExtraTerrestre” che esce il giovedì a supplemento del quotidiano, e a sottotitolo: “In Sardegna poligoni militari alla sbarra per le emissioni chimiche delle esercitazioni. Sotto processo la base Interforze di salto di Quirra, nell’area di Perdasdefogu. Tra gli imputati per omissione otto comandanti- tutti assolti ieri dal tribunale di Lanusei- che nel corso degli anni non avrebbero impedito danni irreversibili all’ambiente e malattie gravissime tra la popolazione. I più colpiti pastori, abitanti della zona e militari stessi. Una nostra inchiesta alla vigilia della sentenza. Stesse accuse anche al processo per i veleni della base di Capo Teulada”. Nelle due pagine seguenti Giuseppe Farris e Serena Tarabini, con due lunghi articoli per uno, si dividono il compito di sintetizzare (che a essere esaustivi ci vorrebbe più di un libro) la situazione epidemiologica, la situazione politica-militare derivante dalle cosiddette “servitù” , il disastro ambientale della “Euroallumina” di Portoscuso (fanghi rossi derivanti dalla lavorazione della bauxite per fare alluminio stipati in discarica a cielo aperto) a processo dal 2 di novembre.
Finalmente verrebbe da dire, qualcosa si muove, i fatti di Quirra datano 2001, il processo Euroallumina è iniziato nel 2009, e tira avanti tra continui rinvii. Ed è del 2011 il libro-inchiesta che Carlo Porcedda e Maddalena Brunetti avevano fatto uscire per “Edizioni Ambiente”: “Lo sa il vento, il male invisibile della Sardegna”, in cui anche loro denunciavano come fosse da troppo tempo che durasse impunito lo scenario dello scempio militare e industriale che sta tutt’ora mettendo a rischio l’ambiente e la salute dei sardi. “Non più solo l’isola di spiagge bianchissime, alberi millenari e natura selvaggia, ma anche quella dei poligoni militari che hanno portato nel cuore del Mediterraneo l’incubo della contaminazione da polveri di guerra, un allarme sanitario sistematicamente negato che accomuna il fronte interno più grande d’Europa ai teatri di guerra internazionali”. Dentro è tutto lo scempio democratico, intendendo per esso la domanda finale che dovrebbe essere posta, e mai lo è stata, alle popolazioni interessate dal fenomeno, titolate quindi a rispondere, visto che è sulla loro pelle, letteralmente, che gli effetti nocivi si vanno a scaricare: “Chi è che decide che, dall’ oggi al domani, la terra dove i miei avi pascolavano i greggi deve essere espropriata per farne “terra di cannone”, per lanci di missili, “bombe intelligenti”, droni guidati a distanza e quant’altro”? Terra che va recintata, reticolata, videosorvegliata, vietata a qualunque umano o animale volesse calcarla, terra e spiaggia marina, per chilometri e chilometri (è il caso di Capo Teulada, Capo Frasca). Di tutte le “servitù militari” (ordinamento giuridico che la neonata Repubblica si è portato dietro dal ventennio fascista) esistenti in Italia, il 60% sono operanti in Sardegna. E qui davvero scappa irrefrenabile un’imprecazione!
Perchè con tutto il “bla,bla,bla” (mi perdonerà Greta Thumberg per lo scippo) indipendentista, che da che son nato mi si è fatto succhiare col latte materno, come a tutti i sardi del resto, e che domina il dibattito della politica isolana, da sempre, con toni così urlati da fare da sottofondo a tutte le decisioni che comprendono il modo di vivere dei sardi, perché non si è mai fatto in Sardegna un bel referendum sulla questione delle “servitù”? Eppure ci si è mossi per il “pericolo nucleare”, quelle scorie che non vuole nessuno “vicino al suo cortile” (not in my bach yard, dicono gli inglesi: non dietro il mio giardino), che le mettano a Cinisello Balsamo, che tanto Matteo Salvini, re leghista di Lombardia da più di un ventennio (con la Lega) gli è scappato di dire che una “bella centrale” potrebbe essere un’opportunità. Cosa che, in vero, va sussurrando anche il neo ministro “ecologico” Cingolani Roberto, che straparla di “nucleare pulito” (ma dove li trovano codesti esperti che elevano al rango di ministri di stato?). Che vadano, militari di tutte le risme, a far brillare bombe inesplose, a provare missili di ogni caratura, tra le montagne trentine, nel cuore dell’Abruzzo, anche lì, come in Sardegna, ci sono pochi abitanti, anche lì, come in Sardegna, solo natura incontaminata. Da cannoneggiare, non sia mai che scoppi una guerra e noi ( la Nato) non siamo abbastanza pronti, che già quell’errore lo fece il Duce, entrato in guerra “impreparato”, come un ragazzino che invece di studiare la lezione se ne sta alla sua play-station per le regolari quattro ore giornaliere. Non ne posso più di bandiere sventolate a difesa della “sacro suolo”, di celebrazioni a occhi umidi per il “milite ignoto”, che sarà pure sconosciuto, povero cristo, ma se glielo avessero chiesto di morire a vent’anni con l’alto onore di essere poi interrato nell’ ”altare della patria”, ne avrebbero ricevuto a risposta il gesto dell’ombrello, tiè! Non ne posso più di reticolati a lame taglienti, di ultimissima generazione (a quando percorsi da alta tensione atta a fulminare gli incauti) che tengano lontano le migliaia che vogliono invadere l’Europa e minare così i suoi “sacri valori”. Con le notti che scendono sotto zero e il numero diminuisce per congelamento. E non è vero che non ci sia alternativa, se una milionata di sardi si iscrivesse ad “A Foras”, “contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna” (occorre traduzione?), che sta facendo anche un’opportuna campagna “più ospedali, meno militari”, sacrosante parole d’ordine in tempo di pandemia, pensate che le “forze politiche” non ne dovrebbero tenere conto, siano esse di sinistra, di destra, di centro o di periferia. E se al processo che il tribunale di Cagliari va istituendo (prima data 6 dicembre prossimo) contro 43 dei 45 indagati dalla Digos (mamma mia!) nell’inchiesta seguita a diverse manifestazioni di protesta davanti ai cancelli delle basi di Capo Frasca, di Quirra e di Decimumannu tenutesi tra il 2014 e il 2017, si presentassero almeno un migliaio di questi nuovi soci, in modo assolutamente pacifico come ovvio, l’opinione pubblica nazionale non ne dovrebbe finalmente tenere conto? Visto che per alcuni di loro si ipotizzano reati relativi a una “presunta associazione eversiva a carattere anarco-insurrezionalista, con finalità di terrorismo e eversione dell’ordine democratico”, roba che neanche ai peggiori “no-Tav”. Giuseppe Farris nel “Manifesto” di venerdì 12 novembre (titolo:veleni sardi) dà la parola a quelli di “A Foras”, “associazione che raccoglie le sigle antimilitariste sarde”: “…La contestazione del reato associativo, come se gli attivisti fossero mafiosi e non militanti politici, indica che il vero obiettivo del processo è quello di spaventare i sardi con una chiara minaccia: chi lotta contro le basi e contro l’occupazione militare della Sardegna è un terrorista eversore”. Ce ne faremo una ragione. Ci faremo processare come Regione. Che, secondo uno studio dell’Università di Padova e del Politecnico di Milano svolto per il WWF, potrebbe assurgere a una transazione ecologica veloce. “Sole, vento e idrogeno verde, la Sardegna potrebbe essere tutta rinnovabile entro il 2025 (da ExtraTerrestre 4 nov. 2021). A tentare di lenire future “bombe d’acqua” e inondazioni diffuse, che sono oramai normalità d’oggi. Vorrei chiudere con le parlo di un poeta, di un artista, scrive Paolo Fresu, nella prefazione del libro di Porcedda-Brunetti: “Lo sa il vento come vanno le cose in Sardegna. Il maestrale che soffia per tre notti e tre giorni, lo scirocco che sa d’Africa e di deserti. Il vento che unisce quest’isola, quando spazza le nubi da ponente a levante, dal Capo di sotto a quello di sopra, portando bellezze e brutture che sono storie di mare e di terra. Perché il vento non conosce confini, secoli e millenni, ma solo cicli scritti dal sole e dalla luna…In questi ultimi decenni molti hanno taciuto sulle responsabilità legate all’industrializzazione e alla militarizzazione della Sardegna. Imprenditori e politici, costruttori senza scrupoli e militari hanno minato uno dei luoghi più belli e incontaminati del pianeta, procurando ferite che solo il tempo e una nuova coscienza forse riusciranno a sanare. Il tempo non torna e le ferite non guariscono dall’oggi al domani. Ma il vento gira e ogni tanto spira dalla parte dei vinti, di chi ostinato non vuol dimenticare. Lo sa il vento, in Sardegna, come stanno le cose…”.